C’è una squadra NBA che più di ogni altra ti viene incontro quando devi fare un articolo su di loro. Una squadra che ha sempre qualche storia che si fa raccontare più che volentieri. Una squadra che in questo momento è più croce che delizia dell’appassionato pubblico di casa, da sempre grande intenditore della palla a spicchi, se è vero che anche il principale simbolo cittadino, la Statua della libertà, sembra in posizione di post alto pronta a ricevere palla.
Questa squadra sono i [B]New York Knicks, che stanno forse vivendo uno dei momenti più cupi della loro storia.[/B]
Iniziamo con il raccontare quanto successo il [B]13 novembre[/B]. Sull’aereo che trasportava la squadra da New York a Phoenix per il primo viaggio ad ovest della stagione, il coach Isiah Thomas chiama nella zona riservata al coaching staff il suo play, Stephon Marbury, e gli comunica che per migliorare la chimica della squadra e garantire a lui di essere più incisivo, lo avrebbe fatto partire dalla panchina.
Questa la parte sicura. Da li in poi inizia una ricostruzione più vaga e disparata della reazione del ragazzo di Coney Island. C’è chi parla di insulti e improperi lanciati verso il coach, c’è chi parla di spintoni tra i due, e chi di cazzotti che volavano.
Il seguito riprende ad essere pressochè certo, con il termine della discussione avvenuta con Marbury che minaccia Thomas dicendogli più o meno [I]”Fai attenzione a quello che fai perchè io so molte cose e potrei iniziare a dirle…”[/I]
Il resto della cronaca vede Steph che appena atterrato a Phoenix sale sul primo aereo e torna a NY dichiarando conclusa la sua parentesi nella grande mela. Ma soprattutto, di un Thomas che il giorno stesso richiama Marbury e gli chiede di ritornare in squadra, cedendo alle condizioni imposte dal play, ovvero pagando il disturbo del viaggio Phoenix – NY – Los Angeles, per la partita del giorno dopo con i Clippers. E andando contro quella che è stata la [B]votazione praticamente unanime della squadra “Noi qui Marbury non lo rivogliamo”.
[/B]
Risultato, partita con i Clippers partendo dalla panchina ma con 33 minuti in campo. Quintetto dalla partita successiva ridato al Coney Island Finest e probabilmente tante scuse dalla casa. Non c’è che dire. Steph deve aver avuto argomenti molto convincenti con la minaccia dopo la litigata..
E dire che, come tutti gli anni, la stagione era iniziata con diverse aspettative. Con un roster così talentuoso, si diceva, non ci sarebbero stati problemi a raggiungere i Play Off. E con l'[B]addizione di un uomo da 20 punti e 10 rimbalzi di media a partita garantiti, Zach Randolph[/B], l’obiettivo sarebbe stato anche più vicino.
Invece, sempre durante l’estate, [B]Thomas è stato condannato per molestie sessuali contro una dipendente dei Knicks[/B]. Causa che è costata più di 11 Milioni di risarcimento alla società, nonostante le convinzioni iniziale di vittoria da parte del coach (come d’altronde succede anche nel basket giocato).
La fase iniziale di stagione, inoltre, ha mostrato più le lacune che i lati positivi di una squadra costruita male e aggiustata anche peggio nel corso delle ultime stagioni, e se ormai metà della città và alle partite con il cartello [B]”Fire Thomas”[/B], l’altra metà ci và con il cartello [B]”Trade Marbury”[/B].
Un bell’ambientino, niente da dire.
Ma allora di chi sono le colpe principali di questo disastro?
Probabilmente non basterebbe un libro per raccontarle tutte, e sarebbe anche inutile cercarle giunti a questo punto.
Quello che si rende necessario in questo momento è una bella rivoluzione, e guarda caso quest’estate c’era proprio l’idea di prenderla: Kevin Garnett “The Revolution”, ma probabilmente non avrebbe accettato di andare in una squadra così allo sbando. E così KG è andato a Boston, rivale storica di NY, e i Knicks hanno ripiegato su Randolph, buono solo a far saltare di gioia SPike Lee quando è stato annunciato, ma andando a ingrossare il buco difensivo dietro di NY.
E allora [B]la rivoluzione va impostata ora[/B]. E se ne è reso conto anche [B]David Stern[/B], MR NBA, che dal palazzo ha deciso che poteva bastare quanto visto a NY, che tutto sommato rimane uno dei mercati principali della lega, e [B]ha chiesto a Dolan Sr di intervenire a riparare i guai fatti dal figlio insieme a Thomas[/B]. Per cui aspettiamoci che qualcosa venga fatto, anche se sta diventando sempre più difficile, perchè il cap è intasato e i giocatori poco appetibili.
La buona notizia è che è partito il [B]toto-GM[/B], che dovrebbe, se non da ora da fine stagione, prendere il posto di Thomas. E i nomi che si fanno sono anche importanti. [B]RC Buford[/B] da San Antonio, che però non avrebbe un Popovich alle spalle che farebbe apparire giuste le scelte di ogni GM, [B]Walsh[/B] di Indiana, che negli anni in cui ha preso la franchigia in mano non ha dimostrato di saper costruire un progetto vincente, [B]Mullin[/B] da Golden State, che ha svoltato nel momento in cui ha preso Don Nelson, o [B]Colangelo, Brian e Jerry insieme[/B], e se per Jerry servirebbe l’intermediazione di Stern, per Brian sarebbe più complesso, perchè difficilmente lascerebbe a metà il progetto Raptors, che ha ben avviato soltanto la scorsa stagione.
Si inizia anche pensare al [B]prossimo coach[/B], e fra i papabili ci sarebbero [B]Mike Fratello[/B], coach molto preparato che ha fatto benissimo a Memphis, e Carlisle. E i due hanno in comune l’essere sergenti di ferro. Svolta che ai Knicks, con un GM che supporti un coach del genere, potrà fare solo bene.
Insomma, come al solito di chiarezza sotto l’Empire State Building ce n’è molto poca.
Chi scrive ha come l’impressione che non verrà mai fatta una vera rivoluzione, ma si deciderà di trovare i capri espiatori giusti, Marbury e Thomas, e li si cercherà di mandar via a fine stagione, prendendo un gm e un coach esperto che dovranno cercare di trarre il meglio dal roster attualmente a disposizione.
Roster che però per come è strutturato non porterà mai troppo lontano, essendoci troppe presunte star e troppi attaccanti individualisti e pochi difensori di squadra, e anche quei pochi come Lee e Jeffries sembrano abbiano dimenticato come si faccia, o più semplicemente hanno troppi buchi attorno per poter fare qualcosa.
Personalmente invece punterei su un [B]coach giovane[/B] che possa, strada facendo, costruire una squadra sulla base di scelte precise e individuzione di quelli che potrebbero essere i putni fermi del roster. E un allenatore del genere potrebbe essere quel Donovan che già l’anno scorso ha rinunciato alla panchina dei Magic per continuare a fare il coach di Florida State, ma che se stimolato da un’avventura difficile ma con un progetto vero e proprio potrebbe dimostrare di saper costruire una squadra anche al piano di sopra. E allora via uno (o entrambi) tra Curry e Randolph che sono si dei buoni attaccanti, ma che ti fanno pagare tutto il fatturato offensivo in difesa, via QRich che non ha dimostrato nulla nella grande mela, possibilmente scambiare Robinson per un giocatore vero, e pulizia del roster, magari [B]ponendosi un obiettivo a lungo termine. 2010 in cui dovrebbe scadere uno che a NY potrebbe essere davvero il King. Lebron James[/B], che se non dovesse vincere nulla con i Cavs potrebbe decidere di andare in un team con una solida storia alle spalle e con un mercato economico che darebbe dei ritorni enormi.
Si dice che a New York non sia possibile ricostruire, e probabilmente è anche vero perchè a chi paga 2500 dollari un biglietto, un po’ di remore a dargli una stagione di delusioni già decisa in partenza dovresti darle. Ma è anche vero che sono anni che gliene vengono date allo stesso prezzo, nonostante all’inizio sembri sempre l’anno giusto. Allora forse converebbe essere onesti e fare un piano triennale, con l’auspicio che nel 2010 ci si presenti ai nastri di partenza con un roster scremato del superfluo, una situazione di cap almeno nella media, e Il Prescelto a guidare la squadra.