[i]”Juliuuuuss EEErving.”[/i] diceva il compianto Dave Zinkoff quando i Sixers vincevano nell’83 il titolo NBA. [i]”Go Sixers, beat LA”[/i] era il cartellone che Pat Croce è andato ad attaccare sul Walt Whitman Bridge durante la serie finale del 2001, dimostrando quanto, a suo pazzo modo, amasse la sua squadra.
Sulla strada dei Sixers, gli odiati Lakers, avversari di sempre, talentuosi e snob per natura, agli antipodi rispetto alla concezione di vita della città dell’amore fraterno.
Anche venerdì è andata in scena l’ennesima battaglia dell’infinita guerra tra le due squadre, ma gli interpreti in campo non erano nemmeno paragonabili a quelli di un lustro fa, quando queste due squadre lottavano per l’argenteria anulare o per un posto al sole a tardo aprile.
I Sixers arrivavano da quattro vittorie in fila, tutte casalinghe, mentre i Lakers da altrettante sconfitte, unite al caso Bryant e al suo braccio “calante”.
Come sempre quando [i]KB#24[/i] cala a Philadelphia, le partite iniziano con il botto e 18 dei primi 35 punti dei Lakers portano la sua firma in uno show balistico ormai abituale per gli ostili tifosi casalinghi.
Phila dopo un quarto di contemplazione, comincia ad esprimere il suo basket atletico, fatto di velocità ed intenistà. La vera chiave di volta dell’attacco biancorossonero arriva quando [b]Kyle Korver[/b] si smette la tuta ed entra in campo assieme a Joe Smith. Il tiratore da Creighton è diventato, con [i]”‘Dre”[/i] (Miller ndr) in cabina di regia, un giocatore molto più efficace e continuo, infatti il sistema di blocchi per farlo ricevere in uscita su uno dei due lati è ormai collaudato, ma soprattutto il suo movimento senza palla e la miglioratissima capacità di leggere le difese, gli hanno permesso di trovare anche soluzioni alternative. La sua partenza sulla linea di fondo è la base della circolazione a difesa schierata dei Sixers, che cercano di armargli la mano quanto prima nell’azione, per far si che le attenzioni che gli vengono rivolte siano convertite in libertà per i suoi compagni.
L’attacco a metà campo, sebbene contro una difesa non proprio ostica come quella dei Lakers di oggidì, non è più stanziale e contemplativo come quella del [i]”Vangelo secondo Iverson”[/i], ora la palla viene recapitata con più fiducia in [b]post basso[/b], aprendo l’area e generando tagli flash all’interno del pitturato, che spesso portano a canestri facili. Il post basso può essere occupato proficuamente anche da Miller ed Iguodala che possono sia conludere a canestro in isolamento, che pescare i tagli dei compagni, grazie all’innata visione di gioco e ad una indubbia capacità di passaggio in spazi angusti.
Il neo acquisto da Denver si sta rivelando un leader silenzioso, che ha tramutato la squadra in una 4×100 di atletica leggera, annoverando sulle corsie laterali del contropiede, atleti del calibro di Iguodala, Green e rimorchi come Dalembert e Hunter. Anche in questa partita l’attacco da rimbalzo difensivo o palla recuperata non lascia il tempo agli avversari di pensare, ma parte subito facendo viaggiare palla e uomini a velocità elevatissime per canestri direttamente da contropiede o da transizione.
Nella partita contro i gialloviola la difesa non è stata delle più attente, ma la presenza interna di Dalembert e Hunter ha permesso tanti recuperi e tiri alterati che hanno scatenato le congeniali situazioni di campo aperto.
La squadra ha la mente sgombra da qualsiasi problema di classifica, ha tutto da guadagnare da questa fallimentare stagione, ma sta cominciando a gettare le basi che dovranno portarla alla vera rifondazione nel giro di due anni.
I giovani a roster sono facilmente allenabili e Mo Cheeks finalmente sente “sua” la squadra, può gestire un parco giocatori più ampio e ha ritrovato nel volto dei suoi la voglia e il divertimento nel giocare.
Tutte queste analisi sono più o meno condivisibili, ma se non ci fosse AI a guidare questi giovani erranti non staremmo parlando di Phila a 4.5 partite dall’ottavo posto ad est. Sono sempre queste due lettere a fare capolino idealmente, di fianco al nome dei Philadelphia 76ers, se non che ora sono associate ad [b]Andre Iguodala[/b] e non più ad Allen Iverson.
Molti ad inizio anno asserivano che il suo gioco era solo basato su fisico ed atletismo, ma da quando il vecchio AI ha lasciato la sua casa, il cyberg in maglia numero nove ha cambiato registro, mettendo in mostra tutti i suoi miglioramenti tecnici e di comprensione del gioco. E’ diventato un tiratore piazzato di buonissimo livello (il suo rilascio è ancora da affinare e quando deve costruirsi un jump shot in movimento si nota), è diventato un passatore efficacissimo in qualsiasi parte del campo (post basso, punta, gomito), mentre atleta e saltatore lo è sempre stato e di certo non ha perso smalto.
Il suo impatto sui due lati del campo è assoluto e anche se in difesa si fida ancora troppo delle sue doti atletiche e delle sue braccia interminabili, siamo di fronte, come già detto qualche articolo fa, ad uno Scottie Pippen “in the making”.
Anche il pubblico ha ritrovato lo smarrito attaccamento alla squadra ed ora il Wachovia Center è tornato ad essere un’arena degna di tal nome. Solamente un mese fa alle partite casalinghe, trovavano vasti spazi vuoti e un clima piuttosto gelido nei confronti della squadra. Nel match contro i Kings di fine febbraio alcune organizzazioni di tifosi vicini alla squadra, hanno manifestato il loro disappunto vedendo un disinteresse dilagante e un’ indolenza non degna del, pur esigente, pubblico di Phila. La polemica è servita a restituire tono sia alla squadra che al pubblico, che ora sembrano aver ritrovato un pò di quel feeling smarrito dopo la delusione affettiva del caso Iverson.
Il destino della franchigia dipenderà molto dalla lotteria del prossimo giugno, infatti dopo la serie di vittorie, alcuni tifosi hanno addirittura invitato la loro squadra a non esagerare con le W visto che più palline con stemma “76” ci sono nell’urna, più possibilità ci sono di portare a casa talenti del calibro di Durant e Oden. I ragazzi di Cheeks non hanno dato molto peso alla “simpatica” esternazione e hanno continuato la striscia battendo proprio i Lakers in casa e i Pacers a domicilio.
[b]Cheeks[/b] dalle ultime indiscrezioni sembra candidato a ritornare anche l’anno prossimo sulla panchina, anche se nello scetticismo di molti tifosi c’è ancora l’ombra imperante di Larry Brown.
Probabilmente il tempo per tornare ad alti livelli dipendera da una pallina da ping pong, ma per ora godiamoci gli esuberanti e fisici Sixers di questo periodo, perchè con tutti i loro difetti, sono belli e spettacolari come poche altre squadre “in this really moment”.