All-Around.net ha cercato da sempre, con l’intera Redazione al seguito, d’impegnarsi nel tentativo di raccontare la pallacanestro con uno spirito semplice, cercando anche di descriverla su queste pagine web accostandola a parole cariche di significato nella vita di ogni essere umano come passione od amore. Parole importanti, ed ogni tanto capita a qualche ormai maturo redattore come il sottoscritto d’imbattersi sempre sul web in foto, immagini o flash del passato e con esse riaffiorano i ricordi e gli idoli di qualche anno fa. Erano altri tempi forse, l’NBA era una sigla così lontana ed “I Giganti del basket” o “Superbasket” forse le rivista più lette da parte di chi, sempre come il sottoscritto, sentiva d’appartenere alla grande famiglia del secondo sport nazionale fiero d’esserlo.
E se si vaga con la mente al basket quasi in bianco e nero, quello per intenderci dei palazzetti più simili a vecchie palestre adattate, così lontane dalle fantastiche strutture polifunzionali di oggi (non molto presenti in Italia, a dire il vero), e se si cercano grandi campioni del passato, come non poter parlare di un certo Michael Joseph Sylvester ma più comunemente conosciuto come Mike Sylvester? Sono andato perciò a cercare Mike , che vive ormai lontano dal Belpaese e che oggi è ritornato negli States dirigendo la logistica in una compagnia privata e la sua accoglienza è stata entusiastica nonostante il sottoscritto sia uno sconosciuto qualsiasi, perchè per gente cone Mike il basket e soprattutto l’Italia non sono mai lontane. Sono andato a cercarlo perchè se si parla di un esempio al quale accostare gioco e passione, la dedizione alla causa per ogni maglia indossata senza dimenticare etica e valori….Beh, Mike lo è stato senz’altro.
Un uomo tosto, autentico, un guerriero tutto d’un pezzo si direbbe oggi perché restano nella mente le mirabili imprese con le vecchie canottiere di un tempo, quelle che per intenderci mostravano bellamente spalle e muscoli scolpiti, quasi traboccanti nelle divise d’allora simili più a carta velina che a maglie di cotone. Famosa la sua reazione in un concitato finale di un Pesaro-Caserta (playoff del 1985), nel quale si scontrò contro Davis, reo di averlo colpito precedentemente come altri suoi compagni di squadra, a testimoniare di come sentisse emotivamente ogni gara e come difendesse in prima persona lo spirito della propria bandiera.
Ma non era certamente un rissoso Mike, anzi, esattamente il contrario: un impasto d’integrità e generosità a completa disposizione della squadra e del progetto denominato vittoria. Ed infatti di lui rimane un immagine di un giocatore con una tecnica individuale sopraffina culminante in quel tiro difficilmente marcabile con la palla che rapidamente, in un batter di ciglia quasi, partiva dal petto per spostarsi quasi sopra alla spalla per poi roteare all’indietro, in quel modo tutto suo e stupefacente per dinamica e parabola che finiva spesso nel cotone avversario. Ma Mike non era solo un giocatore che tirava in quel modo sfidando quasi le leggi della fisica applicata al basket, no, era anche e soprattutto un giocatore con una grinta fuori dal comune. Un lottatore, uno di quelli che non mollava mai, per questo si pensò a lui come “l’americano” o se preferite il “naturalizzato” da poter schierare in Nazionale per indossare una Maglia Azzurra alle Olimpiadi. E la scelta fu talmente azzeccata che Mike arrivò a conquistare il primo piazzamento storico per la Nazionale ai giochi olimpici di Mosca, un argento alle spalle degli indiscussi all’epoca maestri dell’Unione Sovietica di Sua Maestà Arvidas Sabonis, fatta salva l’assenza dei fenomeni stelle&striscie.
Una persona affascinante e cordiale Mike, ma poco morbida, dalla mentalità rigorosa perché per giocare ed esprimersi a certi livelli è indispensabile il culto del rigore e la voglia di mettersi sempre in discussione, giorno dopo giorno. Negli States lo sport è l’asse portante della struttura sociale, solo nel nostro bistrattato paese non lo è, forse per questo motivo Mike è rientrato nel suo Paese, fiero del suo figliolo anch’egli cresciuto a pane e canestri.
D. – Come e dove comincia Mike Sylvester a giocare a basket ?
R. – Giocai per diverso tempo a basket, baseball e football, a secondo della stagione sin da ragazzino. Col passare del tempo amai in modo particolare il basket anche se ero molto più bravo a baseball, giuro! Pensa che dissi ad un invito dei Chicago Cubs, squadra della Major League nel 1968, perciò di applicarmi completamente al basket.
D. – Chi e perché ti porta in Italia ?
R. – Dopo l’ultima partita della mia carriera all’University di Dayton firmai con un’agente ed accettai quindi l’offerta di Cesare Rubini di fare qualche torneo estive con Milano. Dopo la loro offerta, firmai un contratto quadriennale e cosi via…Mi venne spontaneo, fu una scelta felice
D. – L’arrivo a Milano, quali sono le tue sensazioni ed i ricordi più belli ?
R. – Milano per me era una città grande, strana ed affascinante. Mi piacque subito. I giocatori li trovai molto simpatici: Brunamonti, Bariviera, Iellini, Toio Ferracini. Una prima impressione? Ah, senza dubbio gastronomica, fantastica!
D. – Poi Pesaro insieme alla Nazionale, cosa ti spinse a vestire la Maglia Azzurra?
R. – Durante quel periodo accaddero molte cose belle della mia vita. Nacque il nostro primogenito, Michael. Poi il trasferimento a Pesaro e dopo la convocazione con la Nazionale. Pensai che l’opportunita’ di rappresentare la mia seconda nazione adottiva, l’Italia alle Olimpiadi, fosse una cosa importante, un grande onore e mi diedi da fare come sempre, al massimo. Fu un torneo esaltante, vincemmo la medaglia d’argento, la prima medaglia olimpica nella storia dell’Italia contro l’Unione Sovietica ma anche se sconfitti eravamo contenti, un po’ tristi nell’immediato ma dopo capii cosa avevamo fatto perché fummo ricevuti a Roma da Pertini…Roba da favola! Ero Italo-americano, ma quando sono salito sul podio per la presentazione della medaglie, mi sentì Italiano al cento per cento, che sensazione!
D. – Il passaggio a Rimini e l’approdo a Bologna, cosa è restato di tutto questo?
R. – Da Rimini a Bologna, giusto….Successe perchè Rimini, durante un campionato pessimo con Dado Lombardi come allenatore, congelo’ tutti gli stipendi. Ci rimasi molto male, non avevamo apprezzato il mio 100% in campo e fuori, trattai allora il passeggio del mio cartellino e poco dopo il Sig. Porelli, Presidente della Virtus Bologna, mi chiamò ed alla fine del campionato andai a Bologna. Tre anni bellissimi a Bologna, l’amicizia con Bob Hill, Ettore Messina, Roberto Brunamonti e Renalto Villalta furono molto gradevoli, anzi indimenticabili, momenti di vita e di basket che non posso dimenticare.
D. – Ed ora cosa fa Mike Sylvester nel mondo del basket?
R. – Da quando smisi di giocare nel 1991 ho allenato a livelli diversi: World Basketball League, Canadian Basketball League, Moeller High School, Cincinnati Hills Christian Academy ed altre realtà ancora allenando ragazzini come volontario, nel dopo-lavoro. Sono ancora fiero della carriera di miglio figlio Matthew, che ha giocato al Ohio State University. Ora, a 31 anni d’età, fa il vice allenatore al Wilmington College.
D. – Cosa credi sia cambiato rispetto al tuo tempo rispetto ad oggi?
R. – Il basket è cambiato nel senso che oggi ogni squadra può mettere sotto contratto tanti stranieri. Quando giocavo c’erano solo due stranieri per squadra in Italia ed in Europa. Oggi mi sembra anche che gli Italiani, capaci di contribuire ad un buon gioco di squadra sostanzialmente siano in gran numero dopo un periodo un po’ così così. E’ strano però vedere che a volte ci sono uno o più stranieri in panchina all’inizio di partita…Roba che non capitava 20 anni fa. La crisi economica mondiale certamente ha condizionato e limitato tutte le società italiane nella crescita dei vivai, forse oggi però potrebbe esserci un inversione di tendenza.
D. – Sei mai ritornato in Italia ?
R. – Non sono più tornato in Italia dal 1991, mi dispiace dirlo. I miei consulenti dicono che posso smettere di lavorare quando voglio, perciò il mio obiettivo è un eventuale ritorno in Italia come allenatore. Perchè non tornare in un paese che amo per svolgere un attività che amo? La risposta è ovvia, aspetto proposte, chissà…
D. – Cosa ti aspetti per il 2013 ?
R. – A livello personale mi auguro che nel 2013 miglio figlio Matthew e sua moglie Sarah riusciranno a darmi un nipote. Ne sono sicuro che sara’ un bambino con tanta GRINTA, come il nonno!!
D. – Per chiudere, Mike, Un saluto ai lettori di ALL-AROUND.net
R. – Saluto affettuosamente tutti i lettori di ALL-AROUND.net ed i tifosi di basket in Italia. Siete i cittadini del paese più affascinante del mondo, parola di Mike Sylvester !!
Fabrizio Noto/FRED
Foto per gentile concessione da Mike Sylvester.
2 Comments
Signor Smith
Un grande giocatore, un grande uomo, il tiro più brutto della storia della pallacanestro. Ma siccome la buttava dentro… aveva ragione lui!
FRED
uno che non mollava Signor Smith, neanche sotto di 20….