Nel tardo pomeriggio di ieri ho assistito allo scrimmage dei Raptors al Palaverde. Una giornata di festa, riservata agli abbonati della Benetton e ai militari della base americana di Vicenza. Una partita di allenamento tra lo starting-five (in bianco) e le riserve (in nero).
I bianchi: Ford, Bosh, Bargnani, Parker, Kapono, Garbajosa, Martin e Moon.
I neri: Baston, Calderon, Graham, Delfino, Dixon, Humphries, Jackson e Nesterovic.
Dopo un po’ di stretching, le squadre hanno svolto la mezza ruota di riscaldamento. Quindi, le presentazioni american style. Ovazione per gli ex Garba e Bargnani, poi premiati assieme a Maurizio Gherardini. Tanti applausi anche per il resto del team (compresi Carlito e Rasho, cui è stato evidentemente perdonato il passato bolognese).
La partita? Divertente! Sebbene 40′ fossero un po’ troppi, è stata decisamente piacevole. E non credo sia dipeso solo da legittimi pregiudizi: se la regular season NBA è poco più di una passeggiata ecologica, figuriamoci la pre-season! Invece il match ho offerto buona intensità e belle giocate (in particolare un’irreale, complessiva, vena dall’arco), contro difese magari non col sangue agli occhi, ma comunque accettabili. Sarà forse perché la voglia delle riserve di castigare i titolari genera nelle teste degli americani motivazioni che non si riscontrano nemmeno (scelgo, tra tanti, il più doloroso degli esempi) in una finale di Supercoppa italiana. Chissà…
Sta di fatto che i giocatori hanno preso con la giusta serietà l’impegno di giocare di fronte ad un pubblico desideroso di divertirsi. Lo testimoniano le sia pur urbane proteste dopo qualche fischio ed il time out chiamato dall’allenatore delle riserve, tal Alex English (ora assistant coach di Mitchell , ma ex grande giocatore NBA, in un’epoca in cui saper giocare era propedeutico, non un mero optional, per… poter giocare in quella lega) a pochi secondi dalla fine dell’incontro, per abbozzare l’ultimo tentativo di rimonta.
La partita si è conclusa 105-96 per i titolari. Le riserve, tra il secondo e il terzo quarto hanno accumulato un passivo vicino al 20, salvo poi rientrare a -5 negli ultimi minuti e garantire così fino alla fine una certa bagarre. Impossibile giudicare la squadra nel suo complesso. Ci sta invece qualche valutazione (più che altro positiva) sui singoli. In particolare, l’eleganza di Anthony Parker (fa sembrare, come sempre, tutto bello!), la mano infallibile, e dal rilascio rapidissimo, di Jason Kapono (non che mancassero tiratori ai Raptors dello scorso anno, ma questo è una sentenza), i numeri di Joey Graham (il migliore tra le riserve, autore tra l’altro del più bel canestro della serata: una schiacciata potente dopo un arresto in traffico), la regia di Josè Calderon: un vero play, che sembra ancor più vero se paragonato a colui cui dovrà fare il cambio (e giuro che non sono influenzato da pregiudizi). Non che TJ Ford non abbia mostrato cose buone, ma credo che in una lega in cui le gerarchie contano poco, lo spagnolo meriterebbe il quintetto. Ma stiamo parlando dell’NBA…
Mettiamo, come detto, il dunk di Graham come play of the game. Ma il mio personale momento topico della serata è stato l’ingresso nella tribuna sotto la curva nord della gang dei coloured biancoverdi (Johnson, Bonsu, Austin e Chalmers): un frangente da Clockers di Spike Lee. L’abbigliamento complessivo della band era decisamente al di sotto del decoro. Ma nulla se paragonato a quanto esibito dal buon Der Marr: larga head-band a mettere in risalto il fungo afro, maglietta bianca XXXX-and-so-on-L e quelli che in gergo poco gangsta (ammetto, non me ne intendo…) sono chiamati pinocchietti (ma larghi! molto larghi!). Semplicemente (ed eufemisticamente) improponibile.
Da sottolineare infine la bella disponibilità dei giocatori, che si sono fermati sul parquet a fare felici i tifosi con autografi e foto. Io, ormai troppo anziano, ho passato la mano…