Sebbene sia già entrato ufficialmente in campo, nella brutta sconfitta della Reyer Venezia subita in casa vs il Promitheas Patrasso in 7DAYS Eurocup, oggi si è tenuta la prima conferenza stampa del “Mini Mamba” Andrew Goudelock. Ecco le sue prime parole:
“Dall’infortunio ho fatto un cammino molto lungo, fatto di lavoro, sacrificio e di grande pazienza e dedizione fin dal primo giorno che sono arrivato a Venezia grazie alla Reyer è stato un percorso duro. Ci sono stati degli intoppi poi superati”.
L’esordio in campo con la nuova maglia della Reyer:
“È stata una sensazione bellissima tornare sul parquet dopo più di un anno d’inattività. È stato strano perché era una situazione in cui non mi ero mai trovato. Nei primi minuti di partita ho cercato di non pensare al ginocchio ed escluse un paio di situazioni non ho avuto pensieri extra che non fossero quelli del gioco. È stata un grande gioia tornare a giocare”.
Il recupero
“Il mio recupero non è una questione di tempo, ma tornare in campo nella migliore condizione, non ho paura di quanto lavoro ancora ci sarà da fare perché gioco a basket da quando avevo 13 anni e so benissimo quali sono le dinamiche di questo sport. Mi sono reso conto che già dai primi allenamenti che ho fatto con la squadra ho preso confidenza con il ritmo delle partite in allenamento, cercando sempre di trovare la forma migliore contemporaneamente ad una forma mentale e di confidenza con la squadra. In questi mesi ho lavorato in totale sintonia con lo staff medico e quello tecnico della squadra, la mia condizione sta pian piano crescendo. Il mio obiettivo è di arrivare all’85% della condizone verso la fine della regular season per poi, negli eventuali playoff, cercare il 100% della forma. La cosa che però mi preme di più, oltre ovviamente a ritrovare la condizione migliore, è quello di trovare il modo di essere utile alla squadra, trovare la chimica con i nuovi compagni, di trovare un ruolo all’interno dei 12 giocatori”.
Il gruppo e il coach.
“La cosa che mi ha aiutato di più è quanto il Club abbia creduto in me il fatto di pensare di poter tornare a giocare a pallacanestro. Mi sono stati vicino in ogni momento da quando sono arrivato a Venezia. Tutti i compagni il coach e tutto lo staff per me hanno avuto un ruolo determinante nell’accogliermi e farmi sentire parte integrante del gruppo dentro e fuori dal campo. Logicamente io ho iniziato questa esperienza non giocando ma il fatto che la Società avesse grande fiducia in me e io fiducia nella mia capacità di tornare a giocare è stata fondamentale. Tutta l’atmosfera che si è creata intorno a me ha reso tutto più facile, sia il mio recupero che il mio inserimento. Tutto l’ambiente della Reyer Venezia ha giocato un ruolo determinante”.
Il momento difficile della Reyer Venezia
“La stagione è davvero lunga, questa è una squadra con la mentalità vincente che io ho potuto conoscere da avversario. La caparbietà di restare calmi e lucidi nei momenti difficili una cosa che capita in tutte le stagioni e in tutte le squadre anche quelle più forti del mondo, come per esempio i Los Angeles Lakers o i Clippers, è parte della pallacanestro ed è fondamentale essere concentrarti e dare sempre il massimo seguendo i dettami dell’allenatore in questo caso De Raffaele che ha una grandissima esperienza di gestione del gruppo e di gestione delle situazioni difficili per quello che ho visto anche nelle passate stagioni. Non sempre si può governare una palla che entra, però si può governare la propria attitudine, il proprio comportamento e soprattutto la voglia di guardare sempre avanti rimanendo sempre concentrati su quello che deve essere il proprio lavoro. Come non ci se deve esaltare nei momenti postivi, non bisogna fare drammi dopo qualche sconfitta ma è il momento di restare uniti e concentrati”.
Kobe
“Commemorare Kobe è stato davvero triste. Una tragedia che ha colpito tutti quanti. Mi ha emozionato moltissimo, anche qui in Italia, vedere tanti tifosi con le maglie dei Lakers con il numero 8 e 24; è stato un tributo ad un uomo ed un atleta che ha avuto un impatto mondiale”.
La scelta della maglia numero 15
“Perché mio figlio è nato il giorno 15, il mio nome è composto da 15 lettere in Europa e in Nba ho sempre avuto la maglia numero 0, mentre in G League avevo proprio la 15”.
Giuseppe Pep Malaguti