King James…The chosen one…o semplicemente LeBron James, un ragazzo di nemmeno 23 anni, destinato ad entrare nella storia del gioco.
Scegliete voi la descrizione che preferite, di sicuro più passa il tempo e più a proposito della carriera di James si possono identificare due precise correnti di pensiero, e proveremo a descriverle.
LeBron James difficilmente può essere etichettato come giocatore di basket con un appellativo diverso da “All-Star”! Le cifre individuali, le prestazioni sul campo, i contratti milionari dicono questo, mettono LeBron nella stretta cerchia degli “inarrivabili” dello sport americano e mondiale. Tiger Woods, Schumacher, Ronaldinho, Valentino Rossi e perchè no: LeBron James!
Una macchina da canestri (non che sappia fare solo questo su un campo da basket) e una macchina da soldi. Inevitabile. Deve averlo pensato anche la Nike nel momento in cui decise di dargli un contrattone da oltre 90 milioni di dollari.
Non i primi soldi intascati da James, pare ovvio, e non solo ultimamente, vista la risaputa questione della vettura – chiamiamola così – regalatagli dalla madre per il 18° compleanno, quando King James era ancora all’high school.
Non la prima volta che fatti del genere accadono, non l’ultima, nessuno darà mai la “colpa” di questo a LeBron e al suo entourage, nessuno ormai si scandalizzarà. E’ così che gira il mondo…
Sul campo James è una “point-forward” se mai ne è esistita una! Ruolo sulla carta da numero 3, per altezza, peso, doti atletiche, in pratica il vero playmaker dei suoi Cleveland Cavs, una franchigia che ha decisamente cambiato rotta nel momento in cui gli Dei del basket, e non solo, hanno fatto uscire in quel di NYC la pallina giusta. Era l’estate del 2003. Quella del draft che col senno di poi ha ridisegnato e disegnerà l’NBA dei prossimi 10 anni. Carmelo Anthony, Wade, Bosh & C.
Primo della classe ovviamente…Il Prescelto (come titolava Sport Illustrated in tempi non sospetti). Certo anche James avrebbe bisogno di migliori “discepoli” se è vero che Wade – scelto dopo di lui, e dopo Anthony – sfoggia da qualche mese un anellino, quell’anello per cui tutti (TUTTI) nel mondo del basket sognano un giorno di poter competere, e ovviamente vincere, non da soli, certamente: più facile e possibile che accada con Shaq, Zo, Payton, Walker, Jason williams e tutti gli altri Heat che con questi Cavs!!!
Dice: anche Jordan prima di Pippen, di Coach Jackson e di tutto il supporting-cast non aveva vinto nulla, anzi, si ritrovò punto fermo di una derelitta franchigia come i Bulls dei tempi che furono, e l’anello lo sognava forse – sicuramente! – la notte e basta. Nessuna chance di avvicinarsi a tale trofeo, finchè un giorno…
Quando arriverà questo giorno per Cleveland e il suo uomo franchigia? Quest’anno? Difficilino…L’anno prossimo? Può darsi, ma con quei contratti (Hughes, Ilgauskas) si va poco lontani, anche scambiando. I playoffs si fanno, questo sicuramente, tanto sicuramente non si vedranno per questo motivo scelte altissime nei prossimi anni. La cometa, dopo tutto, passa una sola volta nella vita.
Non è ovviamente compito di James “costruirsi” una squadra attorno, una squadra che lo porti e che lui sappia portare almeno in finale di Conference, per non dire alla finalissima, per non dire al titolo di campione NBA.
Se Stockton e Malone hanno chiuso senza argenteria, e non solo loro, potrà mai succedere che lo stesso James concluda allo stesso modo una carriera da fenomeno – mediatico e sul campo – ma priva di successi se non individuali? Titoli da MVP ne arriveranno, pare certo, che siano della stagione regolare o dell’All-Star Game. Perchè poi MVP delle finali, a parte Jerry West non se ne ricordano altri, vincitori di tale trofeo, ma sconfitti, e sempre bisogna arrivarci, a questa benedetta finale, e sarebbe già qualcosa.
Giocatore capace di caricarsi sulle spalle una squadra intera fino a condurla alla terra promessa? Da dimostrare!
James quest’anno viaggia a 27.4 punti a partita, conditi da 6.7 rimbalzi e ad un niente dai 6 assist per gara. Non male per un ragazzone di 2,03 metri per 108 chili, un vero e proprio tight-end se si parlasse di football, un giocatore che in quella veste potrebbe correre, bloccare, ricevere.
Sul parquet James sa fare tutto, le cifre lo dicono, lo dice chiunque lo vede giocare. Coinvolge i compagni, soprattutto all’inizio, con un fare di Jordanesca memoria. Poi si mette in proprio, alla Kobe, con la spinta dell’eroico tentativo di vincersela da se, una partita, una serie, un’anello. Basta questo? Per il momento no. E, come si direbbe nel calcio, la fase difensiva? Lasciamo perdere.
Sembra che LeBron abbia dichiarato che il suo obiettivo è quello di diventare l’uomo più ricco del mondo. Che male c’è? Forse nessuno, ma se restiamo al basket, probabilmente i tifosi si aspetterebbero dichiarazioni diverse, sogni diversi. E se in fondo in fondo l’appagamento economico, dopo un’infanzia che sarebbe riduttivo definire “solo” difficile, raggiunto o non ancora superato di un ragazzo e della giovane madre avesse spento in James quel fuoco che arde solo per la vittoria, per un maledetto anello da portare a casa, per chiudere la carriera tra i più grandi di sempre e non solo come un Dominique Wilkins (altro paragone sentito di recente, giocatore spettacolare e potenzialmente devastante, con numeri enormi in una squadra non da titolo) qualsiasi?
Abbiamo visto intrecciarsi i pro e i contro, i pareri qui riassunti di chi stravede per LeBron James e chi non lo considera ancora – e forse mai lo farà – all’altezza di un Magic, un Jordan o un Bird. Il campo come sempre “sputerà” la sentenza definitiva, non è possibile saperlo oggi, forse un domani non lontanissimo sì! E allora sapremo se “The chosen one”, il Prescelto, è venuto in mezzo a noi, con un pallone a spicchi in mano, per entrare nella gloria, per fare soldi, o per qualche altro misterioso disegno del destino, per diventare il più grande perdente di sempre.