Le parole del co-owner Wyc Grousbeck alla conferenza stampa di presentazione dicono molto, molto di quel che vuol dire essere un Celtic, ed essere stato un Celtic negli ultimi 21 anni.
Vuol dire passare dalle tragedie, dai ritiri delle stelle, dagli scambi fallimentari, dal puntare su giocatori che non rispettano, col senno di poi, le promesse.
Ma significa anche non aver perso quella mistica che ancora la franchigia più vincente dell’intera NBA conserva, e come detto nel recente passato, un po’ di tutto questo – un bel po’ – è dentro il cuore e la mente di Danny Ainge e perchè no, di un Losangelino puro come Paul Pierce.
La sveglia mattutina, personalmente e rapportata al basket, non è mai stata così dolce come oggi, non negli ultimi anni che io ricordi.
Sono un tifoso dei Celtics, prima di tutto, ed è giusto ricordarlo. Poi lo sforzo di essere imparziale c’è sempre, e credo che i miei articoli siano qui a dimostrarlo, visto che mi occupo anche di tanto altro, oltre che dei bianco-verdi, perchè il basket è davvero una passione non confinabile dentro una maglia. Fine della premessa.
“We’re glad to be back” dicevamo…Tornati per vincere! Da quanto tempo Boston non veniva anche solo sulla carta messa tra le pretendenti della Eastern Conference, se non addirittura del titolo NBA? Non ricordo…
KG è in città, e con lui c’è anche Ray Allen, anzi: soprattutto Ray Allen! E’ stata questa la chiave di svolta di uno scambio dentro il quale molti faticano a leggere. Ma ci torniamo dopo.
Allen nella notte del draft è diventato un Celtic, e questo ha cambiato enormemente la visione dell’immediato futuro di Kevin Garnett.
Questi 3 “ragazzi” sono per prima cosa amici. Amici veri. Qualcuno dice che serviranno 3 palloni…storie! I soliti detrattori della domenica (o del mercoledì mattina!). E allora le altre squadre vincenti degli ultimi anni? E allora le squadre vincenti della storia di questo sport? Quanti campioni avevano? E il pallone è rimasto solo uno…fate i bravi!
Per arrivare in alto non si può avere un solo All Star, e il resto di contorno; la corsa dei Cavs quest’anno nei playoffs l’ha ampiamente dimostrato.
E ancora: non si vince con i giovani, finchè questi sono ancora troppo…giovani!
Doc Rivers ha fatto un grandissimo lavoro con Al Jefferson – soprattutto – e sicuramente con Green e Gomes, ma al momento: dove potevano portarti questi talentuosissimi giocatori? Ai Playoffs? Forse…e poi?
Non sono io a dire questo, lo dice la storia del gioco! Minnesota in assoluta emergenza e necessità di rinnovo ha fatto un grande scambio, avrebbe perso KG per nulla, invece ora ha una squadra da far maturare, con talento strabordante, una squadra di college trasferita al piano di sopra. E se l’esempio dei Chicago Bulls dovesse insegnare qualcosa…3-4 di questi diventeranno delle stelle. Ma i Celtics non potevano più aspettare.
Dispiace aver letto e sentito cose non vere sulla assoluta indisponibilità di Garnett al trasferimento in quel di Boston motivata da condizioni legate alla città. Vuol dire non aver imparato a conoscere Kevin nemmeno una briciola in questi 12 anni. Vuol dire non sapere che dentro a The Revolution arde un fuoco e una passione per questo giochino con pochi eguali. La scelta era solo ed unicamente legata a ragioni cestistiche, a prospettive e futuri compagni.
Per questo ho scritto che Ray Allen e il suo arrivo nella notte del draft sono state le scintille che hanno riacceso quel fuoco, hanno fatto cambiare idea a KG e l’hanno portato a pensare che sì, si può arrivare a quell’agoniato anello indossando una casacca bianco-verde.
Vero che Phoenix non avrebbe mai ceduto Amaré Stoudemire, che la prima scelta di Garnett erano i Suns, poi i Lakers, poi, forse i Celtics.
Invece…Garnett conosce il gioco, conosce l’NBA, sa cosa bisogna avere e cosa bisogna fare per vincere, l’ha imparato sulla sua pelle, sulla pelle di uno che non ha mai risparmiato una goccia di sudore per i suoi T’Wolves. Sa per tutto questo che col gioco di D’Antoni probabilmente non si va da nessuna parte e se si tratta semplicemente di mettere lui al posto di Stoudemire…
“L.A. is L.A.” l’ha detto proprio KG nella conferenza stampa. Ma ha anche ricordato come la situazione in “casa-Bryant” sia “Up on air”, tutt’altro che definita, e poi diciamocelo: sui famosi piatti della bilancia, se da una parte ci mettiamo la California, Sunset Boulevard, le sicure fantastiche doti di Kobe, dall’altra cosa ci ritroviamo?
KG e Pierce si sono incontrati, hanno giocato insieme, Paul è stato ospite di Garnett nel South Carolina. E’ un’amicizia che va oltre l’opportunismo apparente di questi delicati giorni in cui si decideva tutto. Idem, come detto prima, per quel che riguarda il rapporto con Ray Allen.
Ainge è stato chiaro, pubblicamente: ha parlato con tutti e tre e tutti e tre sanno bene che ora non hanno più scuse, che devono allenarsi, trascinare i compagni, difendere, farsi allenare.
Era altrettanto chiara un’altra cosa: Garnett non sarebbe arrivato con il terrore – per franchigia e tifosi – di vederlo fuggire l’estate prossima, mi vien da sorridere al pensiero di ciò che ho letto in giro…Ainge davvero è stato da molti preso come un rincretinito (scusate il termine) se davvero si pensava a questo scenario. Confermato puntualmente anche in conferenza stampa che siamo di fronte ad un prolungamento e “ristrutturazione” di contratto. E ci mancherebbe!
In definitiva: dove arriveranno questi Celtics? Solo il campo lo dirà, perchè ora sembra di giocare alla playstation, ancor di più se si pensa ai nomi che sono circolati e che stanno circolando come ulteriori addizioni dal mercato free-agents (arrivi – non i nomi – che ci saranno come confermato dallo stesso Ainge), sembra davvero di fare la squadra al fanta-basket. Invece, cari tifosi dei Celtics, è tutto vero: WE’RE GLAD TO BE BACK!