Ohio State è arrivata alle Final Four. Avanti, non dite che siete sorpresi. Non dite che non ve lo aspettavate da tempo, dai primi tiri liberi tirati con la sinistra da un convalescente Greg Oden, dal primo penetra-e-scarica di Conley Jr per un tiro da tre di Butler o Lewis. Ce lo aspettavamo tutti da mesi, eppure a vederlo lì, vicino a Florida, UCLA e Georgetown, quel nome un certo effetto lo fa. E questo è perché, in fondo, i Buckeyes sono una squadra straordinariamente inesperta: inesperto è il giocatore simbolo, quel Greg Oden di cui a Columbus parlano anche i cespugli; inesperto è chi gestisce il gioco, il talentuoso Mike Conley jr, che al torneo sta viaggiando a 15,25 punti di media; inesperto, a questi livelli, è persino il coach, Thad Matta, al terzo anno in Ohio e forte di una vittima eccellente come John Calipari e la sua Memphis. Ma ciò che davvero sorprende è il fatto che, se non sapessimo già tutte queste cose, in campo faticheremmo moltissimo ad accorgercene (ed il merito non è solo della barba da quarantenne di Oden).
Ohio State ha avuto un percorso variamente accidentato al torneo, ha faticato, in qualche occasione anche più del previsto, ed ha fatto vivere almeno due volte ai suoi tifosi il brivido molto concreto delleliminazione: ma si è sempre ripresa, con un carattere ed una forza mentale da squadra di veterani. Partite come quelle con Xavier e Tennessee non vanno considerate indizi di discontinuità (come poteva esserlo la sofferta vittoria di Kansas con Southern Illinois), ma di grande maturità. La stessa che si è vista contro Memphis, in una partita paradossalmente controllata con agio maggiore, quando un Oden con tre falli è rientrato in campo con la sua squadra in svantaggio per rimettere le cose a posto. E lo ha fatto, ancora una volta.
Ora Ohio State è alle Final Four, non certo da favorita, ma le prospettive sono entusiasmanti. Da subito. Perché nellanno in cui lAmerica e gli americani hanno riscoperto la magia del basket di marzo (non alieno, questo fatto, alle nuove regole che hanno chiuso il draft NBA ai liceali, certo, ma non interamente dovuto ad esse) le quattro squadre finaliste hanno tutte una legittima chance di giocarsi il titolo. Ed i Buckeyes potranno misurare subito le proprie ambizioni contro un avversario difficile ed attrezzato, quegli Hoyas di Georgetown che hanno eliminato in un finale rocambolesco i favoriti Tar Heels.
Sarà la sfida dei centri, i giornalisti non parlano daltro: Oden contro Hibbert, 7 piedi per 280 pounds contro 7,2 piedi per 278 pounds. Eppure, come chi ha seguito il cammino trionfale dei Buckeyes in regular season (trenta vittorie e tre sconfitte, tutte contro squadre di livello: UNC, Florida e Wisconsin, poi battuta nel championship game) vi potrà dire facilmente, la chiave non sarà necessariamente nel tonnellaggio dei lunghi: gran parte dellattacco dei Buckeyes, infatti, dipende dalle soluzioni degli esterni. E proprio nella qualità delle scelte e dei tiri di Conley jr, Butler, del senior Ron Lewis che potrebbe risiedere la chiave per i ragazzi di Columbus, specie contro una squadra molto efficace nel reparto lunghi e pronta a sfidare Oden ad una vera battaglia. Non è da escludere che, ai due lati del campo, un ruolo possa svolgerlo anche laltro freshman corteggiato dalla NBA, Daequan Cook, il cui contributo però, dopo un inizio di stagione strepitoso, è inspiegabilmente calato nel mese di marzo. Certa è, invece, limportanza assoluta che Oden rivestirà nella fase difensiva, forte di una presenza ed una capacità di intimidazione pressoché uniche tra i collegiali. Basti ricordare la stoppata (forse a tempo comunque scaduto) con cui Oden ha definitivamente liquidato la pratica Tennessee guadagnando un posto alle Elite Eight per i suoi compagni.
In conclusione, Ohio State vanta un roster discretamente completo (non guasterebbe un lungo in più forse) e può certamente giocarsela contro tutti gli avversari rimasti. Resta da capire se quella famosa mancanza di esperienza, sinora così bene occultata, possa essere un fattore più decisivo ora che ogni pallone porta con sé un peso emotivo notevolissimo. Nellimpossibilità di prevederlo, ci limitiamo ad aspettare il campo.