E’ difficile per un giocatore, emergere di questi tempi a Portland.
Il record e’ ampiamente negativo da tre anni a questa parte. La città non ha il fascino delle grandi metropoli come LA o NY. Ne’ la sidentifica al di fuori per qualche personaggio o evento particolare. Che so, un film, un gruppo rock, una storia.
Qui c’e’ solo Chuck Palahniuk, e considerando quello che scrive, meglio che non si sappia che e’ nato e vive qui. Un angolo di natura incontaminata e vecchie tradizioni puritane (qui bruciavano le streghe nelle notti di Salem)
Negli ultimi anni, l’unico termine che si accosta all’unica franchigia professionistica di tutto l’Oregon e’ “JailBlazers”. Non certo lusinghiero. E poco importa se oramai qui, di gente poco raccomandabile o “thugs”, come li chiamano negli USA, non ce ne sia proprio più. E che d’altronde, non si arriva piu’ alle gare 7 della finali di conference (sigh). Ah si, i Blazers sono anche una delle squadre possedute da Paul Allen, il socio “sfigato” (si fa per dire) di Bill Gates.
Eppure… eppure quest’anno e’ diverso. Roy e’ il nome che risuona dappertutto. Piu’ di Randolph, che nonostante ammassi numeri impressionanti, non viene chiamato all’All Star Game (per forza, gioca a Portland, mica nei Lakers). Il ragazzo da Washington sta entusiasmando tutti. E considerato il discorso precedente, sulla poca visibilita’ nazionale e la scarsa fama della squadra, il fatto di andare a Las Vegas vale doppio. Ma come si fa a non chiamare un rookie che ha gia’ in mano le redini di un team NBA?
E arrivano pure le vittorie. E l’aggressività, la grinta, la voglia di vincere. Con i tiri all’ultimo secondo, gli overtime combattuti in trasferta, le rimonte impossibili. Insomma quelle cose che fanno tanto divertire i tifosi. Anche le sconfitte, quando ce la si gioca, hanno un sapore diverso. E quando anche le scelte più di emergenza come l’ala indigena Ime Udoka, diventano vincenti… be’ allora qualcosa sta davvero cambiando in quel di Portland.
E ci sarà un motivo se lo stesso Paul Allen, dopo aver fatto fallire Il Rose Garden e messo in vendita la squadra in estate, si e’ rimangiato tutto. Via i Blazers dal mercato, via con la ricerca di free agent e udite, udite, via con il riacquisto dell’Arena persa cosi’ rovinosamente nel 2004. Che volete che sia, cedere un intero palazzetto con tutti gli introiti che si ricavano per evitare ulteriori perdite e riprenderselo indietro per qualche centinaia di milioni di dollari.
Che volete che sia? Secondo me, un presidente appassionato che ha ritrovato entusiasmo.
Intendiamoci, anche per questanno, niente playoff. L’Ovest e’ troppo competitivo per permettere a questi ragazzini di spuntarla. E non mancano gli errori, le presunzioni e le dormite difensive e offensive tipiche di una squadra giovane e in crescita. Ma l’anno prossimo…
Quel che c’e’ di buono, e’ che manca una vittoria per migliorare il record (orribile) dell’anno scorso. E che giocare in casa comincia ad essere un fattore. C’e’ voglia di crescere e di non aspettare la fine della stagione e qualche effimero sogno di lottery-pick (sempre disattesi da queste parti)
I Blazers fra l’altro, possono sfruttare un paio di buoni contratti da cedere. Magloire su tutti. Inoltre con Rodriguez, sembrano aver pescato un ulteriore jolly. Il play spagnolo sembra destinato a grandi cose in questa lega.
Poi Aldrige, che non sta deludendo le aspettative, e il già citato Udoka, che potrebbe significare il definitivo addio a Darius Miles, quando questi guarira’ dal suo infortunio. E cioè non prima della prossima stagione.
Come dire che il cerchio si chiude.
La strada e’ lunga, non priva di ostacoli, ma ben asfaltata.