Sarebbe piuttosto facile commentare la stagione di una squadra che, appena promossa nella massima serie, dopo aver condotto un campionato di alta classifica si vede sfilare lapprodo ai playoff solo allultima giornata e per colpa di una maledetta classifica avulsa con altre due squadre a pari merito, non prima di essersi tolta più di una soddisfazione nel corso dellanno, quale ad esempio lapprodo alle semifinali di Coppa Italia dopo aver battuto i campioni dItalia passati e futuri, oppure laver battuto squadre blasonate ed aver piazzato più di un soddisfacente colpo in trasferta.
Sarebbe facile perché è fuori di dubbio che questo, in condizioni normali sarebbe da considerare un risultato più che positivo e sul quale costruire un futuro ancor più roseo.
Ma Pesaro, si sa, non è una piazza normale; è una città che trasuda basket da ogni poro e, come tale, da un lato circonda i suoi beniamini di una passione quasi ineguagliata in Italia, ma dallaltro lato si sente in diritto di pretendere e criticare a proprio piacimento.
Così un stagione di assestamento nella massima serie e che comunque ha visto una crescita ulteriore della rinnovata società pesarese, è stata invece salutata, complice il calo evidente di gioco e di risultati rispetto alla parte iniziale della stagione, con più di qualche lamentela da parte dei più tifosi più esigenti.
Non che manchino i fatti su cui recriminare, come qualche sconfitta inopportuna, i malanni ormai cronici di Myers, i limiti tecnici o mentali di qualche giocatore, ma è stato quanto meno curioso veder passare, nel corso della stagione, Clark da trottolino inarrestabile a guardia senza playmaking e con evidenti limiti difensivi, Pasco da portentoso aspira-rimbalzi a saltimbanco privo di tecnica e Slay da un amato talento tutto genio e sregolatezza ad uno psicolabile tollerato a fatica dal pubblico.
Il tutto mentre il più anonimo degli americani visti da queste parti, il carneade Brokenborough, nello stesso periodo passava dallessere considerato una sorta di tenero Giacomo ad un mastino difensivo di primo livello, laddove forse i suoi reali meriti sono stati quelli di non aver creato particolari attese nei suoi confronti e di aver lavorato con indiscutibile abnegazione.
In effetti gli umori del pubblico sono sempre imprevedibili, a maggior ragione, come si diceva, in una piazza esigente e volubile come quella pesarese e così anche il tanto osannato coach Pino Sacripanti, tuttora idolo dellInferno Biancorosso, finiva con lessere messo in discussione dai tifosi più borghesi, secondo i quali non era stato in grado di gestire al meglio il gruppo e di non aver saputo dare alla propria squadra un gioco che si discostasse molto da un corri e tira con un uso estremo del pick & roll.
Come al solito la verità sta nel mezzo.
Il piano di Sacripanti era chiaro fin da subito; un playmaker razzente per un gioco brioso e non troppo ragionato, una guardia che non facesse troppa ombra allingombrante capitan Myers, un pivot veloce e dinamico e lo zoccolo duro dei reduci della legadue su cui fare affidamento per i momenti di sbandamento.
Finché i contrattempi inevitabili di ogni stagione non si sono fatti vedere, tutto è filato alla perfezione e la squadra, dopo essere arrivata addirittura a sfiorare la seconda posizione, ha terminato il girone dandata in piena zona play-off, guadagnandosi meritatamente lapprodo alle final eight di Coppa Italia.
A tutto dicembre Clark era ancora considerato uno delle rivelazioni del campionato, Slay (pur già con qualche accenno di squilibrio) unottima ala forte e Pasco un centro i cui già noti limiti tecnici potevano esser tollerati in virtù della sua straordinaria energia, mentre Myers sembrava vivere una seconda giovinezza e Sacripanti veniva indicato come uno dei coach dellanno.
Che non potesse essere tutto rose e fiori fino alla fine ce lo si poteva aspettare e così lavvio del girone di ritorno coincideva con linevitabile momento di calo di forma della squadra che, unito ai malanni fisici di Myers ed allincapacità di riproporre il gioco spumeggiante dellautunno, originava qualche brutta sconfitta (in casa contro Udine in primis) e qualche malumore in tribuna e spogliatoio.
Facile che in situazioni come queste emergano poi tutte le tensioni sopite dalle vittorie ma che, probabilmente, covavano sotto la cenere fin dallinizio; si parla ovviamente del caso Slay, già punzecchiato dal totem Myers ad inizio stagione e poi apertamente fischiato per i suoi atteggiamenti, inizialmente rubricati in maniera benevola come istrionici, dal pubblico.
E così mentre la squadra lentamente si riprendeva dalla sua piccola crisi e i motori riprendevano a girare a buon regime, da un lato Slay diveniva un corpo estraneo al gruppo mentre dallaltro lato Myers pareva aver esaurito la benzina; il tutto mentre, si badi bene, la squadra rimaneva sempre, più o meno agevolmente, in piena zona play-off.
Aggrappandosi comunque alla vecchia guardia ed allinnegabile dedizione messa in mostra da Clark e Pasco, il gruppo pareva poter reggere orgogliosamente fino alla fine della regular season quando però, uscendo sconfitta dinanzi ad un Avellino nettamente più pimpante, i peggiori incubi si materializzavano con linopinato arrivo a pari punti con Cantù e Fortitudo e con la clamorosa estromissione in extremis dai playoff, con la beffa di averne dolcemente accarezzato lidea per tutto lanno.
E così, nel breve spazio di pochi istanti, unannata oggettivamente apprezzabile è stata spazzata via da una delusione enorme; tutto sommato, però, la compostezza con cui tutti (coach, società, giocatori ed anche il tanto esigente pubblico) hanno reagito dinanzi a questa amarezza lascia trasparire come tutti siano ben consapevoli che questo immeritato finale sia figlio più che altro di una maledetta sfortuna, per dirla alla Vasco Rossi.
Ciò nonostante nessuno ha voluto negare che, al di là della sfortuna, i nodi venuti al pettine nel corso della stagione abbiano avuto il loro peso e non è un caso che già fin dalle prime battute di questo mercato la società abbia mostrato di voler intervenire sostanziosamente sul roster.
E così Pasco e Slay se ne sono già andati con più o meno rimpianti mentre Clark, inizialmente vicino alla riconferma, se ne andrà altrove a raccogliere i frutti di una stagione tutto sommato positiva.
Il ritiro improvviso annunciato dallapprezzato Podestà, gli addii senza tanti rimpianti a Fultz e Brokenborough ed i dubbi ancora persistenti sulla riconferma di Zukauskas, fanno sì che la squadra del prossimo anno sarà inevitabilmente rivoluzionata.
Rimangono le colonne Myers (al suo ultimo anno di contratto e, probabilmente, di carriera) e Hicks (sicuramente il più continuo ed il più apprezzato nel corso dellanno e non solo per le sue doti tecniche), mentre sono già stati annunciati i primi arrivi, ovvero largentino Stanic come back-up nello spot di playmaker, la guardia Ramel Curry e lala forte Leroy Hurd, entrambi già conosciuti ed ampiamente apprezzati nelle passate stagioni italiane ma anche tormentati da recenti problemi fisici.
Manca ancora qualche tassello importante, soprattutto nel reparto lunghi (si sono fatti i nomi di Michelori e del belga Van Rossom per la cabina di regia), ma pare di poter capire che nella prossima stagione si voglia chiedere uno sforzo più limitato ad un Myers risultato a volte troppo condizionante e che si voglia puntare su giocatori forse meno spettacolari ma più concreti, in modo tale che la gloriosa quelle possa avvicinarsi ulteriormente ai fasti del passato.