Nella NBA, ma nello sport americano in generale, non esistono le cosiddette grandi. Ci sono le franchigie storiche, quelle si, nel basket ad esempio, i Lakers e i Celtics, o i Chicago Bulls dellera Jordan, ma anche queste squadre possono essere condannate a qualche anno di oblio (nel caso di Boston quasi due decadi). Ciclicamente, tutte le squadre hanno periodi di rinascita, e tutto questo grazie a qualche draft fortunato e ben gestito, come testimoniano i San Antonio Spurs, o i Cleveland Cavs, che sono forse esempi estremi, perché di Duncan e LeBron James non ne nascono poi tanti.
Negli ultimi 10, 12 anni però, cè una franchigia che è considerata unanimemente come la peggio gestita della lega: Atlanta.
I Clippers sono tornati ai playoff, seppur per unapparizione fugace, stessa cosa per Golden State e gli Washington Wizard, per non parlare poi dei già citati Cleveland Cavaliers arrivati addirittura in finale, come capitato anche ai Nets, che ricordiamocelo, prima di Jason Kidd non è che facessero sempre i playoff. E gli Hawks? Bè uno degli ultimi ricordi di un Atlanta più o meno competitiva risale alla fine degli anni 90, quando i vari Smith, Leatterner, il totem Mutombo e Blaylok, cercavano (più o meno con successo), di rendere la vita dura ai Chicago Bulls. Da quelle serie di playoff in poi, nulla. Scambi affrettati e azzardati, draft fotocopia, dove la franchigia della Georgia ha collezionato ali piccole su ali piccole, giocatori dal potenziale molto alto, ma evidentemente poco funzionali alle esigenze di squadra. Tanto per capirci, per Atlanta sono passati Jason Terry, Antoine Walker, Rashed Wallace (ok un cammeo), solo per citare i più importanti. Una dirigenza allinterno della quale non tutto filava liscio (chi si è scordato quella sorta di interdizione nei confronti di un azionista di maggioranza che non voleva avallare uno scambio?).
Insomma, la squadra non ha fatto altro che rispettare le attese, che visto il contesto, non potevano che essere mediocri.
Fino a questanno, dove in fondo al tunnel sembra poterci essere una luce, seppur non brillantissima, in puro stile Hawks. Atlanta, infatti, dopo una preseason confortante (7 vittorie e una sconfitta), ed un mese di Novembre tutto sommato buon, da 6 W e 8 L, ha cambiato marcia in Dicembre, dove la squadra di coach Mike Woodson ha avuto un record di 9 vinte e 4 perse, questultime, arrivate contro Detroit (2 volte), Dallas e Toronto. Una serie di vittorie che avevano fatto gridare alla rinascita un po troppo prematuramente, visto che è subito arrivato un mese di Gennaio non proprio esaltante, e dal record esattamente contrario del mese precedente, ovvero 4 W e 9 L.
Un calo dovuto soprattuto a qualche acciacco di troppo da parte dei giocatori di sostanza, come Shelden Williams e Zaza Pachulia, due giocatori certamente non eleganti, ma che portano alla causa, lavoro sporco, blocchi rimbalzi e presenza fisica in area. A dire il vero, le sconfitte sono arrivate tutte per pochi punti, al massimo 12, una sola volta. Un indizio che se da una parte conferma la bontà della struttura Atlanta, dallaltra ne mette in mostra i difetti e limiti, come la giovane età, e la mancanza di un uomo con punti nelle mani, oltre al solito Joe Johnson, che però è più un creatore di gioco che un finalizzatore, nonostante i 20 e passa punti possano far pensare ad altro.
Ed è proprio la mancanza di un tiratore da fuori, il fattore che potrebbe estromettere gli Hawks dalla corsa ai playoff. A parte Johnson, che come detto è un realizzatore ma non certo un tiratore affidabile, o perlomeno continuo (35%), solo Tyron Lue e Anthony Johnson possono essere considerati tiratori, anche se sono comunque coinvolti in modo marginale nellattacco di Atlanta, che sta avendo molto dal suo rookie, Al Horford, che viaggia quasi in doppia doppia di media, e si sta rivelando come una delle mosse più azzeccate degli ultimi anni. Lex Florida Gators, si è subito adattato alla fisicità e al tipo di gioco NBA, è solido, e soprattutto è utile alla causa, visto che da ciò che mancava ad Atlanta, ovvero una presenza nellarea dei tre secondi, dove latletismo di Martin Williams e Smith non sempre serve per occupare spazio e lottare in sala pesi. A proposito di atletismo e Josh Smith, il saltatore proveniente da quella fabbrica di giocatori che risponde al nome di Oak Hill Accademy, sta incantando tutti, con giocate da play station, che però in troppi casi nascondo dei difetti più o meno marcati, come il trattamento di palla non eccelso e il tiro da fuori, che semplicemente non cè. La sensazione è che Josh tratti troppo la palla, per il bene suo e della squadra. E ovvio che la sua attività fisica è tale che molte volte è quasi costretto a condurre il contropiede, anche se, come detto, va troppe volte fuori giri (3.41 perse sono sinceramente troppe).
Fondamentale sarà vedere che record compilerà Atlanta prima della pausa per lall-star game, dove affronterà nellordine: Phoenix, Clippers, Nets, Phila, Lakers, Cleveland, Houston e Charlotte. Dovesse arrivare un record vicino al 50% allora le speranze di playoff sarebbero ancora vive, specialmente in un est più accondiscendente dellinarrivabile ovest.
Stefano Manuto