Il sogno di Miami si stampa fragorosamente contro la muraglia rossonera dei Bulls, che tornano alla vittoria in una serie playoffs per la prima volta dopo laddio di His Airness.
Chi ha definito Miami come la più scarsa squadra campione di sempre starà gongolando, nel vedere gli usurpatori umiliati da uno sweep portato a termine fra le mura amiche, dove negli scorsi playoffs gli Heat erano caduti solo 1 volta in 11 partite.
Chicago è apparsa indubitabilmente troppo forte per Miami. In gara 3 e 4 Miami ha dato tutto quello che aveva, ma come accadeva per chi giocava contro i Bulls di Jordan, era condannata ad eseguire in modo perfetto solo per poter racimolare qualche punto di vantaggio: al primo errore però i Tori rimontavano e scavavano presto uno sconsolante Canion.
A ben guardare però il tonfo di Miami, seppur fragoroso, richiede qualche nota a margine.
Quando Wade si è aperto la spalla, doveva fare quello che il buon senso consigliava di fare. Quello che tutti avrebbero fatto al suo posto. Quello che ha fatto ad esempio Arenas: semplicemente dire: va beh, sfiga, non ci posso fare niente, riproveremo lanno prossimo sperando di essere sani.
Nessuno lavrebbe biasimato, e nessuno avrebbe potuto dire alcunché sulla probabile eliminazione anticipata degli Heat.
Wade invece ha deciso di tornare subito, e lha fatto per un motivo molto semplice: sapeva che gli Heat erano ancora una squadra con qualche cartuccia da sparare per tentare il repeat, ma che erano una squadra senza domani.
Payton al 95% si ritira.
Mourning, per quanto secondo me potrebbe (e dovrebbe) giocare ancora 2 o 3 anni, valuterà seriamente questa ipotesi.
Walker, Williams e Jones (per quanto questultimo sia stato a tratti entusiasmante in regular season) hanno tutti superato il culmine della propria carriera, e ogni anno che passa saranno solamente meno forti.
E poi cè Shaq che, come ho già avuto modo di dire, ha dimostrato di poter ancora fare la differenza (anche se non può più dominare una partita), ma che con i soldi che costa, si può trovare di molto meglio. Per lui il piano era più o meno questo: vinco ancora questanno, poi lanno prossimo parte il farewell tour, alla Michael Jordan alla seconda stagione a Washington, in cui darà laddio una alla volta a tutte le arene in cui è stato grande, con il picco della celebrazione prevista per lall star game di New Orleans, nella Louisiana dove ha fatto il college. Un ultima post season, ritenuta accettabile magari anche solo con una resa gloriosa al secondo turno, e poi il meritato riposo, la carriera cinematografica, la polizia (?!); il tutto mentre lassicurazione pagava gli ultimi due anni del suo contratto e gli Heat potevano ricostruire intorno a Wade la squadra con cui dominare il prossimo quinquennio.
Lesito della serie con i Bulls, lo sweep, il poco impatto avuto, i tanti liberi sbagliati, le palle perse, laver subito Ben Wallace, che per ironia della sorte è stato eccezionale nel rispondere allHack a Ben, tutto questo non può permettergli di uscire di scena a testa alta. E daltra parte Miami non può ritentare lassalto al titolo con la squadra attuale. Se questanno era un azzardo, il prossimo sarebbe semplicemente insensato.
E daltra parte le alternative non sembrano brillantissime: Wade, Shaq e i loro stipendi restano lì. Haslem e Posey presumo saranno riconfermati. Il primo è una polizza indispensabile contro quellorda di ali grandi con gioco da esterni che sta dilagando nellNBA. Il secondo, come dimostrato anche in gara 4, se sta bene è un signor difensore e uno che non teme di mettere il tiro sullo scarico quando la palla pesa.
Probabile che Eddie Jones resti, accordandosi per il minimo salariale o giù di lì, ma difficilmente avrà grande impatto.
A questo punto il cap è quasi già raggiunto, quindi è difficile attirare i free agent con i soldi. Difficile anche attirare qualcuno tramite scambi, visto che il materiale da offrire è costituito da un sempre più inconcludente Walker e un sempre più infortunato Williams.
Tutto questo per dire che Wade è tornato fondamentalmente perché non aveva scelta, ma non era nemmeno la metà del giocatore che è normalmente.
La cosa più impressionante è stato vederlo tirare da fuori.
Normalmente, quando Wade va al tiro dai 5-6 metri, limpressione che dà è di aver forzato il tiro. La distanza infatti è ragguardevole, il difensore/i sempre addosso, e lui è sistematicamente fuori equilibrio. Sembra cioè il classico tiro affrettato senza senso.
Poi però va dentro senza toccare nemmeno il ferro.
E lazione dopo fa lo stesso.
E ancora, ancora.
Quando invece ieri lo vedevo prendere quegli stessi tiri, e stamparli sul ferro uno dopo laltro (che per altro è lunica fine sensata che dovrebbero fare sempre), capivo quanto lavoro ci sia dietro questo fenomeno.
Flash non è certo un tiratore naturale, la sua precisione al tiro è frutto di una confidenza infinita nei suoi mezzi, nellabitudine che arriva dallallenamento, e dal fatto di sentire la partita.
Linfortunio, costringendolo a un mese di stop, gli ha tolto questa confidenza col gioco, questo ritmo partita. E senza, è diventato impossibile mettere in scena il suo show.
Lunico appunto che mi sento di fare a Riley è il solito, reso solo più evidente dalla particolare situazione: non si poteva provare a giocare di squadra, invece di mettergli la palla in mano già dalla rimessa, per poi dover inventare ogni volta qualcosa da solo, col solo ausilio di un P&R alto? E questo ad OGNI azione, a partire dalla fine del terzo quarto?
E vero che con questo sistema lo scorso anno hanno vinto un titolo, ma vista la forma di Wade, non sarebbe stato meglio rimettere Williams e provare a costruire del gioco, per lasciare al numero 3 solo il compito di finire lazione?
[b]La strage delle finaliste?[/b]
Dopo questo lungo sproloquio su Miami (al cuor non si comanda, e per questanno mi sa che abbiamo finito di parlarne), vediamo quali altre indicazioni ci sta dando questo primo turno.
La prima e più sorprendente è che gli Stalloni rischiano di unirsi nel medesimo destino con i loro compagni di finale dello scorso anno.
Il caso Golden State si sta rivelando insolubile. E la cosa è allarmante, oltre ovviamente per i Mavs, anche per il resto della lega. Dallas è in assoluto la squadra più duttile dellNBA, potendo schierare quintetti alti, bassi, veloci, potenti, con tiro da fuori o prerogative difensive, giocatori in grado di cambiare il ritmo dalla panchina o specialisti difensivi per quasi ogni tipo di avversario. Eppure stanno subendo pesantemente i piccoli (è il caso di dirlo) Warriors.
Qualcuno ha accusato Johnson di aver voluto inseguire Nelson e giocare con 5 esterni, togliendo dalla rotazione Dampier e Diop. Credo che non si sia trattato di una scelta di Lle General, ma di un obbligo legato alla situazione: è chiaro che nessuno dei suddetti potrebbe marcare con profitto uno qualunque dei giocatori dei Warriors. Se Johnson avesse avuto Ming, o Curry, avrebbe potuto almeno provare a schierarli per ottenere un mismatch dallaltra parte, e costringere Nelson a tornare sui suoi passi. Trattandosi però di due giocatori improduttivi in attacco, indipendentemente da chi li marca, i Mavs avrebbero avuto solo da perdere facendo giocare i loro due centri.
Bisogna anche dire, a onor del vero, che non è che basti mettere in campo 4 guardie e un ala piccola per poter vincere ogni partita: delle 3 vittorie di Golden State, almeno due sono da attribuire a performance assolutamente senza senso del Barone; le tattiche di Nelson possono magari permetterti di stare in partita in situazioni in cui, roster alla mano, non avresti nessuna possibilità, ma alla fine la vittoria è arrivata grazie a un BD in stato di grazia e finalmente libero da infortuni.
Il protocollo a questo punto vuole che Dallas riesca a strappare il 3 a 2 con una vittoria sul campo amico, mentre i Warriors spareranno tutte le loro cartucce in gara 6, dove i Mavs sono attesi per la più insidiosa imboscata della loro stagione.
Per quanto detto sopra, ritengo che una gran partita del Barone in quella sede potrebbe regalarci il più clamoroso upset degli ultimi anni. In caso contrario, è probabile che la maggior esperienza e completezza di Dallas li aiuti a farla franca in gara 7.
In ogni caso onore ai Warriors.
PS: a parte Phoenix e Chicago, conoscete unaltra squadra in grado di accoppiarsi decorosamente con questi qui?
[b]Che stelle ci sono nella palude?[/b]
NJ si avvia verso il secondo turno dei PO, generando stupore non tanto per il risultato ottenuto, quanto per la sua nettezza.
Ho visto gara tre della serie, e vorrei condividere con voi qualche osservazione sulla squadra della palude.
Prima cosa un giudizio su Richard Jefferson. Il famoso terzo all star della squadra, che due anni fa sembrava addirittura il più promettente dei 3, mi sembra in avanzato stato involutivo.
Allarrivo di Carter il ragazzo ha deciso (una buona idea secondo me) di riciclarsi come specialista, divenendo un superbo tiratore sugli scarichi, un discreto difensore, un perfetto uomo di complemento. Quella capacità di penetrare e di crearsi da solo un tiro che ci aveva fatto intravedere è un po alla volta scomparsa. Poi una serie interminabile di infortuni, tanto che oggi è un difensore mediocre, ma soprattutto un attaccante molto discontinuo. Del tutto incapace di creare per sé o per gli altri, RJ si limita a tirare sui (frequenti) scarichi dei due compagni di reparto. Ci sono serate (come in gara 1) in cui il tiro va dentro, e allora ci può anche stare il trentello. Ci sono invece serate (la maggior parte) in cui il tiro entra meno, e allora il prodotto di Arizona scompare letteralmente dalla partita, senza far più pervenire sue notizie. Sinceramente mi aspettavo un futuro più radioso per lui
Kidd e Carter. Parliamo di due stelle, e su questo non cè dubbio. Ma sono due stelle che non vincono. Non solo, non convincono nemmeno.
Stockton, Malone, Barkley, Ewing, Miller, Price (mi verrebbe da aggiungere, sulla fiducia, Iverson e Arenas): nessuno di loro ha mai vinto un anello, ma sono indiscutibilmente nellimmaginario collettivo delle stelle di prima grandezza, che hanno portato a un altro livello questo gioco. I due sopra invece, pur titolari di numeri e talento da capogiro, non finiscono di convincere.
La definizione che credo coglie meglio il tipo di gioco di Kidd trovo sia quella data qualche tempo fa da Buffa-Tranquillo: gioca un basket autistico. Nel senso letterale del termine, ovvero gioca un basket di altissimo livello tecnico, senza però curarsi (o senza riuscire a curarsi) di quello che succede intorno. Capita spesso quindi che i compagni non capiscano quello che sta facendo e sprechino i suoi passaggi, magari meravigliosamente eseguiti, ma non adatti a quel compagno o a quella situazione. È incapace di cogliere il momento della partita, e quindi fare una passaggio magari da manuale del basket, ma non indicato per quel momento; un esempio? Il tiro per vincere la partita lo si dà alla stella della squadra (che in linea di massima è tale proprio per la capacità di prendere e segnare quei tiri), non al giocatore più libero. O un alley hoop, magari anche con buona probabilità di andare a buon fine, probabilmente non è la giocata giusta per lultimo minuto di partita. Il rifiutarsi di prendere un tiro perché non lo si ritiene un aspetto interessante del gioco, può essere un eccentrico vezzo nel secondo quarto, ma una colossale vaccata a fine partita. E Kidd, pur essendo tecnicamente uno dei playmaker più dotati di sempre, sembra non riuscire a capirlo.
Carter è un altro bel fenomeno. Vedendo gara 3 lo vorresti proporre per lMVP. Vedendo le prime due, forse un po meno.
Con la consueta psicologia da settimana enigmistica direi che il limite di Carter è il carattere troppo emotivo.
Certo, ci sarebbe anche il fatto che difende peggio di Dino Radja, ma atteniamoci agli aspetti del gioco che ha deciso di praticare
Atleticamente e tecnicamente Vincredible non ha nessun limite. Può tirare con facilità da 3 (e oltre) anche con luomo addosso, tirare in sospensione in mezzo allarea grazie alla sorprendente elevazione, finire in appoggio nel traffico grazie alla lunghezza abnorme delle braccia, alla finezza del tocco e al controllo del corpo, schiacciare a difesa schierata (o a rimbalzo in attacco), esibirsi in perni e virate da circo, oppure passare, trovando con facilità e precisione il compagno libero. Un arsenale offensivo irreale che ha un solo limite: la voglia di giocare del suo possessore.
Carter è pigro, svogliato, spesso si accontenta del tiro da fuori, preso per altro senza grossa convinzione. Poi glielo fai notare, e allora la mette sul personale e la partita dopo ti va dentro 10 volte di fila. Salvo poi magari accanirsi troppo su questa soluzione, e andare a forzare, oppure annoiarsi per la troppa facilità con cui riesce ad andare dentro, e allora sparisce dalla partita guardandola da spettatore.
Senza contare lestrema facilità con cui si può entrargli sottopelle e deconcentrarlo, fino a renderlo addirittura controproducente.
Lhanno accostato spesso a Doctor J per le sue raffinate evoluzioni aeree, ma secondo me è molto più vicino a Dominique Wilkins, ovvero un giocatore in grado di segnare praticamente in ogni modo, ma che troppo spesso si ferma a compiacersi di quello che sa fare, più che metterlo al servizio dei risultati della squadra.
Rimane il fatto che con questo Kidd e questo Carter i Raptors non si vedono nemmeno nel retrovisore, ma anche ai Cavs conviene prestare molta attenzione.
Con larrivo di Kidd, e successivamente con quello di Carter, che ha in parte ridato motivazioni ad un Kidd decisamente rassegnato, questi Nets sono usciti per 6 anni dal loro stato di mascotte della lega, elemento di ludibrio al pari solo di Atlanta e dei Clippers, ma senza la geniale dissennatezza e folkloristica determinazione a perdere delle altre due.
Peccato che lesperienza sia arrivata al termine. Con i contratti prossimi alla scadenza, sia Kidd che Carter probabilmente se ne andranno, forti anche del fatto che probabilmente questo gruppo non potrà mai fare meglio di questanno, e prima di finire le rispettive carriere entrambi vorrebbero almeno provare a rigiocare per lanello, e allora bisognerà capire cosa ne sarà dei Nets.
Come detto, il solo Jefferson difficilmente potrà ergersi al ruolo di star, e al momento le Meadowlands sembrano parecchio poco attraenti per i free agent. Certo, se lo spostamento nella Mela diventerà effettivo magari potrebbero aumentare il loro appeal, ma per il momento non riesco a vedere altro che un doloroso ritorno al fondo delle classifiche che per i Nets.
Godetevi quindi gli ultimi momenti di questo strano gruppo.
Volevo parlarvi anche della sfida più interessante di questo primo turno, quella fra Utah e Houston, quella in cui non vorresti che nessuno dovesse perdere, e che probabilmente si deciderà solo alla settima, ma ne parleremo la prossima volta, insieme al discorso sullindecoroso premio di allenatore dellanno.
Solo una domanda: Sloan per vincere questo premio basta che vinca un titolo o deve anche vincerlo con uno scarto medio di 20 punti a partita?
Io sinceramente non capisco come si faccia a ignorare (ripetutamente) il lavoro di uno dei migliori coach di questo gioco.
Vae Victis