[i]MVP
MVP[/i]
Mancano pochi minuti al termine di una tiratissima partita fra Portland e Toronto. Brandon Roy, stella emergente dei Blazers e protagonsita della striscia vincente della sua suadra, è in lunetta per due tiri liberi.
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Ha messo il primo e si concentra sul secondo. Poi però succede qualcosa. Da parte di una gradinata che in Italia potrebbe essere chiamata [i]curva[/i], si sta levando un coro particolare, che qui nell’Oregon non si sentiva da anni e anni. Un coro rivolto ad un giocatore. Ma chi? Lui? [i]Naaaa![/i]
[i]MVP
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[i]Dong![/i] Palla sul ferro e rimbalzo avversario che parte in transizione.
Roy lo ha confessato nel post partita (poi vinto). Quando ha realizzato che quel coro era indirizzato proprio a lui, per un attimo ha smesso di essere un professionista che gioca in arene da ventimila persone un giorno e si e l’altro no. E ha avuto un esitazione, non degna certo di un Most Valuable Player della lega più forte del pianeta.
Ma adesso, aldilà delle reali possibilità di Roy di arrivare a contendere tale titolo a giocatori del calibro di Nash, Duncan e Nowitzki (curioso, nessun statunitense…) c’è una striscia di 10 vittorie 10 aperta per i Trail Blazers. La migliore in NBA al momento. E fatta dalla squadra più giovane. [i][b]The hottest is the youngest,[/i][/b] si legge sui giornali d’oltreoceano. Sembra incredibile ma è così. Protagonisti poco più che ventenni, la prima scelta assoluta in borghese a bordo campo e un monte salari che è un terzo di quanto quadagnano quei tre “bravini” giocatori di Boston.
Ma qual è stata la chiave per far esplodere un gruppo che fino all’inizio del mese aveva un record di 5-11 con un pessimo 0-9 in trasferta e scarsa credibilità in una conference con almeno cinque pretendenti al titolo? A modesto parere di qusto redattore, il ragazzo menzionato pocanzi. Brandon Roy.
Non per sminuire il lavoro straordinario che sta facendo il collettivo tutto, coach compreso. O il gioco di squadra che corre scorrevole sul parquet. Ma una squadra vincente ha bisogno di un leader e quel leader è il ragazzo di Washington. Non perché sia per forza il top scorer o il miglior attaccante o un clutch player.
Ma perché sa prendere in mano la squadra quando serve, coinvolgerla nel gioco, prendersi le giuste responsabilità e a fine incontro che si sia vinto o perso, dividere colpe e meriti con tutti. E allora non importa che Oden sia fuori tutto l’anno, che Aldrige giochi o meno, o che l’avversario si chiami Dallas o Memphis. L’attegiamento non cambia e non cambia il gioco. E per il momento, neppure il risultato.
Nelle 10 vittorie di fila, in almeno metà delle occasioni il miglior realizzatore della partita è stato un giocatore diverso. Outlaw, Webster, Jones, persino Frye. Con la panchina che produce qualcosa come 40 punti ad incontro.
Commoventi i sacrifici fatti in difesa da Frye e Przybilla durante l’assenza di Aldrige. Stupende le crescite di Webster e Outlaw in attacco. E Jones, un acquisto passato sotto silenzio dopo la criticata non rifirma di Udoka si sta rivelando utile come il pane su ambo i lati del campo.Vittorie contro Utah, Denver, New Orleans, Golden State. Tutte infilate anche a domicilio, anche in back to back. L’entusiasmo della Blazermania che ritorna probabilmente dopo circa quindici anni, dai tempi di Drexler, dopo il carissimo prezzo pagato per avere avuto i [i]Jail Blazers. [/i]
Roy dicevamo. Ha saltato la pre-season per un problema oramai noto e che si porterà dietro probabilmente per tutta la carriera. Una malformazione al tallone. Ha iniziato la stagione in ritrado fisico, ha faticato a trovare il ritmo giusto, nonostante tutto ha marcato alcune prestazioni notevoli. Si è dovuto aggiustare il gioco, un paio di cambi in quintetto (fuori Jack e Frye, dentro Blake e Przybilla) e poi l’atto finale. McMillan che consegna le chiavi della suadra al suo Rookie of the Year. “Attacca più il canestro, prenditi più tiri, ritrova fiducia e poi infondila
alla squadra. Detto fatto. E c’è un istante in cui possiamo cristallizzare il momento di Roy e di Portland.
Stessa gara, contro i Raptors del Mago. A 4 minuti, con i blazers sotto, Roy prende palla da fuori, dribbla un avversario in palleggio, evita un blocco si alza in volo verso il canestro con il pallone alto nella mano destra. Ma ha contro un lungo avversario che si prepara allo stoppone. Allora, in aria cambio di mano e appoggio a tabellone in fase di caduta. Avversario eluso, due punti per Brandon. Non vogliamo scomodare sua maestà [b]his Hairness.[/b] Ma il canestro switch hands in volo, l’ho visto fare solo da lui.
[i]MVP!
MVP![/i]