Ecco una tiratrice fatta e finita. No finita no, perchè Giulia “Grimmi” Grimaldi ha 22 anni dunque di strada da percorrere ne ha tanta per sua fortuna. E del Gruppo Stanchi Athena che si avvale delle sue prestazioni da quando era una ragazzina. Però ha già in testa e nel modo di giocare tutte le caratteristiche di una tiratrice “perfetta”.
Grimaldi a leggere le cifre delle sue prime 8 partite in questa stagione di A2 non si ha l’impressione di una giocatrice così importante come invece si ha vedendola giocare? Come lo spieghiamo?
“Non ho visto le cifre ma ci credo che non siano bellissime…diciamo così…Me ne accorgo dai commenti del dopo partita che sono carini o meno carini a seconda di quanto ho segnato. Ma io per adesso non mi curo di questo perché sento il cambio di categoria e so che devo aspettare. Sento il fattore importanza/responsabilità perché fino adesso sono sempre partita in quintetto ed ho giocato tanto (24.7 minuti a partita,ndr) quindi credo di essere importante per la squadra. Sono consapevole anche di dare sempre il massimo anche se mi rendo conto di usare un luogo comune. Mi impegno insomma sempre al meglio di quello che posso”.
Allora in cosa sente di più il salto di categoria?
“Nella fatica in campo. Nell’intensità mentale e fisica. La necessità di essere sempre al massimo per 40 minuti, ma anche durante gli spostamenti che sono diventati improvvisamente lunghissimi. Fino allo scorso anno eravamo abituate a vincere le partite di 20 punti ed a giocarne due o tre vere durante l’anno. Poi nei playoff arrivavamo poco abituate alle gare “pesanti” ma ce la siamo sempre cavata molto bene. Quest’anno sono tutte gare “pesanti” appunto e ne abbiamo perse sei su otto. Serve una diversa durezza mentale ed un’aggressività alla quale ci stiamo abituando e sulla quale sto lavorando anche io tantissimo”.
Parliamo del primo tiro. Gaia Cirotti vince spesso la contesa di inizio gara ed ecco che Giulia Grimaldi dall’angolo sinistro è sempre libera per il primo tiro della gara o comunque del Gruppo Stanchi Athena. Cos’è uno schema, un’abitudine, un rituale?
“Niente di tutto questo. Non ci ho mai fatto caso. Vuol dire che va così…che appunto sono libera. L’anno scorso il mio primo tiro della partita era più da posizione di ala spostata verso il centro perché l’angolo non è proprio il mio posto preferito per tirare. Ma quest’anno succede e va bene così è una coincidenza. Io sono una guardia e mi piace tirare da fuori perché non farlo se posso?”
La titubanza nell’attaccare il canestro che fino ad oggi vi ha accompagnato è frutto di quel famoso salto di categorie e cambio di responsabilità?
“Certo che sì. E poi è una cosa che varia da giocatrice a giocatrice. La responsabilità per ognuna di noi di riuscire a fare il meglio di ognuna di noi con minutaggi, intensità ed avversarie diverse. Quest’anno per adesso sembra che ogni pallone abbia un significato diverso. Ma io vedo una squadra con grandi potenzialità sia pure con ancora poca consapevolezza di quello che possiamo fare. Ce lo diciamo sempre anche se nelle difficoltà ancora non riusciamo ad essere unite in campo come lo siamo fuori. Ma ci stiamo lavorando abbiamo bisogno del nostro tempo”.
Allora siamo agli ultimi secondi di una partita e siamo pari. Ha il pallone in mano per un buon tiro o un buon passaggio, cosa sceglie?
“Ah..ah…domanda trabochetto per sapere se ho il coraggio di prendermi l’ultimo tiro? Se manca 1 o 2 secondi ed ho davvero un buon tiro lo prendo senza pensarci su. Se mancano 5/6 secondi ed il passaggio è buono come il tiro passo la palla. Comunque io l’ultimo tiro lo prendo”