22 vinte e 9 perse, il primo posto nella Northwest division ed il quarto record NBA. Questa, in sintesi la favola degli Utah Jazz, la squadra dello stato dei mormoni, la squadra della città dove nessuno vuol giocare per via di una tranquillità che gli esseri umani normali quasi agognano ma che le star NBA rifiutano con fastidio. Quella dei Jazz è la favola di Jerry Solan, lallenatore più longevo dellNBA, diciotto anni filati alla guida di questa squadra, dato per bollito, ed invece ancora capace di stupire, di allenare e di modificare il suo approccio al gioco, cosa non semplice ma soprattutto cosa che in molti non avrebbero nemmeno scommesso.
I Jazz che in preseason erano quasi dati per spacciati, con un gruppo a lungo giudicato come sopravvalutato e strapagato, oltre che povero di talento, sono invece la più grande sorpresa di questa stagione. Trascinati dal trio delle meraviglie Williams-Boozer-Okur, i ragazzi allenati da coach Solan esprimono un basket solido, raramente spettacolare ma estremamente redditizio. Gran parte dei meriti sono di Deron Williams: presentatosi molto più magro ed animato da uno spirito di rivincita senza pari dopo un anno da rookie duro al punto che qualcuno già si domandava come i Jazz avessero potuto scegliere lui e non Chris Paul. Il point man ex Illinois sta producendo un annata talmente positiva che qualcuno ha già osato tirare in ballo paragoni con sua maestà Stockton (da cui Deron è stato a ripetizione per una decina di giorni questestate): 17 punti e 8 assist di media il controllo completo della squadra, canestri pesanti nei momenti cruciali e scelte quasi sempre azzeccate, oltre alla solita e solida difesa ne hanno fatto uno dei migliori play NBA già oggi.
Non è solo grazie a Williams che i Jazz sono così in alto, anzi, è Carlos Boozer, la vera sorpresa nella sorpresa. Etichettato come mercenario di bassa lega, accumula statistiche, inutile orpello ed anche come giocatore scarsamente resistente al dolore, al centro delle lamentele dellowner Larry Miller lo scorso anno, che si malediceva di averlo strappato ai Cavs pagandolo a peso doro. Il prossimo Karl Malone come lo etichettò alluscita da Duke il suo coach Mike Krzyzewski, questanno sta producendo una stagione da MVP, in barba ai critici: 22 punti 12 rimbalzi e 3 assist di media. Cifre degne di Garnett o di Duncan, ma soprattutto unincisività sui destini del proprio team che ancor oggi molti faticano a riconoscergli; il suo giro e tiro dal post basso, con uno stile che ricorda il Kevin McHale dei Celtics è unarma semiautomatica, così come il gancetto, sia di destra che di sinistra, se proprio un difetto gli si deve trovare sicuramente rende poco in difesa, punto debole un po di tutto il reparto lunghi dei Jazz, ma al momento è di gran lunga lala forte più continua, ad alti livelli, del campionato.
Il terzo polo dellattacco dei Jazz è costituito da Memo Okur, il turco è un lungo moderno (atipico si sarebbe detto una volta, peccato che ormai i lunghi atipici siano quelli che giocano in post basso) privo di qualsiasi movimento vicino a canestro e per nulla esplosivo, ma con una mano fatata dallarco e dal gomito della lunetta, con il suo gioco perimetrale apre praterie per gli uno contro uno di Boozer, per le incursioni di Williams e per le giocate dinamiche di Kirilenko, difensore rivedibile e rimbalzista poco efficace, ha trovato accanto all’ex Duke la sua dimensione ideale, fatta appunto di pick and pop, di ricezioni in lunetta e di giocate fatte dintelligenza e furbizia, doti con cui sopperisce ad un atletismo degno di un cinquantenne. Firmato con un ricchissimo pluriennale, circa 8.5 milioni di dollari lanno, e bersaglio, insieme al compagno di frontcourt Boozer, titolare peraltro di un contrattino da quasi 12 milioni di dollari lanno, delle critiche della stampa specializzata, è in continua crescita e si sta rivelando un affare non da poco anche per le sue invidiabili capacità di go to guy, imbeccato spessissimo sulla linea da tre punti da Williams, con cui gioca il micidiale pick and roll che è alla base del gioco dei Jazz.
Un capitolo a parte merita Kirilenko, il russo nonostante unestate di riposo continua ad avere i soliti problemi alla schiena che ne limitano le esplosioni di puro atletismo, nonostante ciò continua a difendere come un matto su qualsiasi tipo di giocatore Sloan gli metta di fronte ( nella stessa partita, una gara casalinga contro i Clippers, ha fatto tranquillamente a sportellate con Brand per poi difendere con successo su Maggette) gioca spesso in punta nellattacco Jazz, quasi da play occulto, quando Williams gioca da guardia e fa tutto quello che serve alla squadra, tantè che quando tira sopra il 50% dal campo i Jazz sono 11-3. Il quintetto titolare dei Jazz è chiuso da Derek Fisher, chiamato alla corte di Solan come polizza assicurativa sul rendimento di Williams si sta rivelando utile più come consigliere della giovane point guard che come suo cambio, anche se spesso i due giocano insieme, visto che nei non rari momenti di empasse dellattacco Jazz, lex Illinois viene spostato in guardia, essendo lunico esterno dei Jazz in grado di creare qualcosa dal palleggio, e in posizione di play gioca proprio Fisher, scafato e tiratore, oltre che buon difensore e passatore. Tutto questo sviluppando i vari giovani che i Jazz hanno scelto in questi anni: Brewer, che al momento vede poco il campo ma che con il tempo potrebbe diventare il compagno ideale di backcourt di Williams, Dee Brown, ex compagno di università di Williams e suo attuale cambio, CJ Miles guardia ex liceale, che godeva di buona reputazione al liceo ma che al momento si guadagna scampoli di partita difendendo come un matto sui 2 avversari, in pieno stile-Sloan, ed infine Paul Millsap, che tecnicamente è unala alta con il fisico di unala piccola, ma in realtà è una sorta di Bo Outlaw in salsa mormone, una dinamo incapace di star ferma, pronto a difendere su qualsiasi tipo di avversario con una foga irreale e pronto a sacrificarsi al massimo per il bene della squadra, nonché, nota di merito non da poco, uno dei pochi singoli su cui Solan si è lasciato sfuggire un commento positivo. Chiudono la panchina Gordan Giricek, tiratore croato vittima di una sequela di infortuni che ne hanno limitato limpiego ma che grazie al suo tiro anche dalla lunga torna utilissimo nelle serate di scarsa vena di Williams e Fisher, Matt Harpring, guerriero mai domo, anchegli vittima di molti infortuni ma sempre pronto a riprendersi ed a tornare in campo (con risultati più che discreti) e Jarron Collins, lungo di rincalzo pronto a dare minuti e falli sotto canestro. Una squadra tuttaltro che stellare quindi, ma proprio perché coscienti di non essere un dream team i giocatori sono pronti ad eseguire alla lettera gli ordini di coach Solan. I Jazz sono una delle squadre che difende meglio e con più continuità, eseguono i giochi sempre con grande precisione e raramente mollano mentalmente, qualità importanti per un gruppo che non fa del talento debordante una propria peculiarità.
Il merito di tutto questo lo si deve a coach Solan, quello che si rifiutò strenuamente di raddoppiare Jordan, lo stesso coach che ha saputo accettare i limiti difensivi di Boozer ed Okur, ha saputo gestire bene larrivo in NBA di Deron Williams, ed una panca di giovanissimi, lui, Sloan quello che i rookie non li faceva giocare. Jerry Solan quello che lundici dicembre, nellagevole vittoria contro i Mavs ha abbattuto il muro delle 1000 vittorie in carriera quinto assoluto nella storia dellNBA. Signori, giù il cappello.