Se la Regular Season finisse oggi, in una delle Conference più combattute di sempre, con l’ottavo piazzamento andrebbero ai Playoff i [B]Golden State Warriors[/B].
E ci andrebbero con un record di 40 vittorie e 23 sconfitte, record che garantirebbe, passeggiando, il 4° posto ad est. Però si sa, con le ultime grandi manovre che ci sono state prima della trade deadline, [B]l’ovest è risultato ancora più rafforzato di quanto già non lo fosse ad inizio stagione[/B].
Ed oltre agli equilibri delle forze in campo, sono cambiate anche alcune morfologie dei team.
Con l’acquisizione di Shaq, infatti, [B]Phoenix sconfessa un po’ quello che era il suo credo ad inizio stagione, il run & gun spinto all’estremo[/B], per aggiungere una nuova dimensione sotto canestro, sicuramente utile quando si affronteranno i playoff.
E allora, a giudicare dalle apparenze, [b]rimane solo una squadra che continua imperterrita a correre e a giocare ai 120 punti. Proprio i Golden State di Don Nelson[/B].
Ma sarebbe limitante pensare che i Golden State Warriors siano una squadra da 63,5% solo a causa del gioco in velocità. Don Nelson, come sempre, ci mette anche molto altro del suo.
Per esempio, una [B]rotazione ridotta all’osso[/B], ma sempre funzionale alla partita e allo stato di forma degli interpreti. Oppure una [B]ricerca spasmodica della small ball[/B], quando in alcune partite il 5 di ruolo lo ha fatto Matt Barnes o Mickael Pietrus.
Eppure pareva che anche Don Nelson fosse caduto nella tentazione di rallentare il gioco, quando [B]il 29 gennaio Chris Mullin annunciò la firma di Chris Webber[/B], free agent rimasto senza squadra al termine della scorsa stagione.
Webber, che esordì in NBA proprio nei Warriors, non pareva infatti l’uomo giusto per il gioco spumeggiante imposto da Don Nelson, non avendo più, a causa dei guai alle ginocchia patiti nell’ultimo anno trascorso a Sacramento, la mobilità di inizio carriera.
Il rischio di vedere una Golden State a bassi regimi, però è durato poco. Dapprima, Webber è stato fatto giocare per pochi scampoli di gara, poi è stato bloccato dalle solite noie al ginocchio.
E allora coach Nelson ha potuto mantenere la struttura del team, che tante soddisfazioni ha dato ai tifosi dopo la partenza iniziale.
Già, perchè l’inizio di stagione non è stato dei più incoraggianti per la franchigia della California. [B]6 sconfitte nelle prime 6 partite è stato il biglietto da visita poco edificante che i Warriors hanno presentato ai propri tifosi ai nastri di partenza[/B].
Ma coach Nelson non è un allenatore che si lascia intimorire da un momento negativo. Così ha aggiustato il tiro, organizzando le rotazioni e individuando i 7-8 uomini su cui puntare, e ha dato il via alla rimonta dei guerrieri.
Per la verità noi tifosi italiani non siamo rimasti troppo soddisfatti degli aggiustamenti attuati dal sessantottenne allenatore, perchè la riduzione del numero di uomini in rotazione è andata a discapito anche di Marco Belinelli, che dopo aver quantomeno assaggiato il campo nelle prime uscite stagionali, anche se solo per pochi minuti, ora sta collezionano DNP ad ogni uscita.
Però il coach è così, prendere o lasciare. E dato che [B]le decisioni sono state funzionali all’aumento delle vittorie ottenute[/B], non si può biasimare la scelta di cavalcare quanto più possibile, [B]nel ruolo di esterni, Monta Ellis e, ovviamente, Baron Davis[/B].
Per la verità, anche Azubuike ha visto ridursi i suoi minuti in campo, anche se poi, ci possono essere state partite in cui il coach lo ha lasciato in campo più di 30 minuuti, perchè convinto che il suo impiego fosse fondamentale per l’ottenimento della vittoria.
Analogamente a Belinelli, anche l’ottava scelta assoluta, Brandan Wright, ha decisamente visto poco il campo (niente ad inizio stagione), a scapito di Biedrins, Matt Barnes e Al Harrington, che nel reparto lunghi si dividono il minutaggio, insieme a Stephen Jackson, la vera chiave di volta della stagione di Golden State. Solo quando Biedrins si è infortunato, il rookie da North Carolina ha potuto giocare con continuità, partendo anche in quintetto e giocando circa 12 minuti di media.
Tornando alla [B]svolta della stagione[/B], però, non si può non notare come la squadra abbia iniziato a riprendere il cammino dopo [B]il rientro in squadra di Steph Jax[/B], sospeso ad inizio stagione per un aver tenuto un comportamento non proprio consono alle direttive della lega… Sì. Perchè tendenzialmente a Stern non fà molto piacere che un atleta NBA venga sorpreso a sparare con una pistola all’uscita di un locale di strip teas ad Indianapolis..
Il rientro di Jackson, oltre a portare la leadership e tutte le doti tecniche che il giocatore di Oak Hill può fornire alla causa, ha permesso anche di liberare più spazi a Monta Ellis e soprattutto a Baron Davis, che hanno potuto godere di una maggior libertà da parte delle difese, che si dovevano adattare a Stephen.
[B]L’ottava piazza[/B], ironia della sorte, [B]è la stessa con cui Golden State si è presentata alla post season lo scorso anno[/B], quando riuscirono nell’impresa di fare lo sgambetto ai Dallas Mavericks, team che lo scorso anno aveva il miglior record di conference.
E quello fu un piccolo capolavoro di coach Nelson, che approfittò di tutti i fattori che aveva a propria disposizione per girare dalla sua parte la serie.
Il conoscere perfettamente l’ambiente di Dallas, essendone stato l’Head coach prima di Avery Johnson, ha permesso a Don di poter giocare sulle imperfezioni dei Mavericks.
Il trovarsi di fronte un coach giovane e tutto sommato inesperto ha fatto sì che Nelson potesse entrare sottopelle ad Avery Johnson e portarlo ad adattare lui i Mavs al gioco dei Warriors e non il viceversa, e si sa che se riesci a portare l’avversario a giocare sul tuo terreno, parti già con un considerevole vantaggio.
Inoltre, la spinta emotiva che ha fornito l’onda gialla della Oracle Arena, una delle arene più calde della NBA, ha portato i giocatori di Golden State a giocare probabilmente anche oltre le proprie possibilità.
[B]Una serie di concatenamenti di eventi quindi, che francamente è difficile pronosticare che si possano ripetere[/B].
Al momento attuale è impossibile dire come potranno essere gli accoppiamenti dei playoff ad ovest, dove basta una vittoria o una sconfitta per passare da avere il fattore campo nella prima serie a essere fuori dai Playoff, ma continuando il giochino degli [B]accoppiamenti attuali[/B], i Warriors dovrebbero vedersela [B]contro i Lakers[/B], al momento prima squadra della Western.
Francamente una squadra molto ostica per coach Nelson, sia perchè una squadra in grado di saper correre e tenere testa al run & gun dei Golden State, sia perchè in panchina, per i lacustri ci sarebbe sempre quel Phil Jackson che è un maestro nei mind games ed entrare sottopelle agli avversari.
Di sicuro sarebbe più difficile della serie dell’anno scorso contro i Mavericks, ma sarebbe altrettanto sicuramente una sfida di enorme interesse, tra due coach che sono nel gotha dell’NBA. E poi, le alchimie di un Don Nelson in sede di post season sono sempre interessanti da seguire.
Restiamo allora sintonizzati in questo interessantissimo finale di stagione, e vediamo se i Warriors andranno ai Playoff e con chi si accoppieranno.
Lo spettacolo, come sempre, è assicurato.