La prima partita post-All Star Game per gli Heat di Miami è di quelle semplici. Con le attenzioni dell’intera lega dirottate sul folle mercato invernale, alla American Airlines Arena arrivano i Sacramento Kings, privi della stella Tyreke Evans, alle prese con la fascite plantare diagnosticatagli a Los Angeles e per la quale starà in cura per tre settimane e con Carl Landry con un piede e mezzo a New Orleans (in queste ore è stato definito lo scambio con Marcus Thornton). Paul Westhead, coach degli ospiti, durante il pre-partita sembra quasi rassegnato: “Loro per noi sono un continuo match up, per avere speranze di giocarcela noi dobbiamo fare la nostra miglior partita, loro la loro peggiore.” Gli Heat, dal canto loro, hanno Mike Miller ancora in borghese (come ovviamente il lungodegente Haslem) e non usufruiranno delle prestazioni di Zydrunas Ilgauskas, che dopo 47 partenze in quintetto lascia il posto ad Eric Dampier, godendosi un pò di riposo. Inoltre Miami è in ansia per le condizioni della caviglia di Wade, acciaccata durante la kermesse di Los Angeles.
– Alla ricerca della dodicesima vittoria negli ultimi quattordici incontri, nonchè della sesta affermazione consecutiva tra le mura amiche, dove quest’anno sono 20-5, gli uomini di coach Spolestra partono subito con il piede sull’acceleratore. Guidati da Wade, James e Bosh gli Heat piazzano subito un 20-9, arginato solo da un timeout degli ospiti, in apertura di gara. Taylor, Thompson e Casspi, gli uomini destinati alle loro marcature, poco riescono ad opporre, anche perchè la difesa dei Kings è larghissima e poco attenta, lasciando autostrade alle penetrazioni soprattutto di Wade (8 punti in un amen) e James, non contestando nemmeno i jumper dalla media di Bosh. Il problema per i Kings è che l’approccio alla gara è disastroso: detto della mollezza assoluta in difesa, in attacco non è che le cose girino diversamente. Tolti Casspi ed Udrih il resto del team pare quasi narcotizzato da una sorta di paura degli avversari; piovono così jumper in controtempo e penetrazioni senza cattiveria che si infrangono contro il ferro.
– Westhead in tutto questo dá l’impressione di non capirci molto: il gioco dei Kings è sfilacciato, le palle perse non si contano e difficilmente si arriva a costruire un tiro pulito. In difesa è peggio che andar di notte perchè, va bene essere fisicamente meno forti degli Heat, ma saltar via sul primo palleggio lasciando autostrade fino al canestro è diverso dal provare almeno a difendere. Così il primo quarto scorre via facile facile per gli uomini di Spolestra, guidati da un LeBron James che firma 14 dei 33 punti degli Heat. Miami chiude il primo quarto tirando con il 73% dal campo (contro il misero 32% dei Kings), trovando sempre una soluzione facile, non solo con le tre stelle, ma anche con un Mario Chalmers decisamente positivo e convinto.
– Impressiona, in negativo, l’approccio alla gara di DeMarcus Cousins: nelle cinque partite precedenti la pausa per l’ASG viaggiava a 19 punti ed oltre 13 rimbalzi di media. Contro Dampier e Bosh parte malissimo, si becca ad inizio gara una doppia stoppata dal duo Chalmers&Dampier e di lì esce mentalmente dalla partita: 2 falli immediati, panchina e filo del gioco smarrito. La sua gara continuerà su questi binari, con la ricerca esasperata di un jumper dalla media che questa sera non entra, e l’incapacità di andare a fare a botte in area.
– La partita si può dire che muoia qua, perchè i Kings non riescono ad uscire dallo spartito, affondando pian piano e non riuscendo mai a rientrare veramente in partita, anzi, gli Heat prendono il largo: 56-30 a quattro minuti dalla fine del secondo quarto, chiuso poi sul 63-44 con LeBron James a quota 21 (chiuderà a quota 31 con i complimenti di Spolestra: [i]”stasera aveva gli occhi giusti”[/i]) e gli Heat che giocano sul velluto. Il secondo tempo è pura accademia, con gli Heat che volano anche sul +30 e che negli ultimi cinque minuti mettono dentro le riserve: si rivedono in campo Juwan Howard e Jamal Magloire, oltre ad Arroyo, House e James Jones, fresco vincitore del Three-Point Shootout. La gara si trascina stancamente alla conclusione, 117-97 per gli Heat, di cui 76 in quota Wade-James-Bosh, con Spolestra ed i suoi ragazzi forse con la testa già al tour di incontri che li vedrà impegnati, tra gli altri, con Bulls, Knicks, Magic, Spurs, Blazers, Lakers e Thunder. Una serie di incontri che chiarirà molte cose più che sulla stagione regolare, sui playoffs e sulla reale consistenza di questi Heat.
Enrico Amabile