Vedere Miami al 3° posto della propria divison dietro a Orlando e Atlanta ha tutta l’aria di uno scherzo per la squadra campione NBA in carica.
Invece è la mera verità che trova come giudice il campo, con il verdetto impietoso di 6 vinte e 8 perse, una partenza stentata che ha tutta l’aria di essere una conseguenza diretta di quell’appagamento post titolo previsto dagli addetti ai lavori in off season.
Lo stesso Riley dopo la sonora batosta contro San Antonio, gara che nel solo primo tempo vedeva Miami già pronta alla resa, è uscito dagli spogliatoi infuriato come non succedeva da secoli, tuonando ai media il proprio testuale disgusto per la prestazione offerta senza lesinare fulmini, come questo: “finora ho fatto il buon padre. Quel tempo è finito”.
Non gli è proprio andato giù il comportamento lascivo di alcuni uomini tra i più importanti della squadra, rincarando la dose con un eloquente “nessuno ha il posto garantito, nemmeno di fronte ad onerosi pluriennali”… ogni riferimento a Ciccio Walker è puramente voluto.
Di fatto le successive tre gare hanno visto un repentino cambio di marcia per la franchigia, tradotto con 2 vinte ed un persa, contro Orlando, in modo rocambolesco all’ultimo secondo.
[b]Soluzione dei problemi?[/b]
Certamente no, anche perchè ora come ora il gioco degli Heat è ancora lungi dall’essere accettabile, ma qualcosa sembra essersi smosso, l’orgoglio del guanto e di Walker sembra essersi risvegliato dopo il panchinamento punitivo e le due vittorie contro Bobcats e Sixers, sebbene fossero test poco attendibili, hanno ridato un po di fiducia all’ambiente, sull’orlo della crisi, dopo i 20elli subiti da Hornets, Rockets e addirittura Knicks senza contare il disastroso -40 contro Chicago nell’opening game.
[b]Qualche cifra sparsa…[/b]
Al momento l’attacco di Miami è il penultimo della NBA, avanti di spiccioli da quello degli Hornets, con 91.8 punti di media (su cui influiscono i 103 di media nelle ultime 3 gare, altrimenti il dato sarebbe ancora più impietoso), e lo scarto medio tra punti fatti e subiti è il peggiore, con -7.1.
Dati significativi che fotografano ad hoc le difficoltà di Miami in questo primo mese di regular season, a cui vanno ad aggiungersi i cronici problemi di infortuni di Shaq e recentemente il fastidioso stop di Posey.
Riley negli scorsi giorni, ha voluto punzecchiare lMDE spronandolo a perdere peso per risolvere i suoi problemi alle ginocchia in questa fase di carriera – problemi che lo terranno fuori almeno fino a Natale e per ritornare al pieno dellefficienza al servizio della squadra perchè nonostante il vistoso calo fisico, e statistico, rimane comunque una presenza dominante in post basso, tale da rendere la sua sola presenza ancora determinante per le strategie difensive delle squadre avversarie che si traducono in spazi per i propri compagni, in primis Walker.
Senza Shaq è tutta un’altra Miami, troppo sbilanciata sul perimetro con Wade a farla da padrone ma anche a sobbarcarsi carichi altissimi di responsabilità, che minano alla qualità del suo gioco esigendo quantità, cosa che comunque non fa di certo mancare come dimostrano i suoi frenquentissimi 30lli accompagnati da valanghe di assist.
Attualmente con un Wade “normale” da 20 punti e 5/6 assist Miami sprofonda, con un Wade da 30+10 “forse” vince.
[b]Note liete[/b]
Non vi è solo delusione per la falsa partenza dei campioni in carica.
In casa Heat, complici gli infortuni ed il periodo di appannamento di Payton e Ciccio Walker, stanno finalmente trovando spazio, responsabilità e sicurezza Wright e Kapono.
Il primo, da sempre mio pupillo, sta semplicemente stupendo per come regge con profitto il campo, con lampi di talento abbaglianti e tanta concretezza.
Dopo 2 stagioni in pratica a osservare ed incitare i compagni, data lassenza di Derek Anderson (accasatosi qualche giorno da fa ai Bobcats) e Shandon Anderson, è stato catapultato in quintetto, contribuendo a suon di punti e rimbalzi alla striscia positiva di Miami, ben supportato dal tiratore bianco ex Cavaliers.
Kapono merita un discorso a parte. Al draft del 2003 si presentò alla stampa dicendo se mi chiamavo Kaponovic venivo scelto al primo giro, forse la sacrosanta verità, ma la sua carriera non ne ha tratto tanto beneficio.
Almeno fino ad adesso, perché il suo tiro da fuori piazzato e la sua intelligenza cestistica nelloccupare spazi e leggere le situazioni lo sta portando a giocare minuti importanti benché sia un difensore modesto per gli standard NBA e pessimo per quelli di Riley.
[b]Insomma, cosa aspettarsi da questi Heat?[/b]
Beh, innanzitutto che tornino sui loro standard, nelle zone alte di classifica come di competenza, vivacchiando fino a febbraio per poi dare il classifico giro di vite dopo lAll Star Game e iniziare il rodaggio per la rincorsa al repeat.
Anche lo scorso anno gli Heat partirono in sordina, e finchè non subentrò Riley si parlava quasi di fallimento salvo poi ritrovarsi sul tetto del mondo a metà giugno.
Questanno la sfida è ri-vincere, cosa molto più difficile che vincere, ma con quel gran motivatore di Riley al timone, io non scommetterei mai contro i miei Heat.
Alla prossima.