Mark Jackson, nonostante il parere contrario della stella dei Warriors, Stephen Curry, dice addio alla panchina di Golden State, com’era nell’aria. I dissapori con la proprietà, l’aver allontanato tre vice-allenatori, il non facile rapporto con Jerry West, consigliere di fiducia dell’owner Joe Lacob, sono gli ingredienti che miscelati hanno portato al licenziamento dell’ex-playmaker dei New York Knicks.
Eppure Jackson è sempre quello che ha portato una squadra da 23 vittorie alle semifinali dello scorso anno, e in questa stagione a un record addirittura migliorato, pur con la conclusione amara dell’eliminazione – ma solo in gara 7 – subita per mano dei Los Angeles Clippers.
Il futuro ora per la franchigia della baia è tutt’altro che certo. Ripartendo ovviamente da Curry e Thompson, con il recupero di Bogut (assenza determinante nei playoffs) e l’esplosione di Draymond Green, i Warriors devono decidere cosa fare del contratto pesantissimo di Lee, che probabilmente verrà scambiato, sempre che si trovi l’acquirente. Il salary cap per le prossime due stagioni è già saturo, e a Golden State potrebbero servire a questo punto gli innesti di veterani al minimo salariale, per rafforzare una panchina che ha perso molto nell’ultima stagione dopo la partenza in particolare di Jarrett Jack.
L’arrivo (non economico) di Andre Iguodala ha sì rafforzato difesa e quintetto base, ma ha impedito di conseguenza, viste le regole salariali, di andare a consolidare una “second unit” che è parsa spesso in difficoltà e non in grado di dare il cambio ai titolari, spremuti fino all’osso.
Per la panchina si fanno già diversi nomi, e uno potrebbe essere quello di Mike D’Antoni, appena liquidato dai Lakers. Non so se potrà essere la scelta giusta ma quel che è certo è che, se la squadra va migliorata in alcuni ruoli chiave, questo va fatto in collaborazione con il nuovo coach, non prima di sapere chi siederà sulla panchina dei Warriors il prossimo anno.
@A_P_Official