Si è chiusa nel modo più doloroso possibile un’altra stagione impronosticabile della Virtus Bologna. I canestri miracolosi prima di Drake Diener e poi di Manuel Vanuzzo hanno segnato la quarta eliminazione consecutiva al primo turno di Playoff per una società che, dal ritorno nella massima serie datato 2005/2006, dopo aver toccato quasi subito (stagione 2006/2007), la vetta della Finale Scudetto, non è più riuscita a rientrare tra le protagoniste del campionato, così come la sua storia chiamerebbe a fare. Certo, per quello che riguarda questo campionato le scusanti non sono mancate.
In estate la squadra era stata costruita in maniera totalmente diversa da quella vista in campo alla fine. C’era la scommessa Terrell McIntyre, arrivato da Malaga dopo un’annata complessa per via di infortuni che, cosa nota a tutti, si sarebbe portato sotto le Due Torri. La speranza era quella di risolverli, per avere così in squadra uno dei migliori playmaker d’Europa ad un prezzo da assoluta occasione. C’era Jared Homan, confermato dopo una buona stagione d’esordio in Italia chiusa a 11 punti e 8 rimbalzi di media, e che nei piani dello staff doveva essere una parte importante dell’attacco. Bene, dopo neanche due mesi di stagione non c’era più nessuno dei due. McIntyre fermato da un’artrite ad un’anca che lo ha costretto al ritiro anticipato, senza impedirgli di raccogliere gli ultimi meritati applausi della sua carriera, giocando le ultime partite stringendo i denti e regalando comunque alla squadra una vittoria extra importante in casa contro Varese. Cacciato malamente, invece, Homan, reo di aver sferrato un pugno in volto a coach Finelli dopo una lite in allenamento.
La squadra, così, si è trovata quasi subito senza quelli che dovevano essere i due pilastri della squadra. E qua sono iniziati i meriti di Alex Finelli, arrivato in estate tra lo scetticismo generale per i suoi trascorsi in Fortitudo. Il coach bolognese si è trovato senza McIntyre e Homan, al posto dei quali sono arrivati Luca Vitali, che è sembrato il cugino di quello ammirato qualche anno fa, e Kris Lang, il peggior americano del campionato secondo le cifre. La mossa forzata è stata quella di inserire in quintetto Peppe Poeta, in cerca di rilancio, ed Angelo Gigli, che arrivava da due anni falcidiati da infortuni. Il tutto mentre il terzo americano della squadra, quel Chris Douglas Roberts giunto con grandi aspettative, faticava più del previsto ad inserirsi all’interno del gioco europeo.
E invece proprio a quel punto è partito il momento più alto della stagione per i bianconeri. Liberati da ogni aspettativa, pulito il playbook offensivo per lasciare spazio alle scorribande di Poeta, la Virtus è letteralmente decollata, facendo forza su di un ruolino di marcia interno mostruoso (15-1 alla fine, il migliore del campionato). Sanikidze, liberato della presenza di Homan, è salito di livello diventando il virtuale MVP del girone d’andata a suon di doppie doppie, mentre Koponen, con i gradi di capitano, ha legittimato quello che sarà il suo futuro ruolo in una squadra da Eurolega. Per mesi il pick’n’roll Poeta-Gigli è stata un’arma a cui quasi nessuno è riuscito a porre un freno e, solo un record esterno tanto deficitario quanto positivo quello interno, ha impedito alle V Nere di inserirsi tra le prime quattro posizioni.
I problemi, però, ci sono stati. La squadra, infatti, ha potuto contare, in sostanza, su cinque-giocatori-cinque per troppo tempo. Werner, Lang, Vitali, Gailius (e infine Paunic), uscendo dalla panchina raramente hanno dato un contributo plausibile alla causa, costringendo spessissimo Finelli a spremere fino all’ultima stilla d’energia allo strarting five. Questo è stato il limite più evidente della squadra, che non ha potuto competere contro compagini più profonde, unito al problema del tiro da tre punti dove Bologna è stata di gran lunga la peggiore del campionato con un 30% risicato. Nel momento in cui il pick’n’roll di Poeta è stato neutralizzato dagli avversari sono mancate un po’ le alternative, se non gli isolamenti di un Douglas Roberts cresciuto nel girone di ritorno o i punti ottenuti da rimbalzo offensivo, reparto statistico dove, al contrario, Bologna è stata la migliore di tutti.
Nonostante ciò le venti vittorie finali sono arrivate equamente divise tra andata e ritorno, anche grazie a un finale da cinque successi filati, con un’ultima settimana esaltante con le vittorie su Pesaro, a Siena ed all’ultimo respiro con Cantù che hanno permesso di strappare il quinto posto in classifica che portava a un primo turno contro Sassari, sulla carta più abbordabile rispetto ad uno eventuale con la stessa Cantù o, peggio, ancora con Milano.
Ed invece gli eventi hanno girato in maniera costante contro Bologna. Dopo gara 1, persa malamente, è arrivata una dolorosissima sconfitta nella seconda partita con il pazzesco canestro da tre punti di Diener sulla sirena del supplementare, per chiudere come peggio non si poteva, con la tripla di Vanuzzo allo scadere di gara 3. 83 centesimi di secondo in gara 2, 57 in gara 3: meno di un secondo e mezzo per mandare all’aria una stagione.
Alla fine, tirando le somme, la squadra ha fatto il suo, considerati tutti i problemi esposti. La conquista della semifinale avrebbe reso la stagione soddisfacente oltre le aspettative, ma anche così, visto il roster, non ci si poteva aspettare tanto di più. Ed ora è già il momento di pensare al futuro. Che, stando ai primi exit pool, non pare essere particolarmente roseo.
Claudio Sabatini ha più volte ribadito la sua volontà di disimpegnarsi dalle cariche di presidente e da diverso tempo sta portando avanti il progetto di una “Fondazione” che prenda in mano la situazione, un po’ come succede a Varese, con un pool di imprenditori. Al termine di gara 3 contro Sassari, inoltre, ha fatto sapere che il prossimo anno si prevede un budget dimezzato rispetto a quello attuale e, pertanto, bisognerà fare un po’ con quello che c’è in casa, magari iniziando a vedere i primi frutti di un settore giovanile sul quale si è tanto investito.
Certe le partenze di Koponen e Sanikidze verso lidi più prestigiosi, così come quella di Douglas Roberts, di ritorno nella “sua“ NBA si ripartirà, oltre che dal confermatissimo Finelli, dagli ottimi Poeta (al quale verrà però proposto un adeguamento al ribasso dell’ingaggio), e Gigli, che ancora hanno contratto, mentre tra gli altri, l’unico che pare avere una reale chance di restare è Vitali. Praticamente certo il rientro dal positivo prestito ad Avellino di Gaddefors, stesso discorso per Imbrò (classe ’94), che potrebbe avere la prima chance nella massima serie, dopo due annate molto più che positive tra Divisione Nazionale A e B e qualche chance di rientro anche per il centro del 1991, Jakub Parzenski, dopo un anno di prestito nella natia Polonia, che potrebbe andare a fare qualche minuto di esperienza nelle rotazioni dei lunghi.
A quel punto, poi, molto dipenderà dalla formula che si sceglierà per allestire la squadra: 5 stranieri+ 5 italiani o 3 extra comunitari + 4 comunitari + 5 italiani, il tutto tenendo l’occhio vigile sulle eventuali opportunità in uscita dalla LegaDue (adocchiati Hardy di Pistoia e Jeffrey Brooks di Jesi). L’unica cosa certa, comunque, è che al momento, a Bologna, sembra ci si debba preparare per una nuova stagione avara di soddisfazioni importanti.
Nicolò Fiumi