E’ strano parlare dell’integrità fisica di un giocatore proprio nel momento in cui lo stesso è stato costretto a fermarsi per un infortunio.
E’ strano ma allo stesso tempo è da considerarsi un tributo alla ritrovata normalità di un atleta che negli ultimi anni è stato costretto a star per troppo tempo e troppo a lungo lontano dai campi a causa di caviglie troppo fragili.
Ed è anche un voler festeggiare un infortunio che niente ha a che vedere con gli arti provati dai bisturi dei chirurghi.
[B]Grant Hill[/B], perchè di lui stiamo parlando, non si è fermato per problemi alle caviglie, vero timore di tutti i tifosi di Phoenix, ma [B]è fuori per una banale appendicite, che lo terrà fermo per circa 3 settimane[/B].
Hill si è fermato dopo aver stabilito il suo record di [B]striscia di partite consecutive giocate da dopo l’infortunio, quindi dal 2000[/B]. Erano state 31 le partite che Hill era riuscito a giocare consecutivamente 31 partite in maglia Orlando, prima di fermarsi quest’anno con Phoenix dopo 34.
E queste 34 partite sono state giocate ben oltre le aspettative che si avevano su di lui. I più ottimisti a inizio stagione erano convinti, infatti, che Hill potesse garantire ai Suns sui 15-20 minuti a partita, portando in dote la sua dose di esperienza, l'[B]altissimo QI cestistico[/B] di cui è a disposizione, e tecnicamente parlando, un [B]aiuto a portar palla[/B] nei momenti in cui Nash era fuori, e Barbosa fosse colto dai suoi momenti di confusione.
L’apporto si pensava che fosse limitato soprattutto considerando il tipo di gioco che pratica la squadra di D’Antoni, fatta di velocità e improvvisazione.
Quel tipo di gioco, si diceva, non è il più adatto ad un giocatore che a causa dei suoi problemi fisici ha un atletismo e un’autonomia limitata.
Invece l’ala ex Duke ha stupito subito tutti.
Inizialmente utilizzato molto come tiratore dagli scarichi, sebbene non fosse mai stato un cecchino da dietro l’arco dei tre punti, con il tempo si è calato completamente nella realtà del gioco imposto da Mike D’Antoni, ed è diventato quella [B]Point Forward[/B] che ci si aspettava diventasse e diventando uno dei leader del team.
Il [B]minutaggio[/B] ? Semplicemente [B]strabiliante[/B], se si pensa al calvario del giocatore negli ultimi anni e alla difficoltà che poteva avere, fisicamente, a reggere il campo giocando il run & gun. Grant si è assestato infatti sui [B]34 minuti di media, ha conquistato il quintetto, e gioca tutti i momenti chiave della gara[/B], dando alla causa anche un’ottima applicazione difensiva sugli esterni, cosa che quando manca Bell, a Phoenix latita parecchio.
Statisticamente [B]Hill[/B], nei 34 minuti in cui è in campo, garantisce [B]15,9 punti di media, 4,6 rimbalzi, 3,5 assist e 1 steal[/B]. Numeri di tutto rispetto per un giocatore che ha dei grossi punti interrogativi sulla propria integrità fisica e che da solo questa stagione è stato catapultato in una realtà di basket completamente diversa a quella cui era abituato.
Basti pensare al primo allenamento, quando dopo poche ore, lo staff comunicò ai giocatori che l’allenamento era terminato. Hill quardò un assistente allenatore in modo stupito, chiedendosi se fosse uno scherzo. L’assistente lo rassicurò spiegandogli come gli allenamenti dei Suns non potessero essere troppo pesanti a causa del ritmo che poi avrebbero dovuto tenere in partita, che è poi il vero allenamento dei Soli.
Ma oltre alle statistiche, come detto, c’è molto di più. C’è un [B]ritrovato atletismo[/B] che ha dell’inconsueto per un atleta che nella sua carriera ha subito [B]4 interventi chirurgici alla caviglia sinistra[/B], e un altro intervento per un ernia inguinale.
Interventi che hanno tenuto la terza scelta assoluta al draft del 1994 lontano dai campi per molte partite negli ultimi sette anni, e che più volte lo hanno portato [B]vicino al ritiro[/B].
E allora proviamo un po’ a ripercorrere il calvario di Grant, che dopo le prime stagioni a Detroit dove dimostrò di essere veramente degno dell’appellativo di [B]Nuovo MJ[/B], si fece male per la prima volta a 8 giorni dall’inizio dei Playoff 2000. Playoff a cui Detroit si era qualificata, guadagnandosi il diritto di sfidare i Miami Heat. Hill, allora accusato dalla tifoseria di Detroit di essere un po’ troppo soft, decise di giocare lo stesso sulla caviglia slogata, ma dovette arrendersi al dolore durante Gara 2. Il giocare sopra l’infortunio non ha certamente aiutato l’articolazione e l’infortunio non gli permise di prender parte alla spedizione olimpica del 2000 a Sydney, per la quale era stato convocato.
In quell’estate Grant fu [B]scambiato e mandato a Orlando[/B] in cambio di Atkins e Ben Wallace per andare a giocare insieme a un emergente Tracy McGrady. A Orlando però quell’anno riuscì a giocare solamente 4 partite a causa dell’infortunio alla caviglia che richiese l’intervento chirurgico.
Le stagioni successive non andarono meglio, e Hill scese in campo in sole 43 gare totali nelle stagioni 2001-2002 e 2002-2003. La stagione seguente fu la peggiore, e il Blue Devil fu costretto a guardare tutte le partite dalla tribuna, saltando tutta la stagione a causa di nuovi [B]interventi alla caviglia malandata, l’ultimo a causa di un’infenzione che lo mise addirittura in pericolo di vita[/B].
Nonostante tutte lo controversie e i problemi alle caviglie, e smentendo parte dell’opinione pubblica che parlava già di Grant Hill come di un ex giocatore, [B]la stagione 2004/05 lo vide rientrare in campo[/B]. E finalmente a giocare un numero consistente di partite, 67 per la precisione, e garantendo un ottimo minutaggio, con quasi 35 minuti a partita. Saltò alcune partite per infortunio ma sembrò in parte recuperato.
Ma proprio quando sembrava che Grant potesse ricostruirsi una [B]seconda carriera in NBA[/B], un nuovo infortunio lo costrinse a saltare gran parte della stagione successiva. Questa volta fu un ernia inguinale che permise a Hill di giocare solo 21 delle 82 partite di stagione regolare. L’infortunio, si scoprì, fu causato dalla postura che Hill iniziò ad avere giocando, diversificando la pressione che esercitava sulle caviglie per preservare la caviglia più debole. Dopo essere stato operato, gli fu costruito un particolare plantare che permise al giocatore di evitare ripercussioni sull’inguine.
La scorsa stagione fu per Hill quella dell'[B]ennesimo rientro[/B], quando ormai in pochi credevano che avesse voglia di rimettersi in gioco. A Orlando fu utilizzato in modo parsimonioso, evitando, soprattutto nella prima parte della stagione, quando veniva lasciato in borghese nei back to back per evitare di stressare il suo fisico provato dagli infortuni. La tecnica funzionò e Hill potè giocare 65 partite di Regular Season e portare Orlando ai [B]Playoff, dove potè rientrare dopo ben 7 anni di assenza, giocando tutte e 4 le partite giocate da Orlando[/B], sweepata dai favoriti Pistons.
Quest’estate, da free agent, accettò la proposta di [B]Phoenix[/B] che gli offrì un contratto da un anno, con player option per il secondo, andando in una franchigia che potesse [B]finalmente lottare per l’anello[/B] che Hill meriterebbe per la sfortuna avuta e per la passione dimostrata per questo gioco.
E con un ritrovato entusiasmo, Grant sta stupendo tutti, perfino i più scettici, e si parla di uno scherzo ordito nei suoi confronti da quello Steve Kerr che lo ha fortemente voluto nella franchigia dell’Arizona. Kerr, sfruttando le sue conoscenze, ha fatto preparare un finto articolo da un giornalista di Phoenix in cui si accusava Hill di doping, appendendolo sull’armadietto del numero 33. Grant, che ha le spalle larghe, non ha fatto una piega, capendo che nell’intento di Kerr c’era la volontà di complimentarsi con lui per la straordinaria stagione che sta avendo.
Stagione che ha subito uno stop. Un rallentamento che magari potrà anche [B]fare bene al fisico di Hill[/B], non più abituato a questi ritmi partita e che potrà tirare un po’ il fiato in vista dei momenti clou della stagione. Che auguriamo sia una cavalcata trionfale verso quello che è l’obiettivo finale dell’ex Duke. Quell’anello che tutti agognano e che lui, probabilmente, si merita più di chiunque altro.