Kobe Bryant aveva iniziato la stagione Nba perfettamente calato nella sua nuova realtà di gioco, simboleggiata dal numero 24, sia per i postumi delloperazione al ginocchio che lo limitavano, sia perché convinto dalla filosofia Zen di coach Jackson.
Il nuovo Kobe lasciava spazio e responsabilità ai compagni, per poi dominare la scena nei minuti decisivi degli incontri, delegando molti compiti a Lamar Odom e Luke Walton, ai massimi in carriera per numeri e rendimento.
Tuttavia con la sfortunatissima serie dinfortuni (analizzata nei dettagli nello scorso articolo) che ha tenuto fuori molto tempo proprio Odom e Walton, Bryant ha sentito il dovere di caricarsi la squadra sulle spalle, prendendosi sempre più tiri e responsabilità offensive.
Dopo la pausa per lAll-Star Game di Las Vegas i Lakers erano riusciti a risollevarsi dal brutto periodo, vincendo tre incontri a fila, ma il buon momento passava presto, con i giallo-viola che regalavano a Phil Jackson la sua serie più lunga di sconfitte consecutive: ben sette partite.
Fu in quel momento che qualcosa scattò nella mente di Kobe Bryant: lui era il leader della squadra, il capitano, il miglior giocatore, una delle stelle indiscusse del panorama Nba.
Doveva risolvere la situazione
Con Lamar Odom a mezzo servizio a causa della lesione al tendine della spalla sinistra, e con un Walton non ancora al massimo dopo linfortunio alla caviglia, Kobe ha deciso che il nuovo 24 style doveva lasciare il passo al ritorno del vecchio numero otto.
Doveva tornare il giocatore immarcabile capace di battere chiunque, doveva tornare the Black Mamba.
Il 16 Marzo Bryant segna 65 punti nella vittoria alla Staples Center contro Portland, interrompendo la striscia di sconfitte consecutive, due giorni più tardi porta la squadra alla vittoria con i Timberwolves grazie a 50 punti. Nel back-to-back del 22 e 23 Marzo a Memphis ed Oklahoma City segna rispettivamente 60 e 50 punti.
Oltre 56 punti di media in quattro partite, che permettono al Bistecca di riscrivere ancora una volta il libro dei primati: Kobe si porta al primo posto nella storia dei Lakers per gare consecutive con almeno cinquanta punti segnati, battendo il precedente record che con tre apparteneva ad Elgin Baylor, stabilito addirittura nel 1962.
Michael Jordan nella stagione 1986-87 si era fermato a tre incontri consecutivi, esattamente come Baylor.
Rispetto a Bryant, nellintera storia dellNba, solamente Wilt Chamberlain con sette, ha avuto più gare consecutive chiuse a quota cinquanta punti, nel 1961, quando il giocatore di Philadelphia dominava a piacimento contro avversari chiaramente inferiori.
Inoltre grazie al match contro i Grizzlies, Kobe raggiungeva Jordan a quota quattro, per il maggior numero di partite nella storia nella Lega chiuse con almeno sessanta punti, dietro solamente al solito Chamberlain, inarrivabile con le sue 32 partite.
La strepitosa serie di Bryant è coincisa con quattro vittorie consecutive, migliore striscia vincente della stagione per i Lakers.
Tuttavia dopo il quinto successo consecutivo, ottenuto in casa ai danni dei Golden State Warriors, il team di L.A. ha subito tre sconfitte in quattro incontri disputati.
Bryant in queste partite è sceso a 33.5 punti realizzati di media, ma lunica vittoria (contro Sacramento) è arrivata con soli 19 punti da parte del numero ventiquattro, ma conditi da ben 13 assist.
Naturalmente si sono riaccesi i soliti dubbi ed i soliti diverbi sul gioco dellex giocatore di Lower Merion HS: tornare a prendersi molti tiri cercando di vincere le partite da solo, come accadeva lanno passato, è stato la giusta risposta di Kobe al pessimo momento dei Lakers, oppure il figlio di Jelly Bean avrebbe dovuto continuare a giocare sulla falsariga dinizio stagione?
Se il successo sui Kings tende a confermare la seconda ipotesi, è bene ricordare che Odom non può prendersi le sue solite iniziative, perché gioca dolorante, mentre Walton ha bisogno di ancora qualche partita per ritrovare la miglior condizione. Inoltre il resto della squadra sta pagando dazio per lenergia spesa rimpiazzando gli infortunati nel corso dellanno.
Difficile se non impossibile trovare una risposta al gioco di Kobe, specialmente in questo campionato, nel quale è passato dallessere il buon Samaritano, al tornare il vecchio Black Mamba che aveva preso tutte la luci della ribalta la scorsa stagione.
Come fin troppe volte possiamo sentire negli U.S.A. non resta che sedere e godersi lo spettacolo!
Allacciate le cinture gente, i playoffs stanno arrivando, e lì tutti dovranno vedersela con Kobe, numero 8 o 24 che sia…