Bologna, 24 novembre 2013 – La cura Markovski funziona per davvero. Se c’era qualche dubbio che il successo contro Milano fosse stato solo il classico fuoco di paglia ingenerato dall’insediamento di un nuovo coach in panchina, la vittoria, meritata e netta, almeno nel secondo tempo, contro quella Granarolo che, fino ad oggi, era la sorpresa del campionato, lo ha fugato. E ancora una volta, come contro l’Armani, il grande protagonista è stato Andre Smith, che dopo i 27 di una settimana fa, ne scrive a referto 29 con 9 rimbalzi, mitragliando in tutti i modi possibili la retina avversaria. Sgarbo quindi del Markovski che qui, pur essendosi separato in malo modo con l’allora presidente Sabatini, ha lasciato più di un cuore infranto. Sgarbo perpetrato a suon di alchimie tattiche che proprio sotto le Due Torri lo avevano reso celebre. Vista la mala parata con Easley in campo, il macedone è ricorso a un quintetto “piccolo” con lo stesso Smith e Peric che hanno fatto la partita, rigirando una partita che, in avvio, si era messa male.
Già, perché la Granarolo Bologna ha ormai abituato a mostrare facce diverse quando va di scena in casa o in trasferta. Se lontano dalla Unipol Arena le partenze sono sonnolente, facendo da contraltare a secondi tempi roboanti, in casa propria difficilmente gli uomini di Bechi bucano i primi 20’. E così 9-2 per iniziare, recuperato dai lagunari, ma di nuovo aperto da un 11-0 di parziale, firmato dai canestri di Hardy e Gaddefors (doppia doppia da 12+12 per lui), con l’ottima complicità di Ware e di un sempre più positivo Fontecchio (forse troppa panchina per lui nel complesso). Sul 39-28, massimo vantaggio Virtus, la panchina ospite corre ai riparo, col cambio di gioco di cui sopra e comincia a vedere maturare i primi frutti. Vitali e Liehnart danno la prima scossa, Hardy risponde dalla lunetta, ma è Peric ad avere l’ultima parola per tenere la Reyer a -6 al 20°. Il rientro in campo è un incubo per la Granarolo: fuori giri in attacco e farfallona in difesa. Taylor apre le danze e spalanca la pista per Andre Smith che con 7 punti quasi a fila mette la firma sull’11-0 (16-2 a cavallo tra i due quarti) che gira l’incontro (41-46 Venezia). I numeri tifosi veneziani (6200 persone circa all’interno del palazzo dello sport) ora si fanno sentire, così come i tifosi dei bianconeri nei confronti degli arbitri che non sempre azzeccano le chiamate. Momento di emergenza per la Virtus, e come al solito si erge Matt Walsh per provare a salvarla: 9 punti tengono i suoi a -2, ed è una schiacciata di un presente Jerome Jordan a ridare il momentaneo vantaggio a Bologna: 57-56, che sarà anche l’ultimo. Magro riporta, infatti, avanti Venezia e Giachetti dalla lunetta fissa il tabellone sul 57-60 alla terza sirena. Smith mette subito quattro punti per un altro 8-0 di parziale Reyer, e il quintetto da corsa degli ospiti continua a far danni, controllando agevolmente anche i rimbalzi nel pitturato (15 offensivi alla fine su 48 totali). La Virtus in attacco muove poco la palla e si affida troppo all’uno contro uno che in passato ha pagato buoni dividendi, ma oggi non funziona. A peggiorare il tutto ci sono pure i falli prima di King e poi di Jordan che diventano, rapidamente, cinque per entrambi. Di là, la Reyer fa la sua partita senza cercare di strafare: Taylor trova buone cose nei pressi del ferro, Vitali si guadagna liberi da convertire, Smith ogni tanto fa sentire la sua presenza. Un canestro di Ware ridona un po’ di speranza a Bologna (74-78) a poco più di un minuto dalla fine, me è lo stesso folletto americano a perdere palla nell’azione successiva, mandando in anticipo i titoli di coda. Vitali fa bottino dalla lunetta per chiudere i conti e Venezia è definitivamente fuori dalla crisi.
GRANAROLO BOLOGNA – REYER VENEZIA 80-87
Parziali: 20-19; 21-16; 16-25; 23-27;
Progressione: 20-19; 41-35; 57-60; 80-87;
MVP: Andre Smith. Le cifre parlano chiaro: 29 punti, 9 rimbalzi, 10/17 al tiro, 32 di valutazione. La sua poliedricità ha letteralmente distrutto la difesa (morbida) virtussina.
WVP: Seconda gara consecutiva da dimenticare per Shawn King che si ferma a 2 punti e -1 di valutazione, perdendo nettamente il duello in area con i pari ruolo avversari e uscendo pure per falli.
SALA STAMPA
Luca Bechi: “Eravamo riusciti a tenere i loro tiratori a 35 punti, sapevamo che la loro era una squadra di talento e il primo tempo abbiamo fatto un buon lavoro anche se lì abbiamo avuto la prima nostra responsabilità nel non dilatare ulteriormente lo scarto. Nel secondo tempo, poi, siamo andati subito in sofferenza perché l’aggressività di Venezia è aumentata. Sono una squadra fisica e di stazza che ci ha tolto tutti i nostri punti di riferimento facendo sì he noi non riuscissimo a prendere vantaggi consistenti e in difesa, per la prima volta, abbiamo sofferto a rimbalzo. Questa sofferenza ha fatto si che non riuscissimo a trovare i nostri soliti punti in contropiede. Da lì è nato il vantaggio di Venezia. Noi siamo rimasti attaccati alla partita con le unghie e con i denti ma poi, nei momenti decisivi, abbiamo avuto un po’ troppo fretta e non siamo riusciti a fare le giocate decisive, anche per via della prestazione maiuscola di Andre Smith che è tornato, dalla partita con Milano, il giocatore che conoscevamo. Abbiamo provato una staffetta su di lui, ma è stato bravo ad alternare il gioco esterno e interno, e così, non solo ha segnato lui, ma ha anche creato una confidenza per i suoi compagni che ha generato situazioni facili per la Reyer.”
Zare Markovski: “Abbiamo avuto buona fluidità in attacco e, alla lunga, abbiamo anche cominciato a difendere meglio sulla palla. Questo penso che abbia portato a una vittoria meritata e faccio i compliemnti ai miei giocatori che si sono approcciati alla partita come volevo. Siamo stati lì per 40’ e alla fine siamo anche andati verso un finale abbastanza tranquillo. I giocatori si sono messi a mia disposizione e stanno applicando quello che chiedo. Ed è un loro grande merito. Nel secondo tempo abbiamo vinto 25-14 a rimbalzo e, non a caso, lì abbiamo fatto la differenza scavando il solco che ci ha permesso di vincere.”
Nicolò Fiumi