[i]March madness[/i]. La follia di Marzo.
L’edizione forse meno talentuosa degli ultimi anni vede il trionfo di Duke, una squadra coesa e certamente la migliore della lunga era Krzyzewski. Nessun one and done, nessuno senza un proprio ruolo all’interno del sistema, ovvero, nessuno che abbia cercato di stra-fare, o che sia uscito dallo spartito, anche solo per una partita. Vince un attacco bilanciato, non solo basato sulle conclusioni dai 6 metri, ma anche su di una grandissima difesa, dopo anni di squadre che vivevano e morivano con quello che combinavano nella metà campo offensiva.
Butler, per carità, sarebbe stata altrettanto meritevole dopo ben 105 giorni d’imbattibilità, ma è sempre una sola squadra a vincere e a leggere che Kansas o Kentucky avrebbero costituito un serio pericolo per Duke, ci si rende conto di quanto sia bello e vario il mondo della pallacanestro: Duke sarebbe sì stata spazzata via facilmente da molte altre franchigie, ma la fortuna (sfacciata) ha voluto che finisse così.
Gloria a Coach K.
E il trionfo dunque dei “Big Three”: Kyle Singler (19 punti, 7-13 dal campo +9 rebs) nominato MVP delle finali, il più continuo e preciso, ma anche formidabile in difesa, Jon Scheyer (15 punti +6 rebs) autore di un importante gioco da tre punti che ha rimesso avanti Duke in un momento difficile ed infine Nolan Smith (13 punti) un po testardo, ma ragazzo dal grandissimo cuore campione NCAA trentanni dopo il suo caro papà Derek (Louisville). Dominati a rimbalzo, costretti in fase offensiva a troppi errori e puniti puntualmente nella metacampo opposta (1 punto a possesso per Duke) Butler esce dal campo comunque a testa alta perchè reduci da una storia meravigliosa che merita i giusti riconoscimenti: unottima squadra capace di andare oltre ogni aspettativa (anche quella di Obama), capace di battere squadre come Syracuse, Kansas State e Michigan State ed arrivare a sfiorare l’ambito titolo. Rispetto dunque per i Bulldogs allenati da Brad Stevens: il futuro per loro è davvero limpido…
Ma tornando al match di lunedì sera: la difesa dei Blue Devils (che chiuderà concedendo un magro 34% agli avversari) si comporta davvero molto bene in avvio, tenendo i beniamini di casa senza tiri da due a bersaglio per i primi 7. La squadra di coach Stevens compensa colpendo dallarco, da dove ottiene il primo vantaggio di serata sul 12-11. Duke prova a spezzare lequilibrio con un 8-0 che frutta il 26-20 con 512 da giocare, ma Butler risponde immediata con un contro-break di 7-0. Hayward, stella di Butler fatica a trovare spazio, ma i beniamini di casa trovano dalla panchina i punti (15 nel primo tempo) per restare a galla: Avery Jukes firma gli ultimi 8 dei suoi riagganciando Duke sul 33-32 a metà tempo. L’equilibrio regna anche nei primi minuti della ripresa, seppur sia Duke a dimostrare di poter gestire al meglio la gara cercando più volte l’allungo decisivo: Butler però non si scompone e risponde sempre presente grazie alla precisione in lunetta di Hayward. A 3 minuti dalla fine così il distacco resta piuttosto ridotto e tutto lascia presagire ad un finale davvero mozzafiato: con meno di 2” da giocare, i Bulldogs tornano sul -1 e grazie all’errore dall’arco di Singler hanno la chance per il sorpasso. Butler disegna lo schema per Hayward, il cui tiro però trova solo il malefico secondo ferro. Un fallo intenzionale manda Zoubek in lunetta: il centrone fa appositamente 1/2 e Hayward, afferrato il rimbalzo, lascia partire una preghiera da metacampo. La palla, ancora una volta, rimbalza sul tabellone e poi sul ferro, spegnendo i sogni di gloria di quello che sarebbe stato un finale memorabile difronte agi oltre 70.000 tifosi. Duke trionfa per 61-59 e torna sul tetto dell’america universitaria dopo 9 lunghi anni: è il quarto titolo della loro storia. Probabilmente il più bello.
[b]Post-gara[/b]:
[u]Mike Krzyzewski[/u] : [i]”E stato un anno favoloso, ma credetemi, è difficile realizzare che siamo campioni. “Guardi in alto, vedi il banner e pensi: questo è quando la mia squadra, la nostra squadra, ha vinto il titolo”[/i]
[u]Nolan Smith[/u]: [i]”Sono senza parole. Portare un altro titolo in famiglia vuol dire davvero tanto per me: questo è il motivo per cui sono venuto a Duke. Volevo vincere.”[/i]
[u]Brad Stevens[/u]: [i]”Nessuno ama perdere, i miei ragazzi in particolar modo. Erano sicuri di potercela fare stasera: potevano essere anche gli unici al mondo, ma loro ci credevano davvero.”[/i]