At forward, from Kansas, number 34, the Captain and the Thruth, Paul Piiiiiiiiierce!
Signori, I Celtics sono campioni del mondo, partendo solo 12 mesi fa da una stagione da 24 vittorie, il più clamoroso caso di dalle stalle alle stelle dello sport professionistico americano.
E tornato il Celtics Pride, il Boston Garden, gli stendardi, le Celtics legend al gran completo per la parata di incoronazione dei Celtics a Campioni NBA (o era gara 6? Mi confondo sempre).
Dopo 22 anni finalmente la squadra più blasonata della lega può innalzare il 17° stendardo, e lo fa con indiscutibile merito dopo aver sconfitto i rivali di sempre, gli odiati Lakers.
Posso dire con un certo orgoglio di aver preso la vincente NBA già un anno fa, e di aver detto da sempre che Pierce era un campione vero, anche quando i dubbi su di lui erano molto più popolari che le lodi.
Da lì in poi con le previsioni invece non sono andato benissimo.
I Jazz, i miei pronosticati deuteragonisti per i Cs si sono fermati in gara 6 delle semifinali di conference.
A proposito di gare 6, sono solo io che ero un fan sfegatato dei Jazz di Stockton, o quella gara 6 aveva un sapore di dejavù?
Da una parte avevamo i Jazz, con in panca Sloan, e in campo una formidabile coppia play-ala grande, con un attacco meraviglioso basato sul pick&roll, dallaltra la squadra di Jackson, basata sullindividualità di una grandissima e immarcabile guardia tiratrice (Bryant oggi, Jordan per i Bulls delle finali 98, per chi non avesse capito), coadiuvata da un ala dal carattere schizofrenico, fermezza mentale dubbia, ma braccia interminabili e capacità di cambiarti la partita in difesa o leggendo il gioco mitologiche (Odom e Pippen).
Lala grande dei Jazz, principale bocca di fuoco della squadra fino a quel punto, di colpo smette di attaccare, non va più dentro, ma si limita ad un inoffensivo tiro da fuori, che tende a non entrare mai. Il play cerca di metterci del suo, e riesce in parte a sopperire alle mancanze del compagno, così che la partita va avanti in equilibrio fin quasi verso la fine. Limpressione però è che i Jazz siano chiaramente in affanno, e possano restare attaccati alla partita fintanto che lesecuzione è perfetta, ma appena sbagliano qualcosa laltra squadra, apparsa complessivamente poco spumeggiante, riesce comunque a riprenderli.
Sullultima azione della partita ho sinceramente avuto un tuffo al cuore. Williams, come Stockton prima di lui 10 anni fa, prende un disperato tiro da tre per far vincere i suoi: il tiro è buono (considerata la situazione), ma prende il secondo ferro e rimbalza indietro. Due Jazz si avventano a rimbalzo sulla palla e gettano in aria una seconda preghiera, che però non va nemmeno vicina ad essere ascoltata.
Boozer, come Malone prima di lui, ha clamorosamente tradito i compagni, venendo meno proprio quando cera più bisogno di lui, e lodiato coach Zen se ne va con un’altra ingiuriosa vittoria contro i mormoni.
Ragazzi, è stata durissima.
Ma fermiamoci qui con i ricordi e torniamo allattualità, e alla giusta celebrazione di questa finale.
Gli indici di ascolto sono stati molto buoni, e complessivamente trovo che sia stata una bella finale.
A parte gara 6, che è durata 12 minuti e poi è partita la festa bianco verde, tutte le altre sono state partite abbastanza divertenti. Tutte segnate da un blowout iniziale, con scarti anche da 20 punti (per luna o laltra squadra, a seconda delle gare), che però venivano puntualmente ricuciti, fino a consegnarci dei quarti quarti tirati in tutte le prime 5 partite.
Il tasso di spettacolarità è stato modesto, più che altro per la tipologia di giocatori coinvolti. A parte Bryant infatti mancavano giocatori capaci di esibirsi in fulminee penetrazioni, schiacciate, layup acrobatici, passaggi dietro la schiena (con leccezione di Rondo, che però quando fa dello spettacolo ti lascia sempre con una sensazione di ansietà, perché è evidente che non gli viene naturale, e che la vaccata è sempre dietro langolo). Pierce è un penetratore molto efficace, ma di certo non spettacolare (ma di questo parleremo dopo), gli altri Celtics e i due lunghi dei Lakers sono fondamentalmente dei tiratori dalla media, con tasso di testosterone pari a quello della fata Turchina (sì vale anche per Garnett, se parliamo della metà campo offensiva). I due playmaker, Rondo e Fisher, pur entrambi a loro modo commuoventi, non sono esattamente Paul e Williams, né Nash, e anche questo non ha facilitato unevoluzione spumeggiante del gioco.
Lo stesso Bryant, giocatore da top ten di nba action abituale, contro la difesa dei Cs ha dovuto spesso accontentarsi del tiro da fuori.
Quello che però ci è stato tolto come spettacolarità, trovo che ci sia stato restituito come intensità e tensione, visto landamento altalenante e combattuto di ogni gara.
Ho letto in rete che questa BOS-LAL non era che una copia sbiadita delle gloriose finali degli anni 80; non sono molto daccordo. Nelle mie lunghe notti di genitore con figli piccoli e col perverso vizio di non dormire, ho assunto ampie dosi di NBA TV, la quale in questo periodo trasmetteva le finali del passato. Sono incappato anche in alcune partite di quelle famose sfide tra Bird e Magic. Premesso che trattavasi di altro gioco, e di differente specimen fisico e tecnico e dei giocatori (per non parlare dei calzoncini), devo dire che non ho avvertito questo salto così clamoroso di nobiltà di quelle partite.
Quando noi oggi ci riferiamo a quei tempi tendiamo, come è normale, ad avvolgerli con lalone del ricordo, del come si stava meglio, tendiamo a ricordare solo le cose migliori. Per molti di noi poi quelle finali non erano nemmeno un ricordo diretto, ma filtrato da cassette tipo Larry Bird, a basketball legend, o Magic Johnson, always show time, le quali come giusto non sono dei documentari, ma delle antologie. Come dire: se da 3 serie finali (quelle giocate tra i nostri due beniamini) devi tirare fuori 20 minuti di azioni, tendi a metterci ovviamente il meglio. Quando invece guardi magari 5 minuti di secondo quarto di una partita, con in campo tutte le riserve, ti rendi conto che non necessariamente TUTTO di quellepoca era così favoloso.
Nessuno vuole quindi toccare due icone sacre della storia dellNBA, due vincenti veri, due personaggi (anche se in modo diametralmente opposto) che hanno fatto la storia del gioco, raggiungendo i massimi livelli, e soprattutto restandoci per anni (cosa che fin qui nessuno degli attuali Celtics o Lakers ha fatto).
Se ne facciamo però una questione di semplice appagamento nel vedere delle belle partite di pallacanestro, in cui dei campioni danno tutto per vincere il massimo trofeo, la differenza non mi sembra così abissale.
Quello che invece ho trovato strano, nuovo, per certi versi fastidioso, è stato il senso di vulnerabilità di entrambe le squadre.
Sia i Cs che i Lakers avevano degli evidenti difetti (offensivi i primi, difensivi i secondi), che non ti aspetteresti in due finaliste.
Se andiamo a vedere gli anni passati, con lesclusione dei Cavs finiti lì per sbaglio e per lintercessione di San Lebron, tutte le altre squadre erano decisamente più complete, più bilanciate, in una parola più forti.
Gli Spurs, i Lakers di Kobe-Shaq, i Pistons, i Bulls, ma anche Jazz, Pacers, perfino gli Heat e i Mavs (almeno prima della inspiegabile lobotomia di gara 3, di cui ancora oggi pagano le conseguenze) con un buon quintetto, una buona panchina, un coach esperto, un attacco non necessariamente sempre fluido, però capace di essere prepotente ed efficace quando serviva, una difesa a volte impenetrabile, a volte semplicemente decorosa, però sempre capace di fare quei 5-6 defensive stops che ti fanno girare una serie.
Questanno invece abbiamo due situazioni antitetiche e curiose.
I Lakers non difendono. Certo, non sono i Nuggets, che proprio non manifestano nessun interesse per questa attività, ma sono individualmente carenti e in generale poco organizzati. Kobe, che in attacco ha finalmente accettato il fatto di dover giocare allinterno di un sistema (e di poterne ricavare notevoli benefici), in difesa è ancora allo stato brado. Ha deciso che non marca Allen (troppo dispendioso fisicamente), prende Rondo ma non lo guarda nemmeno da vicino, gioca da battitore libero, raddoppia, cerca lintercetto, ma non allinterno di uno schema difensivo di squadra. Se io so che tu, quando la palla è in una certa posizione e succede una certa cosa vai a raddoppiare, so automaticamente che ci sarà una zona di campo che resterà sguarnita, e di conseguenza mi predispongo mentalmente ad uneventuale rotazione. Se però non ho idea di cosa farai, i miei tempi di reazione e adeguamento sono chiaramente maggiori, e i risultati sono chiaramente poco entusiasmanti.
Una difesa così scadente da venire esposta perfino da un attacco asfittico come quello bianco verde.
Un attacco che ha trovato nelle iniziative personali di Pierce lunica arma offensiva accettabile.
In stagione regolare si dava la palla a Garnett in post basso, e da lì lui sceglieva se attaccare o, nel frequente caso di raddoppio, a quale compagno regalare un tiro piedi per terra. Non esattamente i massimi sistemi, ma una cosina funzionante.
Nei playoffs però la cosa ha funzionato sempre meno. Un po perché i tiratori hanno tirato male: Allen inguardabile contro Cleveland e Detroit, ma male anche House e Cassel, semplicemente incommentabile Rondo. Garnett inoltre, avendo giocato mediamente non benissimo in finale, soprattutto a LA, è stato raddoppiato molto meno, e quindi ha creato molto meno per gli altri. Si aggiunga inoltre il problema di dare la palla in post basso al bigliettone: se il tuo play è Rajon mani non esattamente di fata Rondo, e il difensore su Garnett è un lungo (Odom o Gasol) molto mobile e con braccia particolarmente lunghe, fare arrivare quella palla non è molto semplice, specie in una serie di finale in cui laltra squadra ti conosce e sa che il tuo attacco passa da lì.
I Celtics si sono così sempre più rifugiati nellunica opzione possibile: palla a Pierce, già nella propria metà campo, che parte in uno contro uno se il difensore è Radmanovich, aspetta un blocco in tutti gli altri casi, e poi comunque va dentro. Sinceramente è un po poco per i campioni del mondo.
Questo per quanto riguarda i difetti tecnici, poi cè la continuità mentale; i Celtics abbondantemente in vantaggio sugli spaesati avversari, che spesso sul + 20 si guardavano con le facce impaurite di chi sa che poteva non bastare, ma anche i bianco verdi non sono stati esattamente incolpevoli.
Il motivo per cui ogni volta fosse necessario iniziare la partite concedendo 40 punti in un quarto agli avversari, salvo poi concederne solo 50 nei rimanenti 3, sinceramente mi sfugge. Va bene le sfuriate di Bryant, le mani fredde in trasferta, le percentuali insensate al tiro dei giallo viola, ma la proporzione rimane comunque curiosa.
[b]I playoffs che tutti si aspettavano (?!)[/b]
Chi ci capisce qualcosa è bravo.
Mi sono insopportabilmente vantato per aver creduto nei Celtics e in Pierce già in tempi non sospetti.
In compenso i playoffs non sono andati esattamente come io (e molti altri) credevamo.
Lidea era: a ovest mille squadroni, ma può essere che alla fine vincano Boston o Detroit, che arriveranno in finale molto riposate, mentre ad ovest ci si scannerà già dal primo turno.
Mmmh, vediamo.
Boston, su un numero teorico massimo di partite disputabili senza essere eliminati, 28, ne ha giocate26 (record ogni epoca). Siamo andati a gara 7 due volte, contro i Cavs del fenomeno, ma anche contro i non irresistibili Hawks. I Celtics hanno giocato così tante partite, che alla fine gli infortuni da stanchezza (oltre che da sfiga, vedi la tragicomica gara 1 di Pierce e Perkins) hanno iniziato a falcidiare la squadra: Pierce ha giocato visibilmente su una gamba sola, Rondo aveva una caviglia in fiamme, Perkins ha avuto problemi a caviglia e spalla.
Dallaltra parte, nel selvaggio West, i Lakers esordiscono con una non competitiva contro i Nuggets, 4 a 0.
Segue probabilmente la loro serie più impegnativa, quella con i Jazz. 4 a 2, ma risultato in dubbio fino allultimo. Arrivano poi gli Spurs, o meglio le loro controfigure. 4 a 1, fine della incredibile carriera di Horry e tutti a casa, con tanti pensieri nella testa di Buford. Lanno scorso avevo detto che il titolo degli Spurs (già in evidente calo) era figlio della clamorosa coincidenza di forma fisica smagliante dei loro big three allinizio dei playoffs. Questanno, con Ginobili al 25%, Parker tornato schizofrenico, e Duncan ai minimi storici è già stato incredibile lapprodo alle finali di conference. Tra laltro, nota per intenditori: avete notato la difesa al primo turno di Oneal su Duncan? Non vedevo Duncan così in difficoltà dallanno in cui lha preso Malone nella galoppata sfortunata dei 4 hall of famers dei Lakers. Che la voglia e lesperienza per un difensore siano più importanti di freschezza fisica e predisposizione difensiva?
Alla fine quindi sfacchinata per i Cs e passeggiata per i Lakers, che hanno giocato solo 21 partite, ovvero il 33% in meno degli avversari, ma comunque prevale la squadra dellest.
Le serie migliori, oltre alla finale (il che è già una buona notizia, visto lorrore dello scorso anno), sono state quelle tra LAL e Utah, Boston e Detroit, la ormai classica Cleveland Washington, il nuovo contro il vecchio Spurs-Hornets, e anche Spurs-Suns, molto più interessante di quanto non dica il 4 a 1 finale.
Il problema vero è che fino a novembre con lNBA abbiamo chiuso
Stanchi?
Peccato, perché io sto cominciando a scaldarmi solo adesso
Del resto visto che ormai sono sceso a un pezzo al mese, almeno che sia corposo. Quindi armatevi di pazienza e seguitemi nel doveroso:
[b]Pagellone dei giocatori
LA Lakers
Kobe Bryant: 6,5[/b] Bryant è un campione, è (meritatamente) lMVP, è grazie a lui se i Lakers sono arrivati in finale, non ha avuto un grande aiuto dai suoi, la difesa dei Celtics fa paura.
Tutto vero, ma Kobe è stato (come già detto) vergognoso in difesa, ha tenuto basse percentuali di realizzazione, è apparso spesso rinunciatario. I primi quarti delle ultime 4 gare sono stati semplicemente perfetti, però è mancato per il resto della partita, specie quando contava, con la sola esclusione delle due rubate a fine gara 5. Sono comunque fiero di lui (ne sarà certo contento ) per come è maturato come giocatore, per aver capito che un leader guida i suoi con lesempio, con i consigli, con i rincuoramenti, col fatto di cercare di mettere in partita chi non cè, e non con gli insulti e le dimostrazioni di disprezzo. E un Kobe nuovo e, ammesso che i Lakers riescano a capire cosa fare del loro meraviglioso ma inconciliabile roster (che facciamo del bambinone Bynum?), sentiremo ancora parlare di lui. Non male per uno che 8 mesi fa tuonava chiedendo la cessione.
[b]Lamar Odom: 6[/b] fortissimo quando ha giocato bene (clamoroso il finale di gara 5), anonimo nella maggior parte dei casi. Il contesto in cui può fare la terza punta è chiaramente quello che gli è più congeniale, ma deve trovare maggior continuità, almeno in difesa. Tecnicamente su un campo di basket può fare tutto quello che vuole (purchè si possa fare con la sinistra), ma ormai letà avanza e deve trovare durezza mentale per incidere sempre quando conta. Secondo me non è una causa persa, io credo che il prossimo anno lo ritroveremo più forte.
[b]Pau Gasol: 5[/b] sapete perché si parla di giocatori da regular season e giocatori da playoffs? Gasol è una perfetta esemplificazione di giocatore che può dominare una partita quando il livello fisico e dintensità è basso, e sparire quando invece la situazione si fa tesa. Non voglio nemmeno dire che sia un problema di mancanza di coraggio, è proprio che per il suo fisico e il suo tipo di gioco, se lavversario è troppo aggressivo non riesce a giocare. Fenomeno in RS, fantastico contro Nuggets e Jazz, ovvero le sue situazioni ottimali, squadre poco fisiche e che giocatori più tecnici che duri. In finale, a riprova di questo assunto, è stato se stesso solo a inizio partita, quando cioè fisiologicamente il tasso di testosterone è minore, per poi scomparire progressivamente sotto i colpi di un Garnett che letteralmente gli mangiava la faccia, ma persino di un Perkins che non dovrebbe essere in grado nemmeno di impensierirlo.
Qui, a differenza di Odom, non vedo grandi margini di miglioramento: Gasol è questo, prendere o lasciare. E io, pur apprezzando le fantastiche doti del giocatore, sinceramente lascerei
[b]Derek Fisher: 9 [/b] ovviamente non sto dicendo che Fisher abbia giocato meglio di Bryant, ma solo che the Fish, per il suo ruolo in squadra e per le sue capacità, ha dato ai Lakers molto più di quanto potessero aspettarsi. E corso dietro ad Allen al posto di Bryant, non ostante il differenziale di centimetri proibitivo, ha dato esperienza, canestri sugli scarichi ma anche in proprio quando serviva, in generale leadership, professionalità, coraggio. Mister 4 decimi proprio non poteva fare più di così.
[b]Vladimir Radmanovic: 2 [/b] il cadetto spaziale ci ha fatto ridere, ma poco altro. Laccoppiamento con Pierce sarebbe stato impraticabile quasi per tutti, ma lui ha sinceramente dimostrato di non appartenere a questo livello. Qualche buona lettura in attacco, qualche tiro da fuori, ma nullaltro. Un po poco per il tuo 3 titolare. Jackson ha la colpa di non averlo provato da 4, dove forse avrebbe potuto fare qualche danno in più allargando il campo e rendendo più complicate le rotazioni dei bianco verdi, ma in generale limpressione è che lui sia uno specialista di tiro, che a questo livello al massimo ti può dare una quindicina di minuti dalla panchina. Resteranno nella storia le immagini di Pierce infuriato con in compagni quando li invita a girare al largo invece di portargli il blocco perché, quando lui ha la palla e davanti vede il mago dello snowboard, ha già tutto quello che gli serve.
[b]Sasha Vujacic: 5,5[/b] Se pensate che sia per le basse percentuali, i pochi punti realizzati, le scelte di tiro azzardate, siete fuori strada. The Machine è il tipo di giocatore (alla Pozzecco, per capirci) che non è dotato di coscienza, e di conseguenza non sai mai che giocatore verrà alla partita. Sei certo che quando entra ti metterà a disposizione tutto quello che ha, che sarà aggressivo, che la sua mano non tremerà anche quando la palla è pesante. Quando va bene, e i suoi tiri insensati entrano, come in gara 3, hai il perfetto complemento a Bryant, lunico con Fisher in grado di avere il coraggio di provare ad attaccare quando tutto la stagione è in gioco. Ci sono invece volte (quasi tutti gli altri episodi della serie) in cui la palla non entra, i tiri restano insensati, e la tua unica alternativa è tirarlo fuori. Come sesto, settimo uomo mi sembra comunque un signor lusso. Il voto basso deriva invece da una singola giocata, quella però su cui è girata lintera stagione dei Lakers. Finale di gara 4, i Celtics dopo una rimonta insensata sono tornati sotto, Pierce è letteralmente distrutto, Garnett ha giocato una gara piuttosto squallida. Palla a Allen in punta, marcato da Vujacich. La classica finta di sopracciglio, e the Candyman molla sul posto lo slavo e si ritrova a soffrire di solitudine nel cuore dellarea giallo viola. Lazione più importante della stagione si conclude con un layup incontrastato. Certo, colpa anche dei due lunghi, che avrebbero dovuto chiudere.
Il problema però non è tanto il farsi battere in palleggio (anche se Allen non è proprio irresistibile in questo fondamentale), quanto il fatto che dopo essere stato battuto è rimasto, lì, fermo, non ha cercato di recuperare, al limite di fare un fallo. Niente. Allen grida cè qualcuuuno? e poi appoggia i due punti più facili della sua carriera, con cui conquista quellanello che gli sfugge da 10 anni. Si poteva fare meglio, Sasha.
[b]Phil Jackson: 5 [/b] al di là di chi vince e chi perde alla fine, che dipende anche molto da chi hai nel tuo roster, il compito dellallenatore è creare quelle situazioni tecniche che ti permettano di avere un vantaggio, e contemporaneamente trovare contromisure su quelle trovate dagli avversari.
Se vai sotto con Larry Brown, come nella finale con Philly del 2001, ci può anche stare. Se però vai visibilmente sotto contro Doc sono un ottimo telecronista, ma come allenatore siamo un po alle aste Rivers, qualche dubbio rimane. Rivers ha fatto la serie, ha scelto il ritmo, ha fatto aggiustamenti, ha abbassato il quintetto e lha rialzato, Jax ha inseguito, e pure piuttosto male. Non solo, è andato sotto anche in quello che normalmente è il suo punto di forza, ovvero le capacità motivazionali. Certo, motivare Allen, Pierce, Garnett, è più facile che motivare Gasol, Odom e Radmanovich, specie se conditi con ampie dosi di un Bryant conciliante ma mai del tutto controllabile, però questi Lakers hanno ceduto prima sul piano mentale che su quello tecnico, con il capolavoro di gara 6, una resa indecorosa che assomigliava più alle forche caudine che a un evento sportivo.
Che a me Jackson non piaccia non è un mistero, ma mi sembra che si stiano accumulando sempre più prove del fatto che, se la squadra che allena lui non è abbondantemente più forte di quella avversaria, non è così automatico che vinca, anzi
A lui il merito di saper gestire spogliatoi che nessun altro saprebbe gestire (questi Lakers, quelli di Shaq-Kobe-Payton-Malone, I Bulls di Jordan, Pippen e Rodman), però il mito secondo cui lui trasformerebbe in oro tutto quello che tocca mi sembra fasullo. Se è già oro, lui riesce a farne una buona gestione, se no perde come fanno tutti gli altri.
Mentre concludo la mia invettiva contro il simpatico Jackson, Word mi segnala che ho superato le 7 pagine, record ogni epoca, e comincio a sentir russare anche i lettori più determinati.
Ho così deciso che il pagellone della squadra vincitrice avrà lonore di un pezzo tutto suo, che giuro pubblicherò a brevissimo.
Vae Victis