Una stagione che non rimarrà a lungo nella memoria degli appassionati capitolini quella chiusasi a maggio del 2015 per la Virtus Roma, forse la più contraddittoria della sua storia.
Già, la storia. La storia della Virtus Roma è un fulgido esempio di stabilità nei quartieri alti del basket italiano, ben 16 anni di fila ai Playoffs prima della cocente eliminazione nella stagione 2010-11, l’ultima apparizione in Euroleague e di un conseguente calo di livello delle “prospettive” d’espansione del progetto basket di vertice nella capitale.
Una Virtus Roma che comunque, pur avendo un roster buono ma non eccelso ai nastri di partenza a causa dell’ennesima riduzione del budget per il terzo anno di fila (nonostante si fosse reduci nei due anni precedenti da una finale scudetto e da una semifinale scudetto..), era riuscita grazie al binomio confermato in panchina e sulla scrivania e cioè Luca Dalmonte e Nicola Alberani, a mettere in piedi una squadra con buon carattere, discreto potenziale tecnico da poter sviluppare nel corso della stagione ma con limitate dosi sia di talento ma anche di sangue freddo a causa di una presenza eccessiva di risorse poco navigate a sopravvivere nel duro campionato italiano.
Una stagione dicevamo contraddittoria, ai limiti della schizofrenia cestistica. Esaltante, splendente in Eurocup, con delle prestazioni ai limiti del perfetto cestisticamente parlando specialmente tra le proprie mura. percorso netto in casa, battute tutte le avversarie senza alcuna distinzione e fior di squadre come SLUC Nancy, CEZ Nymburk, Saragozza, Cedevita Zagabria, Krasny, Oldenburg ed anche il Banvit, fatale nel doppio scontro valevole per la qualificazione ai quarti di finale proprio contro i turchi solo per un ultimo periodo in trasferta scellerato e poco attento.
In campionato invece partite spesso incompiute, insipide e sempre poco risolute fuori casa, un po’ meno scontate e combattute invece al Pala Tiziano. Lodevole da parte della dirigenza il tentativo di provarci sino in fondo rivoluzionando la squadra concepita e messa insieme a settembre, nonostante l’arrivo in extremis (esattamente 48 ore prima delle F4 di Supercoppa di Sassari), di coloro che alla fine risulterà l’MVP del team durante tutta la stagione, quel Rok Stipcevic che ha veramente regalato ai tifosi virtussini momenti di un basket forse poco appariscente ma molto, molto concreto con delle prestazioni spesso da trascinatore.
Sì, lodevole il tentativo di provare a guadagnarsi almeno un posticino ai Playoffs da parte dei Dalmonte’s Boys dopo il disastroso girone di andata. Lodevole quindi la voglia di rivoltare letteralmente la squadra e consegnarne una nuova al campionato, una nuova ACEA in versione 2.0 appunto grazie agli innesti da febbraio in poi di Ndudi Ebi (una dedizione alla causa veramente positiva), Austin Freeman (troppo alterno), e Ramel Curry (un giocatore straordinario per talento e carisma), di Mika Vukona non è il caso di dire molto….
Ma delle volte le toppe, seppure messe molto bene su di un abito strappato da parte di un sapiente sarto, fanno pur sempre vedere le cuciture e se l’abito viene messo alla prova dello “strappo”, le toppe possono scucirsi rovinosamente. Ed è proprio quanto accaduto all’ACEA 2.0: vincente e tosta in casa da febbraio in poi, timida ed impacciata fuori dalle mura amiche dove sarebbe stato necessaria una vittoria sola per raggiungere il traguardo dei Playoffs nell’ultimo mese. Deficit di personalità purtroppo, quando vinci comodamente o quasi in casa e perdi a volte anche nettamente le gare vitali fuori casa, le cose stanno proprio così.
Una stagione che ha comunque messo in luce, ad esempio, alcune ottime individualità come Melvin Ejim, partito in sordina ma poi lentamente segnalatosi come un elemento valido e di prospettiva anche per dei Top Teams Europei. Per il resto, buona la performance di Kyle Gibson prima che si dovesse arrendere all’infortunio che lo ha tolto di mezzo per tutta la stagione ma sempre in determinate condizioni di gioco mentre deludente a conti fatti l’ex-MVP del campionato belga del 2013-14 Maxim De Zeeuw: grande fisico, grande potenziale offensivo ma pesanti e frequenti distrazioni difensive ne minano credibilità sui due lati del campo.
Detto della grande stagione di Rok Stipcevic, anche Bobby Jones ha dato il suo, eccome. Ottime prove per quasi tutta la stagione ma dopo la sosta per la F8 di Coppa Italia, da metà febbraio in poi, al suo rientro in Italia dal breve periodo di ferie, diverse gare sottotono tranne la gara in casa vs Pistoia, poi la frattura del metacarpo a Milano (una Milano molto reattiva e decisa contro Roma quel dì, al contrario di quanto visto poi nelle sfide successive), ha forse dato il via alla definitiva fine del suo rapporto con la Virtus.
Ed anche Capitan Lollo D’Ercole, ha dato il suo contributo risultando un collante importante ma spesso in difesa, in attacco ha faticato non poco.
Per il resto solo scommesse perse. A partire dall’ex MVP della LNP a Trento Brandon Triche. Talento chiaro ma carattere di farina, un ragazzo che purtroppo non è riuscito a coniugare il suo credo cestistico con i dettàmi di Luca Dalmonte, risultato un’ottima partenza in Eurocup ma i campionato tanta, tanta fatica sino alla retrocessione da starter five a sesto uomo con esiti sempre meno positivi, sino al triste taglio per il suo incredibile comportamento. Per finire, Jordan Morgan. L’ex Michigan University ha mostrato voglia di fare e di apprendere al suo primo anno da rookie ed anche un discreto istinto alla battaglia ma ben presto il suo talento tecnico, non di primissimo lignaggio, si è unito ad un’indolenza ingiustificata, specie dopo “l’addio” a Triche. Logico quindi il conseguente arrivo di Ndudi Ebi.
Comunque, più che parlare di ciò che è stato, al momento si dovrebbe parlare di quello che potrebbe essere. Il futuro è ancora incerto per la nuova Virtus, il Presidente Toti ha pubblicato una settimana fa una lettera in verità realistica facente capo alle difficoltà economiche del club ed alle apri difficoltà nel reperire nuovi soci od adepti pronti assieme a credere nella causa. Il parere di chi vi scrive è stato già trascritto su questo sito in quella occasione, al Presidente Toti non difetta la passione o la voglia di fare, mista ad una concreta dose di autocritica ma la sensazione è che questa dose di autocritica che merita sempre stima e considerazione, sia sempre postuma e non contemporanea.
La Virtus Roma s’iscriverà quindi al prossimo campionato, poco ma sicuro come è sicuro che il budget a disposizione sarà però minimo rispetto allo scorso anno, quasi da A2! Ma non è detto però, perché se arrivassero intanto altri sponsor le cose potrebbero migliorare in corsa. Ma, domanda, come si può programmare una stagione in queste condizioni? Una stagione alla Pesaro delle due ultime stagioni quindi, con tutto il rispetto? Eh sì, del resto il Presidente Toti non sembra proprio intenzionato a vendere la propria quota o la proprietà piena senza un’adeguata contropartita ed a questo punto…Ma considerando com’è andata quest’anno Roma, quanto potrebbe costare rilevare il pacchetto intero? E’ conscio Toti che questo significherebbe “condannare” la Virtus Roma ad un probabile campionato da retrocessione in A2?
Sarebbe meglio parlare di chi potrebbe essere il nuovo tecnico, come potrebbe lui far giocare la nuova Virtus 2015-16 e chi potrebbe scegliere sul mercato grazie al lavoro di Alberani ma, sia chiaro, anche il GM non può essere sempre l’uomo dei miracoli (ammesso che resti….). Anche l’anno scorso ha fatto un buon lavoro commettendo però qualche errore come è naturale che possa accadere: Perry Petty come play prima di tutto; la non comprensione del complesso carattere di Brandon Triche sul quale poi puntare troppo l’asse del team; e per ultimo l’arrivo di Mika Vukona, un pesce letteralmente fuor d’acqua. Cosa potrebbe portare a Roma l’uomo di Forlì con un budget ancora più ridotto rispetto all’anno prossimo e senza neanche l’esca dell’Eurocup come l’anno scorso e due anni fa?
I prossimi giorni ci diranno cosa potrebbe accadere ma l’ipotesi di una Roma a cenerentola della Lega A, giorno dopo giorno, sembra essere l’ipotesi più credibile.
Fabrizio Noto/FRED