E un po che non tocco largomento, ma direi che i recenti sviluppi richiedono un approfondimento.
Kobe Bryant, la star più egoista dellNBA, famoso per prestazioni individuali da capogiro e rapporti al limite della molestia con i compagni, è cambiato.
Non sto a giudicare del suo miglioramento come persona, ma è sotto gli occhi di tutti quanto sia migliorato come giocatore.
Questo miglioramento difficilmente poteva avvenire sotto il piano strettamente tecnico, per il quale i suoi concorrenti non vanno ricercati tra i suoi avversari di oggi, ma nella storia della lega, e nemmeno sul piano motivazionale: pochi giocatori hanno mai mostrato maggior cattiveria agonistica, freddezza quando conta e dedizione a questo sport.
Il problema invece è sempre stata la sua collocazione allinterno della squadra.
Allepoca del threepeat il problema si poneva poco: lui era ancora una stella emergente, e comunque aveva a fianco il più dominante giocatore di post dai tempi di Chamberlain (e comunque, per sfizio, non mi sarebbe dispiaciuto vederli giocare uno contro laltro nei rispettivi momenti di apice della carriera, perchè ritengo che la vittoria non avrebbe necessariamente arriso a The Stilt).
Nessun dubbio possibile quindi sulla leadership della squadra, con Kobe che suonava le sue (strabilianti) note sullo spartito del poliziotto di Newark.
Al crescere del dominio di Bryant su questo gioco, contemporaneo al fisiologico calo fisico di Shaq, le due corazzate hanno cominciato a cozzare, col risultato di regalarci il più grande Upset nella storia delle finali, quando Detroit che sulla carta perdeva per 4 stelle a 0, ha invece vinto la serie per 4 a 1.
Sulle polemiche di quellestate è inutile soffermarsi ancora, su di chi fosse la colpa, chi ci abbia guadagnato, etc. La verità probabilmente non la sapremo mai, anche perchè i comportamenti di tutto il cast coinvolto erano meno credibili e naturali di quelli dei concorrenti del grande fratello.
E credo di aver detto tutto.
Lanno successivo è stato il primo anno del Kobe adulto.
Come in una dinamica padre figlio, l8 gialloviola si è liberato dellingombrante figura paterna, e ha cercato di riempire con il suo ego il vuoto lasciato. E come sempre accade a un ragazzino non ancora pronto per questa responsabilità, i risultati sono stati non entusiasmanti.
Media punti alle stelle, giocate da top ten a ripetizione, record individuali che venivano infranti con imbarazzante costanza, i 20.000 dello Staples pronti a convertirsi al Kobianesimo e venerare il loro messia per 41 sere allanno.
Risultati: non buonissimi.
La nomea del cattivo, nata con laffaire Colorado, continuata con la colpa per la cessione di Shaq (allepoca attribuita esclusivamente a lui), lostentato disprezzo per i compagni di squadra e lo stile di gioco incantevole, ma un attimo autistico, avevano distrutto limmagine pubblica del ragazzo di Philadelphia.
Bryant dallanno successivo ha così dovuto ricominciare.
Il ritorno (e la riappacificazione) con Jackson.
La pace fatta nelle partite natalizie con Shaq, in mondovisione.
La nuova immagine di sè che ha cercato di dare, violentando la sua natura timida e riservata, per cercare di diventare lamico di tutti.
Ecco, qui a dire il vero i primi risultati sono stati imbarazzanti.
Immaginatevi il bullo dellasilo, cicciobombocannoniere, che dopo avervi sottoposto per anni a qualsiasi tipo di angheria, dun tratto si avvicini a voi con grandi sorrisi di complicità, pacche sulle spalle, battutte e quantaltro. La reazione di terrore/stupore è la stessa che ha avuto il resto della lega…
La sua crociata per la redenzione della sua immagine è continuata anche con i media, col figlio di Jelly Bean a rilasciare interviste su interviste (a tuttoggi indimenticata quella rivelatrice in italiano trasmessa da Sport Italia), e a dedicarsi a miriadi di attività di beneficienza.
La Nike, dopo aver fatto marcia indietro per i passatempi del ragazzo in quel di Denver, ha finalmente rilasciato le prime air kobe, mentre Bryant, per chiarire a tutti il desiderio di rompere con il passato, ha perfino cambiato numero, abbandonando lo storico 8 per prendere il 24.
A fianco di tutti questi cambiamenti fuori dal campo sono arrivati anche i ben più interessanti cambiamenti in campo.
La diatriba di questestate, con la richiesta di essere ceduto, può anche essere letta in maniera positiva: il giocatore si è reso conto finalmente che non può vincere da solo, ed ha chiesto di essere mandato in una squadra in cui dividere il proscenio con unaltra stella, per poter puntare al suo traguardo sempre: vincere.
Lo scambio però non si è concretizzato, Jackson (che evidentemente ne sa sempre più di noi) ha rinnovato il suo contratto per 2 anni, e i Lakers, a sorpresa, sono finiti in testa alla Western.
Certo il talento dei comprimari di Bryant è molto superiore agli anni passati.
O meglio, il talento complessivo è lo stesso, visto che i giocatori sono rimasti più o meno gli stessi, ma ci sono stati incredibili progressi da 3 punti di vista (oltre allarrivo di Fisher, mai abbastanza lodato…).
Il primo è la maturazione dei giovani: Bynum, Farmar, Turiaff, Crittenton, il neo arrivato Ariza; tutti giocatori giovani, che non essendo dei Lebron James, non potevano giocare da veterani nei loro primi anni nella lega, ma hanno avuto bisogno di tempo per la loro fisiologica maturazione (nel caso di Farmar, anche per una sorprendente esplosione di forma atletica).
Il secondo è lassimilazione della filosofia di gioco di Jackson: il triangolo è uno dei sistemi offensivi più complessi da apprendere, e quindi richiede tempo e familiarità tra i giocatori, per poter essere eseguito al meglio.
Lultimo, e più importante fattore, è la maturazione come giocatore di Kobe. Innanzi tutto il suo ruolo in spogliatoio, già delineatosi in parte lo scorso anno: non è più in conflitto con i compagni, ma è una sorta di fratello maggiore che li guida, li consiglia, li supporta; manda a canestro chi ha bisogno di incoraggiamento perchè non attraversa un buon momento, spiega come posizionarsi in campo, ha parole di elogio per tutti, ma anche, quando serve di richiamo.
La chicca più esplicativa è il fatto che parli in italiano con Vujacich, mossa che può sembrare usata a fini tattici (non far capire agli avversari cosa si stanno dicendo), ma che credo abbia invece come scopo il dare al compagno limpressione di avere un rapporto speciale, unattenzione particolare per lui.
Il suo numero di tiri a partita è sceso sensibilmente (siamo passati in 3 anni da oltre 28 tiri a partita a 21, mantenendo quasi invariata la media punti, il che implica ovviamente una miglior selezione di tiro e quindi una miglior percentuale dal campo), e tende a concentrarli nei momenti di maggior difficoltà dei suoi.
Ne ha beneficiato il suo gioco di passatore, e le energie risparmiate in attacco gli hanno permesso di essere maggiormente incisivo in difesa. Sia chiaro, nella sua metà campo si va sempre in amministrazione controllata, ma rispetto al dichiarato disinteresse delle scorse stagioni, stiamo migliorando.
I Lakers 2007-2008 sono atipici per essere una squadra di Jackson.
La differenza più evidente è in difesa, dove siamo decisamente sotto gli standard dei Bulls o dei primi Lakers. I gialloviola tendono a concedere parecchio, e in generale non sono in grado di fermare a piacimento gli avversari. Certo, sono molto migliorati, grazie alla maggior presenza intimidatoria di Bynum, al maggior impegno di Bryant, allinnesto di Ariza (detto tra noi, complimentoni ai Magic, che in cambio dellonesto Evans e del ben poco eccitante Cook, hanno regalato ai Lakers un giovane, splendido atleta, e difensore decisamente sopra media).
Dove però a LA sono notevoli è in attacco. Forse questa è la più squadra fra quelle allenate da coach Zen. Le incarnazioni precedenti basavano il loro successo sul tener basso il punteggio, mettere a referto punti o per luno contro uno delle due stelle (Jordan/Pippen, Oneal/Bryant), o sugli scarichi di queste ultime, confidando di poter vincere grazie alla loro freddezza tutti i finali tirati. Oggi invece i Lakers giocano molto più di squadra, con diversi buoni giocatori (Fisher, Bynum, Farmar, Odom, Walton, a volte persino Vujacich e Crittenton) che a turno possono supportare Bryant nella produzione di punti, grazie ad unesecuzione molto fluida che mette tutti i giocatori nelle migliori condizioni per segnare.
Proprio sul più bello però la sorte ha voluto dire la sua, mettendo fuori gioco per (almeno) 2 mesi prima Bynum e poi Ariza, che vanno ad aggiungersi in lista inattivi al decisamente recuperato (almeno rispetto alla passata stagione) Radmanovich.
Nonostante delle prove incoraggianti nelle prime uscite del dopo infortuni, è plausibile che il record di LA vada a sud, lasciando la testa dellovest ad una turba confusa di squadre (Spurs, Mavs, Suns, Hornets (!?)). Credo però che, visto il record attuale e la presenza in squadra di Kobe, i Lakers riusciranno comunque almeno a classificarsi per i playoffs. A quel punto si tratterà di capire in che stato di forma (e di chimica) potranno rientrare gli infortunati. Se LA recuperasse la forma attuale, il passaggio del primo turno sarebbe tuttaltro che da escludere.
Per un ulteriore avanzamento invece bisognerebbe almeno sperare nellaccoppiamento giusto: nella fattispecie, a mio parere, i Suns. Come già provato più volte in regular season e soprattutto nei PO, i Lakers sono in grado di infastidire parecchio i ragazzi di Dantoni, cosa che invece non potrebbero permettersi con SanAntonio, Dallas e, almeno secondo me, nemmeno con i Jazz.
Jazz che per altro sono al momento fuori dal tabellone dei playoffs, grazie al calo di forma attraversato a inizio 2008 e alla clamorosa esplosione di Portland, che ha di fatto preso il loro posto.
Limpressione è che nella midwest sarà fino allultimo una corsa a tre (Utah, Denver e Portland), per assicurarsi due posti per i PO, probabilmente il 4^ posto, la vincitrice della division e il 7^ o 8^ laltra.
Ho già avuto modo di dire che, pur apprezzando lo straordinario lavoro di McMillan, e lesplosione di un fenomenale Roy, ritengo abbastanza probabile un calo dei Balzers nel lungo periodo, e anche i Nuggets potrebbero scendere in classifica dopo linfortunio occorso a Melo contro i Lakers.
Tornando a quella partita, due osservazioni:
1) Denver, con quella difesa, non vincerà mai. Un accoppiamento favorevole potrebbe forse permettere il passaggio del turno (tipo un 4^ contro 5^ con i Blazers), ma contro una contender vera non hanno nessuna possibilità. Se infatti ad esempio per Phoenix esiste un piano difensivo, che consiste come detto nellinvogliare lavversario a prendere CERTI tiri, per aumentare il ritmo di gioco, a Denver si pratica lastensione totale, senza alcun piano comune di squadra. Lunico che ci prova è Camby, meraviglioso albatros di centro area, le cui inumane cifre a rimbalzo sono però falsate dal totale disinteresse per questo fondamentale da parte dei compagni, e le clamorose stoppate in aiuto assomigliano più che altro al proverbiale secchiello per svuotare il mare.
2) Kobe, 0/0 al tiro e 5 assist dopo 14 minuti di gioco contro una squadra che non difende e contro cui anche i più scarsi ritoccano il personale record di marcature. Al di là della bellezza del vederlo giocare, e al certificare il diverso approccio di cui si è già parlato sopra, fa sempre specie latteggiamento polemico del Bryant, che è come se non riuscisse mai a trovare la misura, e avesse la condanna di dover essere plateale in ogni suo gesto. Bene passare la palla quando raddoppiato, bene mandare a canestro Brown, giocatore psicologicamente fragile, ma indispensabile come centro ad interim finchè non torna il bambinone; bene tutto. Ma non tirare MAI, nemmeno quando gli avversari visibilmente ti battezzano e ti lasciano 3 metri mi sembra poco intelligente. Probabilmente se i tiri dei compagni non fossero entrati e i Lakers non fossero stati avanti nel punteggio, si sarebbe comportato diversamente, ma forse unatteggiamento meno conflittuale (in questo caso non con i compagni, ma contro… se stesso?) aiuterebbe.
Ci sentiamo settimana prossima, per qualche considerazione sullASG, di cui tra poco verranno resi noti i partecipanti.
Vae Victis