Domenica si è ufficialmente arrivati al giro di boa della Regular Season NBA, con l’happening annuale della partita delle stelle.
Stanotte si chiuderà la finestra in cui è possibile fare trade, e chissà che non vedremo l’ultimo botto di un mercato che è stato il più vivo e strano degli ultimi anni.
E con il giro di boa, si deve iniziare a fare un punto della situazione, quindi è il caso di assegnare i premi basandosi sulle prestazioni sin qui fornite dalla macchina NBA.
Partiamo allora con i Mid Season Awards!!
[B]MVP[/B]
Gara a due finora tra LeBron James (Cleveland Cavaliers) e Kobe Bryant (Los Angeles Lakers)
LeBron ha dimostrato anche quest’anno che i Cavs vanno dove li porta lui, e in un roster in crisi di prestazioni (Boobie a parte), lui è sempre costante nel fornire una quasi tripla doppia di media, con più di 30 punti a partita, ma soprattutto con prestazioni da urlo nel 4° quarto, quando decide lui come e quando vincere la partita.
Kobe invece quest’anno ha dalla sua il record di franchigia, che è stato 36-17 alla pausa dell’all star game, un 68% che da anni non si vedeva nella città degli angeli. In più ha dimostrato di sapersi mettere al servizio della squadra, facilitato dall’esplosione di Bynum, dalla stagione solida di Farmar, e dalla lungimiranza di Chris Wallace che ha regalato Pau Gasol ai Lakers.
La lotta è dura, ma vado con [B]Lebron James[/B] per come ha dimostrato di essere più un fattore nel deserto tecnico di Cleveland.
[B]Rookie of the Year[/B]
La scelta è tra Kevin Durant (Seattle Sonics) e Jamario Moon (Toronto Raptors)
Quella di Jamario Moon è una bellissima storia, e l’apporto che dà ai Raptors è veramente notevole in termini di energia e di difesa. A mio avviso coach Mitchell chiede anche troppi minuti alla sua ala, ma Jamario sta rispondendo alla grande da inizio anno fino ad ad oggi. E la sua partecipazione alla gara delle schiacciate dimostra quanto impatto ha avuto nella lega in questi 3 mesi e mezzo.
Di Kevin Durant invece si sà tutto. Era la seconda scelta predestinata in questo draft, solo perchè era l’anno di Greg Oden, centro che può cambiare la storia di una franchigia. Gli hanno dato in mano le chiavi di una squadra palesemente in ricostruzione, e lui ne ha subito approfittato mostrando tutto il suo potenziale, permettendosi anche di far vedere che è capace a infilare tiri che valgono una partita. Se gli si vuole muovere un obiezione, le percentuali al tiro sono un po’ basse, ma è troppo il divario tra lui e gli altri rookie.
Il mio premio va dunque a [B]Kevin Durant[/B].
[B]Coach of the Year[/B]
Questione interessante.
Nate McMillan (Portland Trail Blazers) ha ancora adesso un ottimo record sopra il 50%, ottenuto senza quello che doveva essere il crack della stagione, Oden, ma ancora di più ha il merito di aver fatto venir fuori i suoi sophomore Roy ed Aldridge, ed alcuni giocatori che non sembravano così determinanti quali Outlaw, Webster, Jones. Di sicuro i giocatori ci hanno messo molto del loro, ma una buona parte del merito và anche dato al coach che ha saputo disegnare su di loro una squadra che ne sfrutta appieno le caratteristiche.
Byron Scott (New Orleans Hornets), invece, si è permesso il lusso di presentarsi all’ASG con il miglior record della Western Conference. Sì, proprio quella con Dallas, Phoenix, San Antonio, Los Angeles e Houston. Con un gioco in controtendenza rispetto al run & gun tanto di moda in questi anni, ha messo in fila tutte le altre potenze dell’Ovest e ha dimostrato che le finali raggiunte ad Est con Jason Kidd non erano solo merito del play ora rientrato a Dallas.
Vista la mia sorpresa nel vedere gli Hornets così in alto, vince [B]Byron Scott[/B] di mezza incollatura.
[B]Sixth Man[/B]
La scelta qui deve ricadere per forza tra [B]Manu Ginobili[/B] (San ANtonio Spurs) e… Manu Ginobili (San Antonio Spurs).
Perchè comunque è un vero sesto uomo, perchè tutti gli altri che possono ambire al secondo posto (Outlaw, Barbosa) arrivano quinti se consideriamo le cifre di Manu, ma soprattutto la qualità delle sue cifre, messe nei momenti in cui contano davvero, e per la capacità che ha di cambiare il volto della partita con una difesa, con l’arte di innervosire gli avversari, e con quell’energia contagiosa che permette di alzare il livello di intensità a tutti i suoi compagni.
[B]Defensive Player[/B]
Qui è difficile dare una preferenza. Allora diciamo che cerchiamo di individuare due stili di difesa differenti, cercandone due tra i massimi esponenti, e premiare quello che in questo momento dà più tornaconto.
Allora le nomination sono Marcus Camby (Denver Nuggets) e Shane Battier (Houston Rockets)
Camby è il tipico difensore che è devastante in aiuto e nel chiudere il canestro agli avversari. Un classico stopper che intimorisce chiunque provi a fare una penetrazione nell’area delle pepite. Su di lui però ci sono diverse correnti di pensiero: è più facile apparire un buon difensore in un contesto tecnico non difensivo come Denver, o è più difficile essere efficace in una squadra con caratteristiche più offensiv? Ovvero, se intorno a te hai 4 telepass che fanno passare chiunque nel pitturato, Camby si trova più in difficoltà a tamponare tutte le falle che la barca mostra o ha più possibilità di aumentare le proprie cifre dato l’alto numero di occasioni di stoppare che gli si presentano di fronte ? Io vado con la prima, anche perchè oltre alle stoppate che Marcus mette a segno, il numero di rimbalzi difensivi e il numero di forzature che gli avversari devono fare una volta che si trovano di fronte l’uomo da UMASS dimostrano quanto sia dominante nel pitturato.
Shane invece è un difensore sull’uomo sublime. E’ in grado di marcare un esterno o un 4 con grande efficacia, non lasciando mai una conclusione facile al proprio diretto avversario.
Per l’impatto che hanno avuto i due sul record di franchigia, che vede premiare i Nuggets al momento, in questa parte di stagione mi sento di dare il mio voto a… [B]Kevin Garnett[/B] (Boston Celtics). Perchè chi meglio di lui abbina i due stili di difesa insieme ? Oltretutto la sua presenza è stata fondamentale, insieme a quella di coach Thibodeau, per cambiare completamente la faccia difensiva di Boston.
[B]Most Improved Player[/B]
Lotta serrata tra Hedo Turkoglu (Orlando Magic) e Josè Calderon (Toronto Raptors)
Il primo ha decisamente migliorato il suo livello di gioco, complice anche una maggiore responsabilizzazione tecnica che coach Van Gundy gli ha concesso. Le sue cifre sono le migliori in carriera, ma soprattutto l’apporto che dà alla squadra è quello che sta permettendo ai Magic di essere attualmente la terza forza della Eastern Conference dietro a Pistons e Celtics.
Josè invece ha dimostrato dopo l’infortunio di Ford che le prestazioni dell’anno scorso non erano estemporanee. Da quando è titolare la franchigia canadese sta letteralmente volando, e lui è il miglior playmaker della lega alla voce assist/palle perse, vero metro di giudizio sull’efficacia di un play. Oltretutto tira con percentuali ampiamente sopra il 50%, dimostrando di saper mettere in ritmo tutti i componenti del team.
Il premio di MIP per come la vedo io deve essere dato a chi effettivamente ha saputo stupire per un rendimento che non sembra essere nelle proprie corde. Per questo motivo la mia preferenza è per [B]Josè Calderon[/B]
[B]Executive of the year[/B]
Signori, qui c’è l’imbarazzo della scelta.
Danny Ainge (Boston Celtics), è sembrato a tutti il più geniale dei GM ad inizio stagione quando ha saputo letteralmente stravolgere la franchigia per prendersi Ray Allen e Kevin Garnett, col risultato di ottenere il record migliore della lega.
Poi è arrivato Mitch Kupchak (Los Angeles Lakers) che ha mollato in sostanza il solo contratto in scadenza di Kwame Brown per prendere Pau Gasol dai Memphis Grizzlies, ma qui abbiamo anche un’amichevole partecipazione di Chris Wallace, GM di Memphis, che ha preferito l’offerta dei Lakers ad altre che parevano decisamente più interessanti.
Dopo Mitch, ha voluto concorrere al premio anche Billi Knight (Atlanta Hawks) che dopo aver scelto bene, per una volta, con Al Horford quest’estate, ha preso Bibby da Sacramento per 2 contratti in scadenza dei 9(!) a sua disposizione, e un giocatore che continua ad essere solo una promessa da anni come Shelden Williams.
Forse invidioso, Donnie Nelson (Dallas Mavericks) si è candidato anche lui al premio di GM of the year, con la magata che gli ha permesso di arrivare a Jason Kidd, mandando nel New Jersey sostanzialmente Devin Harris e DeSagana Diop, ed equilibrando i salari con il pensionato Van Horn. Ma la sua candidatura la scartiamo subito per il casino che ha combinato con sta trade, coinvolgendo inizialmente George che non aveva la minima intenzione di andare in the middle of nowhere (sia tecnico che geografico) del New Jersey, e Stackhouse, che ha avuto la brillante idea di dichiarare in mondovisione che per lui non sarebbe stato un problema far parte di una farsa che l’avrebbe riportato, dopo 30 giorni di vacanza, a rigiocare a Dallas. Dichiarazione rivedibile per tempistica e per arguzia.
Ma il comune denominatore di questi ultimi 3 GM è che gli scambi sono venuti a stagione in corsa, quindi in un periodo in cui assimilare i nuovi arrivi è più complesso.
Per questo motivo il premio è da confermare a [B]Danny Ainge[/B], che ha saputo costruire la squadra ad inizio stagione.
Mi permetto però di fare una menzione d’onore particolare per [B]Kevin Pritchard[/B] (Portland Trail Blazers) per essere riuscito a liberarsi di un peso come Zach Randolph, liberando contestualmente 30 milioni di dollari tra 2 anni, quando saranno da rifirmare Roy, Aldridge e Oden. Lungimirante se ne esiste uno.
E ora andiamo con gli [B]
All-NBA Teams[/B]
[U]1st Team[/U]
[I]K. Garnett
L. James
D. Howard
K. Bryant
C. Paul[/I]
[U]2nd Team[/U]
[I]G. Hill[/I] (qui ovviamente entra in gioco il piacere personale di vedere come si è saputo adattare al gioco di Phoenix)
[I]P. Pierce
T. Duncan
A. Iverson
S. Nash[/I]
[U]3rd Team[/U]
[I]H. Turkoglu
C. Anthony
C. Kaman
D. Williams
M. Ginobili[/I]