Si era partiti con obiettivi di minima come mai in precedenza. Si è finito con gli abbracci dei tifosi in campo ai giocatori, nonostante un’eliminazione 3-0 a quasi 30 punti medi di scarto contro Milano al primo turno dei playoff. In mezzo tutte le montagne russe di una stagione decisamente sorprendente per la Virtus Bologna: 12-3 in casa, battendo squadre come Sassari, Trento e Reggio Emilia, 3-12 in trasferta, con due vittorie arrivate all’ultimo tiro (a Pesaro e Pistoia).
Un traguardo, quello dei playoff, simbolico, vista la sconfitta preventivata e senza appello contro l’EA7, ma che è stato comunque un segnale molto forte per una società che, dall’anno scorso, si è presa l’onere di rilanciare un marchio come quello della V Nera a livello finanziario, ripianando le perdite accumulate negli anni, e contemporaneamente cercando di non sfigurare in campo, con l’idea numero uno fissa in testa di recuperare il rapporto con i propri tifosi, incrinatosi pesantemente nelle ultime stagioni.
Tutti obiettivi centrati: dal campo, con i risultati ben oltre le aspettative, alle tribune, con un pubblico che ha progressivamente riempito le tribune della Unipol Arena, affezionandosi alla squadra come da tempo non accadeva. E infine a livello finanziario, almeno per quanto riportato nella conferenza stampa di fine stagione, dove è stato raccontato che il piano di rientro pluriennale procede secondo quanto previsto. Che non vuol dire che i problemi siano risolti, ma che almeno si sta andando verso quella direzione.
E qui è giusto aprire una parentesi che va abbastanza in controtendenza con quanto raccontato finora. Se da un lato c’è una stagione positiva, che ha portato in palestra giocatori di valore (quattro già confermati: Ray, Gaddy, Cuccarolo e Mazzola), dall’altro c’è una situazione che sta vedendo il club bianconero perdere gradualmente tutte quelle che sono state le proprie colonne storiche: a partire dallo speaker Gigi Terrieri, continuando con la messa fuori dai giochi di Bruno Arrigoni, finendo con l’uscita di scena di Marco Sanguettoli, il guru del vivaio virtussino e uno dei migliori (se non il migliore) coach a livello giovanile, con anche, contemporaneamente, la dimissione di Giordano Consolini dal ruolo di responsabile del settore giovanile, ma che almeno è rimasto in società.
Segnali contrastanti: è vero che si vuole creare una nuova società, con un volto fresco e più giovane, ma farlo partendo dal sostituire quelle che sono figure che negli anni hanno contribuito ha tenere in alto il nome Virtus lascia quanto meno perplessi.
In questo contesto, poi, c’è anche da trovare un nuovo main sponsor, considerando la scadenza del contratto con Granarolo e un rinnovo tutt’altro che certo.
Tornando al campo e alla stagione 2014/2015, come dicevamo, le buone notizie sono state tante. A partire dal coach, Giorgio Valli, che è riuscito alla perfezione a dare la propria impronta al gruppo e ora è il condottiero a cui tutti dovranno rispondere. Sulle sue richiesta è stato modellato un roster che ha riscoperto il talento di Allan Ray, autore di una stagione fantastica e confermato per due anni come capitano, e ammirato lo sbocciare di giocatori come Okaro White e Jeremy Hazell, con, al loro fianco, la crescita costante di Abdul Gaddy, lui pure confermato per un biennio.
Proprio i nomi di White e Hazell sono i più caldi al momento. Entrambi hanno parecchie richieste da squadre europee, e i rinnovi paiono abbastanza improbabili.
Il nucleo italiano ha mostrato i volti sorprendenti di Valerio Mazzola e Gino Cuccarolo, arrivati con poche aspettative, ma che, in maniera differente, durante l’anno si sono dimostrati importantissimi. Mazzola è un giocatore storico di Valli, e non ha tradito le aspettative, mostrando sempre quella voglia e cattiveria che l’hanno fatto diventare un beniamino del pubblico, Cuccarolo, invece, da grande promessa mai mantenuta, è riuscito, dopo un inizio difficile, a far valere i suoi 223 centimentri, dando minuti di assoluto valore sotto i ferri e figurando molto bene proprio nelle tre partite contro Milano e Samardo Samuels.
Discorso a parte per Simone Fontecchio, su cui la società puntava molto e che non ha tradito, giocando una stagione positiva, con momenti difficili, ma anche alti luminosi, come i due tiri della vittoria contro Pistoia e Avellino, cruciali alla fine per la qualificazione alla post season. In questi giorni il ragazzo abruzzese è negli Stati Uniti, a Boston, per un provino con i Celtics. Chance di scelta al draft non ce ne sono, ma intanto Fontecchio inizierà a far girare il proprio nome su qualche taccuino in più rispetto a quelli di chi, già ad oggi, lo seguiva.
Anche il cambio operato a stagione in corso, con l’uscita di un deludentissimo Augustus Gilchrist e l’ingresso di Juvonte Reddic, è stato tutto sommato positivo. L’ex Pesaro è partito fortissimo, con una serie di ottime prestazioni, salvo poi spegnersi lentamente alla lunga. Ma è stato certamente un upgrade rispetto al suo predecessore, anche se verrà sostituito possibilmente con un lungo dotato di maggior stazza.
Unica nota stonata della stagione, probabilmente, è stata Matteo Imbrò, che ancora una volta non ha mostrato quei miglioramenti che tutti si attendevano da lui. Ora la società gli sta cercando una sistemazione alternativa, per vedere se un anno ad altre latitudini potrà smuovere un processo di crescita che sembra essersi bloccato. Resta il problema di ingaggio molto alto, però, al momento.
Gli obiettivi per la nuova stagione sono già stati dichiarati: cercare di confermare quanto fatto quest’anno e provare a entrare ai playoff magari con una posizione migliore. Il budget sarà lievemente ritoccato verso l’alto, ma niente di eccezionale. Le Final Eight di Coppa Italia già un primo traguardo intermedio a cui guardare.
Non sarà comunque facile, e ancora una volta, con tutta probabilità, ci si dovrà preparare a una stagione di battaglie.