C’è chi il segno del destino lo riconosce sulla propria pelle fin da giovane, le coincidenze oltre alla capacità di mettersi da solo sulla giusta strada si mescolano a quel che per noi, per il nostro futuro, è già stato scritto. Poi capita che ci mettiamo del nostro anche per invertire la direzione, per cambiare quel che ci sembra troppo semplice da ottenere, semplice perchè è già lì, dobbiamo solo allungare le mani e farlo nostro.
La dirigenza degli Houston Rockets, 2 volte campioni NBA nelle stagioni in cui MJ prendeva un thè sul diamante del baseball, ha sicuramente pensato questo, nel momento in cui ha messo sotto contratto Tracy McGrady e Yao Ming: allunghiamo semplicemente le mani sull’anello di campioni!
Un coach come Van Gundy, un supporting cast fatto principalmente di tiratori perimetrali, adatti al gioco vecchio stampo del coach da Nazareth (ehm, l’Univeristà…), che poteva davvero rinverdire i tempi degli isolamenti contro i quali nessuno poteva molto quando la palla l’aveva in mano Hakeem Olajuwon. Come scritto: poteva…e invece…
Tutto sembrava scritto, deciso…il campo – crudele a volte nelle sue sentenze, ma quasi sempre giusto con chi merita e chi no – ha detto che questo matrimonio “non sa da fare”, nè quello tra Coach e dirigenza, nè quello tra le 2 stelle.
Intendiamoci: stelle lo sono e di prima grandezza, Yao non si capisce come non possa essere il centro che domina l’NBA per dieci anni, o forse sì…
Lo si capisce quando lo si vede correre su e giù per il campo. Yao è uno scherzo della natura, un ballerino di 2.26 (o giù di lì) per come si gira su se stesso per il fade away, ma ha 2 tronchi al posto delle gambe, un corpo sproporzionato che lo staff dei Rockets ha erroneamente cercato di ingrossare ancora, soprattutto nella parte alta, pensando a come dovesse reggere i duelli con Shaq. Tutto sbagliato! Per quanto sembri paradossale Yao si trova a meraviglia lontano e fronte a canestro dove ha tiro e mani davvero dolcissime. Un Ilgauskas con gli occhi a mandorla, se volete un paragone.
Quanto potrà davvero dominare un cinese, pur con queste straordinarie caratteristiche tecnico/fisiche, al quale è stato fatto il lavaggio del cervello (riuscendoci? Mah…) a suon di Big Mac e Elvis Presley, proveniente da una cultura sportiva (e non) dove ad esempio fino a non troppo tempo fa erano vietate le stoppate in quanto ritenute offensive per l’avversario???
Ai posteri l’ardua sentenza.
Sull’altro lato della luna – è bene dirlo, perchè più distanti di così si muore – il numero 1, di maglia certamente, ma spesso e volentieri anche di fatto!
Potrebbe essere il miglior difensore degli ultimi anni su almeno 3 ruoli?
Potrebbe essere uno dei più incredibili passatori nel traffico per la capacità, penetrando, di attirare la difesa e scaricare?
Potrebbe essere un buonissimo passatore dalla posizione di punta dove dall’alto dei suoi 2 metri e rotti vede il gioco e i tagli come nessun altro?
Potrebbe vincere tutti gli anni la classifica marcatori in quanto possessore di un arsenale sconfinato in quanto a soluzioni offensive?
A questo aggiungiamo – per gli amanti dello spettacolo fine a se stesso, e sono molti – che nel solito weekend di Febbraio non batterebbe Shaq per pacchianaggine nel vestirsi, ma la gara delle schiacciate la vincerebbe bendato, e se quella del tiro da tre si facesse con la possibilità di un palleggio prima dell’arresto-e-tiro, be’, sbancherebbe l’All Star Game sbadigliando.
Ahhhh sbadigliando…e qui vi volevo! Non sarà che il ragazzo sbadiglia davvero troppo? In fondo il suo soprannome (The big sleep) direbbe tutto da sè.
Invece per me non è così. T-Mac è uno dei giocatori più completi della storia del gioco, ma semplicemente non ha il carattere (o non ancora) di un Lebron o un Kobe, e come Wade avrebbe bisogno di Shaq al suo fianco, non Yao, non so se mi spiego.
Che fare allora? L’allenatore è cambiato, è arrivato Adelman e non ci vedo tutti sti miglioramenti. Qualcuno del supporting cast è andato via (Howard) qualcun’altro arriverà, non ritengo che sia questo il problema da risolvere, anzi: se vogliamo meglio della squadra di quest’anno, con le regole NBA, sarebbe difficile averne. E allora? Via il numero 1? Via il cinese? Non scherziamo, quando fai un investimento come quello fatto dai Rockets e dalla città di Houston (nuovo palazzetto incluso) vuoi arrivare fino in fondo prima di capire di aver sbagliato tutto, di essere andati contro al destino che ti ha messo lì 2 perle, 2 gioielli di inestimabile valore e che non sei riuscito a far brillare del tutto, vuoi per i continui infortuni, vuoi per tutti i motivi – validi o presunti tali – del mondo, ma c’è una cosa che lo sport ci ha insegnato: alla fine valgono solo gli almanacchi, e in quello NBA bisogna scorrere giù giù col ditino per ritrovare al fianco della scritta Houston Rockets la voce “NBA Champions”.