Continuiamo con lanalisi delle finali e ci concentriamo questa volta sui Celtics.
Vai di Pagellone!
[b] Kevin Garnett: 8 [/b] la serie finale non è stata la migliore che ha giocato, bene in gara 6, benino in gara 2, complessivamente male a LA, col fondo toccato in gara 5, quando il suo 1 su 4 ai liberi nel finale è costato ai suoi la partita. Ma giudicare Garnett dai suoi numeri, o sul rendimento in una gara non ha senso. Garnett è il motivo per cui i Cs erano lì. Può non essere (e spesso non è) lesecutore materiale di una vittoria, ma ne è sempre il cuore, lispiratore. Per quanto sembri assurdo dirlo di uno che non aveva mai vinto niente, è stato lui a portare la mentalità vincente a Bean Town: impegno, costanza, abnegazione, gioco di squadra: questi sono stati i Celtics, e questo è quello che sostanzialmente ha portato lui. Non puoi giocare e non impegnarti se sei nella sua squadra, perché se no prima o poi devi incrociare il suo sguardo.
Un giocatore meraviglioso, a mio parere una delle più forti ali grandi di sempre (nel mio personale ranking viene perfino prima di Duncan, e con un titolo che potrebbero anche diventare 2 o 3, il paragone è finalmente praticabile), non gli metterei in mano il tiro della partita nemmeno se mi minacciassero con una pistola, ma lo vorrei sempre come pietra angolare della mia squadra.
Rimarranno nella memoria di tutti le numerose azioni in cui si è francobollato a Gasol, piegato sulle gambe e con la faccia schiacciata contro il petto dello spagnolo, senza lasciargli nemmeno lo spazio per respirare.
Come del resto questa stagione ci ha consegnato la sua posizione difensiva quando, a seguito di un cambio su un piccolo, si accucciava fino a toccare terra con le ginocchia e quindi essere più reattivo avendo abbassato il baricentro. Una macchina perfetta da difesa, feroce sul suo uomo (indipendentemente dal suo ruolo, altezza e caratteristiche tecniche), implacabile in aiuto, uno che non molla mai. Lintervista con Bill Russell nellintervallo di gara 1 era da far accapponare la pelle. Più investitura di così! Il miglior difensore di sempre che presenta al grande pubblico delle finali (dove lui è abbastanza di casa) il suo erede.
[b] Ray Allen: 7,5 [/b]Tutti per uno e uno per tutti, uniti per un obiettivo comune. Massima disponibilità.
Tutto vero, ma onestamente Allen è quello che ha dovuto sacrificare di più il suo ego allaltare della causa. Intanto perché era il meno forte dei 3, e quindi era logico e giusto che fosse il più ridimensionato. Poi per lo stile di gioco. Pierce riesce a creare gioco per sé senza bisogno di niente. Garnett pure, e crea per sé e per gli altri. Allen invece è sempre stato abituato ad avere una squadra che giocava per lui. 25 punti a partita, ma in un contesto in cui tutti i compagni si muovono o per portargli un blocco, o per creare spazio per lui, o per passargli la palla al momento giusto. Certo, poi bisogna saper sfruttare tutto questo, come faceva Reggie Miller, o come fa oggi oltre a lui il solo Rip Hamilton, però è richiesto che tutta la squadra lavori per generare il suo tiro. Certo, Allen sa fare anche altro, scaricare sui raddoppi, penetrare, partire in palleggio arresto e tiro, ma tutte queste fasi del suo gioco sono oneste, non da super star. Dove invece è una super star è nello smarcamento e nel catch & shoot. Peccato che in una squadra con un attacco poco fluido e organizzato come quello dei Celtics (in fondo è stato messo insieme in 2 mesi), con un play con la visione di gioco di Ray Charles (ma senza la sua inventiva), un lungo per fare i blocchi come Perkins, quindi non molto tecnico, e due super star che potrebbero ambire a ruoli più attivi nellattacco, trovare gli spazi per Allen non era facile. Il risultato è stato: complessivamente meno tiri, meno tocchi, e in generale il tipo di tiri disponibili erano dei piazzati sugli scarichi, non esattamente il massimo per un competitore che trae dal contatto con lavversario parte della sua carica.
The Candy man non si è lamentato (oddio, qualche faccia scura a onor del vero lha fatta), ha accettato il ridimensionamento del suo ruolo e ha cercato di essere positivo per la squadra: non essendo un giocatore di ruolo ma un attaccante pericoloso, le avversarie non potevano abbandonarlo troppo per raddoppiare gli altri due, che quindi avevano più spazio. Allen però era usato più che altro come una polizza assicurativa: la fai, ma speri di non usarla mai.
Nei playoffs è stato il giocatore che ha sofferto di più. Non potendo fare quello in cui era più forte, ha dato una mano in altri aspetti. Primo fra tutti la difesa. Joe Johnson al primo turno, linfaticabile Hamilton al terzo, e per finire in bellezza lamabile Bryant: si può capire che in attacco non fosse proprio freschissimo
Lutilizzo fuori ruolo in attacco ha però portato ad una mancanza di fiducia in sé, coincisa con momenti drammatici al tiro per tutta la serie contro Cleveland e la prima parte di quella con Detroit. Anche qui comunque He got game non ha ceduto e, visto che il tiro dalla lunga non entrava, si è riciclato come penetratore. Non una forza della natura, ma comunque rispettabile, anche perché se subiva fallo, tendeva a punirti dalla lunetta.
In finale il suo ruolo è cambiato ancora: il tiro da fuori ha reiniziato ad entrare (50% da 3 nella serie), e Allen è stato il più continuo dei 3. Pierce e (a volte) Garnett facevano la sfuriata offensiva che permetteva lallungo decisivo, ma Ray distribuiva i suoi punti su tutta la partita, permettendo di restare a una distanza sensata.
In fine, ciliegina sulla torta, la giocata che ha cambiato la serie: la penetrazione su Vujacic nel finale di gara 4. Il minore dei Big Three che vince la partita. Come? Beh, lui è un tiratore, la vince penetrando in uno contro uno.
Ovvio, no?
[b] Rajon Rondo: 6,5 [/b] Linfortunio non ha aiutato (o forse sì, nel senso che a permesso a Rivers di toglierlo dal campo senza infamia), ma la prestazione del play bianco verde non è stata memorabile. Abbandonato per il campo dalla difesa dei lacustri, è sempre stato in dubbio se tirare (dove non è esattamente un cecchino) o penetrare. Palle perse a vagonate, e un vantaggio tecnico concesso ai Lakers spesso inaccettabile. Rondo però è un secondo anno, alla sua prima esperienza in finale, e ha colossali margini di miglioramento. Non diventerà mai Steve Kerr, ma può migliorare il suo tiro almeno per ottenere un po di rispetto in più. Dallaltra parte porta alla causa un livello di intensità abnorme, in attacco e in difesa. E sempre in movimento, è su ogni palla vagante, prende un numero insensato di rimbalzi in attacco, carica i compagni di squadra. Questanno si è guadagnato la sufficienza, e come prima uscita non è niente male. Nel giro di due anni potrebbe essere un signor giocatore di ruolo, in una squadra con qualche altra stella. Clamoroso nella cicloturistica di gara 6.
Sembrava Taz.
[b] Kendrik Perkins: 6 [/b] Se Rondo è in rampa di lancio, con Perkins potremmo essere già arrivati al top. Prospettiva che potrebbe sembrare non incoraggiante, ma se si pensa al giocatore pigro, svogliato, molle degli anni passati, possiamo dire che si tratta di un’altra scommessa vinta di Ainge (o se preferite, di un miracolo di Garnett, che ha trasformato come persona il suo compagno di reparto). Gli infortuni lanno limitato, e bisogna anche considerare che ha dovuto giocare lunghi minuti contro Odom, lui che è un centro vero contro uno che è una finta ala grande. Eppure (complice anche Odom) ha tenuto botta. I suoi movimenti in attacco, anche se un po meccanici, non generano più lilarità generale, ma quello che più colpisce è la fisicità che mette nelle sue giocate.
Trasformato
[b] James Posey: 8,5 [/b] Potrei parlarvi di quanto ha giocato bene, ed è stato determinante, ma vorrei evitare di dire ovvietà. Lavete visto tutti. Vorrei invece farvi notare un particolare che a me, quando ci ho pensato a fatto molta impressione.
Pat Riley è un allenatore eccezionale. Se vi ricordate, Posey ha vissuto i primi anni di carriera fra Denver e Menphis. Quando riusciva a giocare (cioè quelle poche volte che non era infortunato) era uno slasher, ovvero un attaccante atletico e istintivo, con tiro da fuori modesto, ma molto forte in penetrazione, o a convertire rimbalzi offensivi. In difesa ne faceva più che altro un fatto atletico, ma tutto si poteva dire fuorchè fosse uno in grado di cambiarti una partita con la sua continuità difensiva.
Quando Riley lha portato a Miami, di fatto in cambio di Eddie Jones, ricordo di aver scritto per mesi tutto il male possibile. Jones miglior tiratore da 3, abbondantemente miglior difensore, senzaltro molto più serio. Due anni alla corte di Re Pat hanno trasformato Posey in questo: un veterano affidabilissimo, braccio in campo dellallenatore, gioca bene gli spazi dellattacco, tira da tre con mano ferma, specie quando conta, ma soprattutto è la pedina tattica di ogni difesa di successo, può marcarti Nowitzki, Lebron, Bryant con efficacia clamorosa, oltre a non negarsi mai la soddisfazione di prendere uno sfondamento prevedendo al millimetro la linea di penetrazione.
Beh, letà e la maturità qualche effetto lavranno avuto, ma il sospetto che zio Pat centri qualcosa è per lo meno legittimo.
[b] PJ Brown: 8 [/b] Poteva starsene comodo comodo a casa sua a New Orleans, a godersi la meritata pensione di un guerriero, che ha sempre dato tutto alla causa. Mai un fenomeno o un dominatore, ma sempre una pedina fondamentale nelle squadre in cui ha giocato. Il fato ha voluto lASG proprio a NO, e un leggendario abboccamento con Pierce, che gli ha chiesto se non voleva fare un ultimo tentativo per quel titolo che gli era sempre sfuggito. Qualche tempo per pensarci, e poi larrivo a Bean Town. In punta di piedi, come al solito, ha guadagnato minuti a poco a poco, fino al momento più alto in questa stagione, il quarto quarto di gara sette contro i Cavs. Diciamoci la verità: i big three, la difesa, un colossale Pierce (oltre 40 punti in quella partita, anche se quasi tutti nel primo tempo), ma se PJ non avesse avuto il coraggio di prendere quei 3-4 tiri dal gomito nellultimo quarto, quando nessun Celtic si sentiva di farlo, oggi probabilmente staremmo parlando di un’altra storia. A metà stagione avevo detto che ai Cs non serviva un altro lungo. Beh, direi che mi sono sbagliato.
[b]Il resto della panchina: 7,5 [/b] Chi stesse pensando che questo raggruppare gli ultimi giocatori rimasti sia dovuto alla mia pigrizia, è il solito malfidente.
In realtà questa scelta è legata al tipo di apporto, decisamente corale, fornito dalle seconde linee dei Celtics. Che voto si può dare ad esempio al Leone (Leon Powe), 21 punti in una gara, trasparente nelle altre, non ostante la promozione in quintetto al posto dellinfortunato Perkins? Se facciamo una media matematica per singolo giocatore sulle 6 partite, nessuno otterrebbe nemmeno la sufficienza. Se però li consideriamo insieme, possiamo dire con la panchina di Boston ha prodotto con una certa costanza almeno un giocatore che ha giocato una partita molto solida (il già citato Powe in gara 2, ma anche House in gara 4, Cassel ha avuto alcuni buoni momenti, Tony Allen alcuni buoni minuti!). Complessivamente comunque in ogni partita almeno un panchinaro ha avuto un ruolo importante nelle vittorie ottenute.
E in fondo il compito di una buona panchina è proprio questo.
Se in panchina ci fosse un giocatore che ne mette 20 ogni sera, anche a livello di finale, allora saremmo di fronte a Manu Ginobili, ovvero la più grande truffa orchestrata dagli Spurs, che hanno ottenuto un premio di sesto uomo dellanno mettendo per finta in panchina la loro seconda stella.
A completare il roster dei Celtici anche Big Baby, che però è stato limitato a semplici comparsate a partite già concluse. Ingiudicabile per questanno, ma molto interessante in prospettiva.
[b]Tutto bello, e adesso?[/b]
Lanno prossimo i Celtics si candidano già come squadra da battere.
I Big Three sono ovviamente confermati e sotto contratto, Brown e Cassel con ogni probabilità si ritireranno (ho sentito di Sam I Am che si sarebbe proposto come coach dei Clippers. Se mai fosse, spero che gli dedichino un reality, perché una sit com sarebbe troppo facile).
Il vero nodo è la posizione di Posey, free agent e ampiamente meritevole di tanti soldi; soldi che i Celtics, visto quanto il ragazzo produce, gli darebbero anche, ma la situazione salariale un minimo pesante fa sì che possano allungargli al massimo la mid level exception, ma poi non avrebbero i soldi per trovare adeguati rimpiazzi per Brown e Cassel. La situazione è anche complicata dal fatto che Posey, ribattezzato da molti addetti ai lavori il prossimo Robert Horry, ha una schiera di corteggiatori più lunga di quella della Bellucci, pronti a svenarsi per assicurarsi i servigi del difensore totale che mette le triple nel finale.
Il mio (al solito inutile) consiglio, sia per i Celtics che per Posey è quello di firmare un annuale a una cifra intermedia, provare a vincere un altro titolo (e se questo matrimonio continua, le probabilità sono ancora maggiori), e poi prendere ognuno la propria strada. Dal punto di vista di Boston la cosa è evidentemente vantaggiosa, ma credo che anche per Posey potrebbe essere interessante: la fame e la povertà, per sé e per le prossime 4 generazioni dovremmo averla scongiurata in ogni caso (e comunque non è che altrove Posey possa pensare di prendere 20mln a stagione, se lo pensasse sarebbe Marion.), mentre dal punto di vista delle soddisfazioni personali i bianco verdi restano a tuttoggi il miglior lascia passare per il suo terzo titolo.
A parte questa situazione, la più spinosa per Ainge nellestate, le altre notizie sono abbastanza positive: come anticipato Perkins probabilmente non diventerà mai il prossimo Olajwon, ma è comunque diventato un onesto mestierante, Rondo è atteso a grandi miglioramenti, e tra il prossimo anno e quello dopo è lecito attendersi che almeno uno tra Davis e Powe maturi fino a diventare almeno un buon lungo di rotazione.
Se poi la difesa è difficilmente migliorabile, in attacco il prossimo anno i Cs possono pensare di far vedere qualcosa di buono. Maggior confidenza tra i giocatori, una seconda estate di lavoro insieme, concentrando lattenzione più sullattacco che sulla difesa (al contrario di quanto fatto, a ragione, la scorsa estate). Per quanto detto prima, il maggior beneficiario di un attacco più fluido potrebbe essere proprio Ray Allen, il tutto a vantaggio di un attacco ancora più distribuito e difficile da arginare.
I Celtics del prossimo anno saranno, se possibile, ancora più forti di quelli di questanno, mentre allorizzonte non si profila una concorrenza spietata: buone realtà in crescita, come Utah, New Orleans, Portland, e Miami, sempre che riesca a fare buon uso del ben di Dio che possiede fra spazio salariale e seconda scelta del draft. Nessuna però appare matura per contrastare i bianco verdi. Le storiche in calo, SanAntonio, Phoenix, Detroit (sembra che siamo ufficialmente allo sbaraccamento della squadra), Dallas, sembrano più progetti disperati per la scadenza dellorologio biologico, che non reali avversarie.
Il mercato estivo potrebbe cambiare tutti gli equilibri, ma al momento i Celtics assomigliano molto alla favorita al titolo per la prossima stagione. Da lì in poi, o scatta nei big three una sorta di dominio mentale sulla lega, alla Jordan, per capirci, o sono destinati a cedere sotto i colpi delletà.
Per intanto godiamoci questa epica galoppata e il 17° titolo dei bianco verdi.
[b]MVP[/b]
No, non mi ero dimenticato del pagellino di Paul Pierce, volevo solo dedicargli un meritato spazio tutto suo.
Premesso quanto già detto, e comunque noto da diverso tempo, ovvero che P2 non è un leader, un trascinatore, e che il cuore e lispiratore di questa squadra è stato Garnett, a Pierce va finalmente attribuito il titolo di vincente.
Un giocatore strano Pierce.
In certe cose ricorda perfino Bird. Un ala piccola dal fisico massiccio, a tratti quasi goffo, non particolarmente veloce, non un gran saltatore, un vincente che sa prendersi il tiro, anche da 3, quando conta, ma non necessariamente uno specialista di tiro dalla lunga. Tanti punti, rimbalzi, assist, e uno stile di gioco che sembra fuori dal tempo.
Certo, la visione di gioco di Bird era di tuttaltro livello, era unautentica point forward, Pierce è solo bravo a scaricare se raddoppiato, così come la durezza mentale del nativo dellindiana era imparagonabile.
Quando vedi penetrare The Thruth, ti chiedi come possa succedere: non è certo rapido e sinuoso come Bryant, non è veloce e potente come James, non ha una gran varietà di movimenti fronte e schiena a canestro come Anthony. Lui va dentro in palleggio; una volta su due va in virata dorsale, e poi senza un gran cinema di finte o stacchi prodigiosi per andare a schiacciare, semplicemente va a tirare. Il fatto strano è che spesso segna.
Secondo me però a farne un campione non sono i 40 (inutili) punti di gara 5, lallungo ispirato in gara 2 e 4, luscita in barella e il rientro alla Willis Reed di gara 1 (condito con le giocate che hanno fatto vincere la partita).
Quello che veramente ha fatto la differenza è stata la difesa. E non solo per il solito adagio lattacco fa vendere i biglietti, ma la difesa vince i titoli. Il campione capisce che per raggiungere la vittoria cè da fare una certa cosa, e la fa. Una volta può essere segnare il tiro della vittoria, unaltra fare 50 punti, unaltra ancora mettere in ritmo i compagni con gli assist. In questa serie, e in particolare in gara 4, quella che ha definitivamente indirizzato la serie verso il Massachussettes, quella cosa era fermare Bryant. E allora Pierce, che tutto è fuorchè un difensore naturale, e che per caratteristiche atletiche di certo non poteva stare con Kobe, nellintervallo è andato da Rivers e ha detto: il 24 lo prendo io.
Detto, fatto.
Non è che Allen, o Posey, non avessero fatto un buon lavoro: ogni tiro di Bryant era stato adeguatamente contrastato, sempre la mano davanti alla faccia, e sempre la muta di Celtics pronti a raddoppiare che sconsigliavano la penetrazione. Tuttavia era altrettanto evidente che fosse Kobe, fuoriclasse vero, a guidare le danze e, pur allinterno di quanto lasciava la difesa, sceglieva tempi e modi di esecuzione.
Con Pierce invece la libertà del 24 era ulteriormente ridotta, Kobe era spesso costretto a scaricare, o a forzare oltre ogni buon senso (e quindi con risultati scadenti) pur di prendere un tiro.
Questo secondo me è essere un campione, superare i tuoi limiti per fare in ogni momento quello che serve alla tua squadra per vincere.
E Pierce, finalmente, lha fatto.
Voto 9.
MVP.
The Captain and the Thruth.
Vae Victis