Il colpo di scena è servito.
Alla fine, come in tutti i gialli che si rispettano, in cui l’assassino non è il classico maggiordomo, nel mercato NBA tutti i sospetti si sono volatilizzati, e la fine di una delle telenovela che sono iniziate quest’estate si è conclusa nel modo più inaspettato.
Pau Gasol, centro dei Memphis Grillies e della Spagna campione del mondo 2006, è un nuovo giocatore dei Los Angeles Lakers. I Lakers se lo sono assicurati, insieme alla seconda scelta 2008 di Memphis, in cambio di Kwame Brown, e dei suoi 9 milioni in scadenza, Aron McKie, il rookie molto promettente Javaris Crittenton, i diritti sulla scelta di Marc Gasol e le prima scelte del 2008 e del 2010.
La cosa sorprendente di questo scambio, è che Los Angeles non era sicuramente tra le squadre più accreditate per acquisire i diritti del ventisettenne giocatore catalano. Di sicura la maggiore indiziata a prendere Pau erano i Chigaco Bulls, potendo mettere sul piatto della bilancia più di un giocatore appetibile a Memphis per porre le basi della ricostruzione. A più riprese, infatti, erano stati proposti scambi che coinvolgevano Tyrus Thomas, Noah, Gordon, Nocioni e Sepholosa
Invece, con un colpo di scena inaspettato, Kupchack ha ordito lo scambio della vita, quando ormai probabilmente nessun tifoso angelinosi aspettava qualcosa di buono dal mercato. Ed è riuscito a farlo praticamente in cambio di nulla, considerando che Brown è la prima scelta assoluta più deludente di sempre e che ha come unico appeal il fatto di portare in dote 9 milioni di spazio salariale liberato a fine anno, Crittenton un play molto promettente ma che nell’economia di squadra è chiuso dai grandi progressi ottenuti quest’anno da Farmar, Gasol, McKie e le scelte, dei filler che non sposteranno niente e che servono solo a far pareggiare i salari.
Ma allora perchè Memphis ha accettato una trade del genere ?
I Maligni direbbero che dietro a questo scambio ci potrebbe essere la lunga mano di David Stern, commissioner della NBA che farebbe qualunque cosa pur di avere una finale NBA con Los Angeles e Boston a darsi battaglia. E con questa trade il suo sogno è più vicino.
La realtà è diversa, ma non è così facilmentte individuabile. Può essere che le varie ipotesi di trade partorite durante tutto l’autunno fossero campate in aria o che Chicago non fosse completamente convinta nello scambiare i suoi giocatori per Gasol, ma effettivamente suona particolarmente strano che Memphis si sia ridotta ad accettare in sostanza solo un contratto in scadenza quando avrebbe potuto acquisire dei giovani interessanti e su cui rifondare.
La sostanaza però è che ora i Lakers diventano una squadra decisamente pericolosa ad ovest nella corsa al titolo, potendo contare sul potenziale mvp di stagione (e di quelle passate), su un lungo come Pau Gasol che se sufficientemente stimolato come può esserlo dopo una trade che lo porta a giocare in una delle franchigie con la miglior tradizione dell’NBA può diventare un’arma offensiva devastante, e un terzo violino come Odom che definire un lusso è un eufemismo.
E proprio Kobe probabilmente starà ridendo sotto i baffi. Lui che dalla scorsa stagione è ai ferri corti con Kupchack, reo di non aver scambiato Andrew Bynum per Jason Kidd, definendolo uno dei centri più dominanti del futuro, tesi che non aveva del tutto convinto il numero 24 gialloviola. Lui che a inizio anno ha dichiarato apertamente di volersene andare, salvo poi rifutare, avendone la possibilità garantita da una postilla del proprio contratto, una trade che lo avrebbe portato a Detroit in cambio di Prince ed Hamilton. Lui che avrebbe voluto andare in quella Chicago dell’uomo a cui più cerca di avvicinarsi, Michael Jordan.
Se la ride, dicevamo, perchè Bynum, contrariamente alle sue aspettative, ha avuto una crescita esponenziale rispetto alla passata stagione; i Bulls, franchigia in cui avrebbe voluto giocare, sono partiti con un record disastroso e sono fuori dai playoff in quell’est in cui dal settimo posto in giù non si riesce a raggiungere il 50% di vittorie; i Lakers sono attualmente al sesto posto ad ovest, a mezza partita dai campioni in carica di san Antonio; e Kidd, l’uomo che avrebbe voluto come compagno di squadra già la scorsa stagione, non è così lontano dal vestire la maglia dei lacustri, magari in cambio di Odom e di Farmar.
Di sicuro anche se non dovesse arrivare Kidd, Kobe si può ritenere soddisfatto di quanto hanno fatto a Los Angeles per accontentarlo e dargli una squadra con possibilità di titolo. Il roster ora è completo ed altamente competitivo. E se fino a prima dello scambio con Memphis i Lakers si potevano considerare una squadra con una panchina molto profonda ma con una sola stella di prima grandezza e un giocatore, Odom, che poteva supportarla, ora li possiamo considerare completi, con un lungo offensivamente produttivo come Gasol, un centro intimidatore e molto atletico che ha innalzato il proprio livello di gioco, Odom che può giostrare nella posizione di 3 o di 4 fornendo una produzione certa di punti e un’ottima visione di gioco, utilissima nella triangle offense utilizzata da PHil Jackson, il miglior esterno della NBA, un play esperto come Fisher ad alternarsi con il giovane Farmar, in rampa di lancio questa stagione, e dalla panchina i vari Walton, Radmanovic, Vujacic, Ariza e Turiaf, a fornire nell’ordine intelligenza cestistica, tiro dalla lunga distanza, inventiva, atletismo, e fisicità.
Niente a che vedere con la squadra degli ultimi anni, trascinata a braccia da Kobe e fermatasi al massimo al primo turno dei Playoff.
E tornando per un attimo al sogno di Stern, in confronto a Boston, questa squadra ha anche una necessità di vittoria meno immediata, avendo le tre stelle un’età compresa tra i 27 anni di Gasol e i 29 di Kobe. Una squadra che quindi si può permettere un rodaggio di una stagione per dare l’assalto all’anello nelle prossime.
Tutto sommato un’ottima prospettiva per chi ha gli stessi desideri di Stern di rivivere una finale in pieno stile anni ’80.
Prospettiva regalataci da Kupchack, da Kobe, e dal GM dei Grizzlies, Chris Wallace, sostituto quest’anno di Jerry West, storico GM e giocatore proprio dei Los Angeles Lakers. Coincidenze e riscorsi storici che fanno ben sperare i tifosi di Los Angeles, più che mai convinti, da ieri, di aver fatto un passo avanti deciso per il gran ballo finale.