Ogni settimana, sull’inserto del sabato della Gazzetta dello Sport, Sportweek, c’è la rubrica di Beppe Severgnini [I]”Cosa ha detto in realtà”[/I], in cui si cerca di estrapolare da un’intervista quello che l’intervistato avrebbe voluto dire in realtà.
Questa settimana la rubrica si sposta su [B]All Around[/B], e l’intervista è quella di [B]Danilo Gallinari[/B] apparsa [B]su GQ[/B] e riportata qui sotto:
PADRE E FIGLIO – Suo padre Vittorio vinse tutto con la grande Milano anni ’80, lui per ora nulla . [I]”Lui era il Materazzi dellepoca, io sono Kakà. Secondo lui loro erano più bravi di noi. Balle. Avremmo vinto a mani basse. Il livello generale del basket oggi sè innalzato di molto. Lo ripeto, perché ne sono convinto: la pallacanestro sè talmente evoluta che la mia Armani Jeans batterebbe la Tracer di ventanni fa. Comunque a mio padre do poche chance per criticarmi.
Finora il nome Gallinari non mi è mai pesato, ma è chiaro che in una carriera italiana o europea non potrei mai nemmeno avvicinarmi a quello che ha vinto mio padre. Quindi, lunico modo per togliermi soddisfazioni che lui non ha potuto prendersi ed evitare confronti è andare giocare in America. Ai suoi tempi puntare allNba era addirittura inimmaginabile”[/I].
CENTRO DELL’ATTENZIONE – In poco tempo è diventato un personaggio: [I]”Questo interesse che improvvisamente mi sta gravitando attorno linterpreto solo come una conseguenza delle mie qualità e perciò per ora mi gratifica e basta. Testimonia che qualcosa di buono lo sto combinando. Se non riuscirò a reggere lurto psicologico, vorrà dire che non ho ladeguata forza morale e, allora, meriterò il fallimento. E’ una sorta di selezione della specie”[/I].
DANILO E GLI USA – [I]”Non poso per aprirmi un futuro in America: a me la Nba non piace neanche poi così tanto. Ma sì, il basket vero si gioca in Europa. Là è soltanto uno contro uno, non cè furbizia, non cè intelligenza tattica, zero schemi. Se salti di più arrivi prima, se salti di meno arrivi dopo. E siccome io non salto un c…, non arriverò mai”.
“Se le cose continuano ad andar bene è uneventualità che merita di essere ponderata per bene. Però vado in controtendenza e, sebbene sia il sogno di praticamente tutti i giocatori, io non subisco il fascino del basket Usa. E neppure quello degli Stati Uniti in sé: non sopporto larroganza di un Paese che è convinto di essere il numero uno in tutti i settori, quando invece è lampante che spesso il meglio è altrove. Non posso comunque ignorare che se qui si guadagna uno, là si guadagna dieci. Né che si vive una volta sola e certe occasioni si deve acchiapparle al volo.[/I]
I toni dell’intervista sembrano abbastanza fuoriluogo se commisurati alla presunta maturità del ragazzo. O, se vogliamo leggerla in altro modo, sembrano riflessioni fin troppo profonde per un ragazzo che deve compiere 20 anni ad agosto.
La mia opinione è che GQ, essendo un giornale con un pubblico prettamente maschile e che deve cercare di creare uno stereotipo di uomo arrivato, abbia un po’ romanzato l’intervista, o quantomeno ne abbia un po’ estorto i toni strafottenti che pare avere Danilo nello spiegare i concetti dell’articolo.
Allora proviamo a vedere come sarebbe potuta essere l’intervista se fosse stata resa ad altri giornali…
[B]Men’s Health:[/B]
PADRE E FIGLIO – Suo padre Vittorio vinse tutto con la grande Milano anni ’80, lui per ora nulla . [I]”Lui era Ragionier Filini dellepoca, io sono Rocco Siffredi. Secondo lui loro erano più bravi di noi. Può essere, ma noi siamo giovani, siamo più ricchi e abbiamo un sacco di donne, e francamente ce l’abbiamo anche più lungo. Poi con tutta la palestra che facciamo, siamo più potenti e li avremmo schiacciati. Comunque se a mio padre servono delle donne, gliele posso procurare io.
Finora il nome Gallinari non mi è mai pesato, provate a chiedere a mio padre se ora pesa a lui.
Lunico modo che ha per non sentirsi troppo inferiore è non guardare la televisione quando andrò in NBA. Ai suoi tempi puntare allNba era addirittura inimmaginabile”[/I].
CENTRO DELL’ATTENZIONE – In poco tempo è diventato un personaggio: [I]”Questo interesse che improvvisamente mi sta gravitando attorno linterpreto solo come una conseguenza delle mie qualità e delle mie prestazioni sessuali offerte a tutte le ragazze che vengono al palazzetto. La voce si è sparsa e ora mi cercano tutte. Se non riuscirò a reggere lurto psicologico di avere 1000 donne, vorrà dire che non ho ladeguata forza morale e, allora, meriterò il fallimento. E’ una sorta di selezione della specie. Ma non ci sono dubbi che potrò soddisfarle tutte”[/I].
DANILO E GLI USA – [I]”Non poso per aprirmi un futuro in America: a me la Nba non piace neanche poi così tanto. Il basket vero si gioca in Europa. Là è soltanto uno contro uno, non cè furbizia, e poi vuoi mettere le donne italiane quanto sono focose?
Là in campo se salti di più arrivi prima, se salti di meno arrivi dopo. E siccome io non salto un c…, non arriverò mai. Però potrei insegnare ai giocatori americani come si fa a trovare tante donne, e gli insegnerei ad essere più furbi”.
“Se le cose continuano ad andar bene è uneventualità che merita di essere ponderata per bene. Però vado in controtendenza e, sebbene sia il sogno di praticamente tutti i giocatori, io non subisco il fascino del basket Usa. E neppure quello degli Stati Uniti in sé: non sopporto larroganza di un Paese che è convinto di essere il numero uno in tutti i settori, quando invece è lampante che spesso il meglio è altrove. E il meglio, è ovvio, sono Io”
“Non posso comunque ignorare che se qui si guadagna uno, là si guadagna dieci. Né che si vive una volta sola e certe occasioni si deve acchiapparle al volo, e quindi andrò là a guadagnare un sacco di soldi perchè sono il numero 1[/I].
[B]Famiglia Cristiana:[/B]
PADRE E FIGLIO – Suo padre Vittorio vinse tutto con la grande Milano anni ’80, lui per ora nulla . [I]”Lui era uno dei maggiori prelati del basket italiano. Io sono solo un timido chierichetto che spera di fare qualcosa di buono. Secondo lui loro erano più bravi di noi. E’ vero, mio padre mi ha insegnato tante cose che faccio adesso, e io conosco il valore della famiglia, e Milano è un po’ la mia famiglia, e la squadra di Milano dell’epoca una grande famiglia di bravissimi uomini che mi trattavano come un figlio. Devo molto a tutti loro se adesso ho nel sangue il basket e ho imparato l’umiltà cestistica. La Tracer di ventanni fa era imbattibile e non mi sognerei nemmeno di sfidare quel grand’uomo di mio padre. Mio padre non mi critica perchè non vuole interferire nel mio percorso di crescita umana. E’ importante imparare dai propri errori.
Finora il nome Gallinari non mi è mai pesato, ma è chiaro che in una carriera italiana o europea non potrei mai nemmeno avvicinarmi a quello che ha vinto mio padre. Quindi, lunico modo per togliermi soddisfazioni che lui non ha potuto prendersi ed evitare confronti è andare giocare in America. In questo periodo in cui c’è più apertura io ho la possibilità di andare in NBA solo perchè sono un ragazzo molto fortunato”[/I].
CENTRO DELL’ATTENZIONE – In poco tempo è diventato un personaggio: [I]”Questo interesse che improvvisamente mi sta gravitando attorno linterpreto come una conseguenza delle mie qualità e mi gratifica molo. Testimonia che qualcosa di buono lo sto combinando. Vorrei essere un buon modello per i giovaniche si vogliono avvicinare allo sport, e se non riuscirò a reggere lurto conil grande basket, vorrà dire il Signore per me aveva altri disegni ed è giusto che io li segua”[/I].
DANILO E GLI USA – [I]”Non poso per aprirmi un futuro in America: a me la Nba non piace neanche poi così tanto. L’importante è poter giocare a basketm e mi rende felice farlo sia in Europa che in NBA. Là si gioca molto uno contro uno, non cè, cè poca intelligenza tattica, zero schemi. Se salti di più arrivi prima, se salti di meno arrivi dopo. Io non ho questo grande atletismo, e mi piace di più giocare coinvolgendo i compagni, perchè è giusto che tutti giochino e si sentano importanti e felici”.
“Se le cose continuano ad andar bene è uneventualità che merita di essere ponderata per bene. Però vado in controtendenza e, sebbene sia il sogno di praticamente tutti i giocatori, io non subisco il fascino del basket Usa. E neppure quello degli Stati Uniti in sé: non sopporto larroganza di un Paese che è convinto di essere il numero uno in tutti i settori, quando invece è lampante che spesso il meglio è altrove. E oltretutto vedo negli Stati Uniti un paese con troppe tentazioni che fanno male alla purezza dello spirito. Se proprio mi devo sbilanciare, mi piacerebbe lo Utah, dove potrei apprendere e apprezzare la cultura mormone[/I].
[B]L’Eco di Paperopoli:[/B]
PADRE E FIGLIO – Suo padre Vittorio vinse tutto con la grande Milano anni ’80, lui per ora nulla . [I]”Lui era nella squadra di Rockerduck, che aveva tanti soldi da spendere per prendere i migliori giocatori. Io gioco nella squadra di Zio Paperone che è tirchio e non vuole spendere, per cui mi trovo a giocare con Paperino, Orazio, Qui, Quo e Qua. Secondo lui loro erano più bravi di noi. Non è vero, QUACK! noi con il gioco di squadra e tiratori temibili come Qui e Qua potremmo metterli in difficolta. Andremo un po’ sotto con il fisico, ma siamo più veloci. SGRUNT!
Finora il nome Paperinari non mi è mai pesato, QUACK! ma è chiaro che in una carriera a Paperopoli non potrei mai nemmeno avvicinarmi a quello che ha vinto mio padre, GASP!. Quindi, lunico modo per togliermi soddisfazioni che lui non ha potuto prendersi ed evitare confronti è andare giocare nella lega di Rockerduck . Ai suoi tempi puntare allNba era addirittura inimmaginabile, YUK!”[/I].
CENTRO DELL’ATTENZIONE – In poco tempo è diventato un personaggio: [I]”Questo interesse che improvvisamente mi sta gravitando attorno linterpreto solo come una conseguenza delle mie qualità e perciò per ora mi gratifica. Testimonia che qualcosa di buono lo sto combinando. Però devo anche dire grazie alle torte di Nonna Papera che prima di ogni partita mi danno la carica giusta. SLURP!”[/I].
DANILO E GLI USA – [I]”Non so se andrò lontano da Paperopoli per andare in America: a me la Nba non piace neanche poi così tanto QUACK!. Ma sì, il basket vero si gioca a Paperopoli. Là è soltanto uno contro uno, non cè furbizia, non cè intelligenza tattica, zero schemi..SIGH! Se salti di più arrivi prima, se salti di meno arrivi dopo. E siccome io non salto un corpo di mille balene, non arriverò mai. SGRUNT!”.
“Se le cose continuano ad andar bene ci posso pensare e magari portarmi dietro Gastone come portafortuna e Zio Paperino da traduttore con Avery Johnson..QUACK! Però vado in controtendenza e, sebbene sia il sogno di praticamente tutti i giocatori, io non subisco il fascino del basket Usa.. BLEAH!. E neppure quello degli Stati Uniti in sé: non sopporto larroganza di un Paese che è convinto di essere il numero uno in tutti i settori, quando invece è lampante che spesso il meglio è altrove. QUACK! QUACK! Non posso comunque ignorare che se qui si guadagna un cent bucato, là si guadagna dieci volte tanto. Né che si vive una volta sola e certe occasioni si deve acchiapparle al volo.. YUK![/I].
Come potete notare, non sono del tutto convinto che i toni siano stati esattamente quelli riportati nell’intervista di GQ, anche se la sostanza probabilmente è abbastanza condivisibile, soprattutto quando afferma che il vero basketsi gioca in Europa. Probabilmente i toni sono esagerati, perchè basta vedere una partita degli Spurs per non cadere nel luogo comuno degli atleti che saltano solamente o che si gioca solo uno contro uno. Basta osservare il sistema difensivo dei Celtics di quest’anno o dei Cleveland Cavaliers per capire che c’è una ricerca dei particolari abbastanza profonda. In Europa, poi, difficilmente potrete avere 30 diversi schemi per una rimessa in gioco o più di 100 giochi offensivi nel playbook. Il pensiero di Danilo, quindi, può essere sostenibile, ma si rischia di cadere nel luogo comune, e una maggior osservazione dell’aspetto tattico delle partite NBA, soprattutto i Playoff, eviterebbe di far cadere su alcuni stereotipi che sono stati creati sulla lega professionistica, e su cui sono caduti anche persone di maggior esperienza come Charlie Recalcati.
Dire inoltre che l’Armani attuale batterebbe a mani basse la Tracer di vent’anni fa è inoltre una spacconata bella e buona, se consideriamo che in quella Tracer ci giocavano Mike D’antoni, Roberto Premier, Dino Meneghin e Bob McAdoo. E anche se è vero quanto scritto in seguito, ovvero che il livello generale del basket si è innalzato, soprattutto in termini di velocità del gioco, gli attori della Tracer anni 80 sarebbero tranquillamente in grado di tenere ritmi più alti e di demolire l’attuale AJ.
Probabilmente Danilo in NBA andrà, e andrà anche con una posizione alta al draft, essendo a mio avviso tranquillamente tra i primi 5 prospetti della stagione. E avrà anche ottime possibilità di fare meglio di Bargnani e Belinelli, i due italiani al momento al di là dell’Oceano, ma dovrà evitare di rilasciare interviste di questo tenore, perchè in America sono piuttosto suscettibili se a criticare il sistema e il paese è un ragazzo italiano, bianco, di soli 20 anni.
Io sono tra i più fervidi sostenitori del Gallo, e se come credo le parole di Danilo siano state più misurate e debbano essere epurate della parte più spaccona, ci troviamo di fronte a un ragazzo con grande fiducia nei propri mezzi e molto maturo per la sua età, che una volta fatto il grande salto potrà dimostrare di essere una pedina importante per una squadra che punta in alto. E anche se i suoi mezzi atletici non saranno 5 stelle extralusso come alcuni grilli NBA, Danilo non si deve preoccupare. Ha tante qualità che nella lega lo faranno diventare molto importante e chi vi scrive vede in Gallinari un futuro simile a quella che è stata la carriera di Toni Kukoc. Speriamo che ne ripercorra anche il palmares..