Ormai è da qualche anno che ci chiediamo cosa manchi agli Houston Rockets per dare la definitiva rincorsa all’anello e la risposta è tutta da capire, o forse è ben chiara…
Le stelle della squadra Yao Ming e Tracy McGrady, per vari motivi, non sono mai stati in grado di fare l’ultimo salto di qualità nei “clutch moment”. Molto spesso si sono trovati a battagliare contro gli avversari senza la propria degna spalla, infatti gli infortuni hanno praticamente falcidiato ad intervalli regolari il “dynamic-duo”.
Nell’ultima stagione è toccato al cinese sedersi e guardare tutto il finale di stagione dalla panchina.
Il 27 febbraio il piede di Yao ha fatto crack e la diagnosi è stata da subito impietosa: frattura da stress che dichiara terminata la stagione di Yao, rischiando di precludere anche la sua presenza alle olimpiadi di casa.
Sembra davvero la mazzata decisiva per le speranze dei Rockets in piena scalata nelle posizioni della Western conference con 12 vittorie in fila.
Tutto il roster riesce a fare quello “step-up” che serve per supplire alla mancanza di una presenza da 22 punti, 11 rimbalzi e la canalizzazione di tutte le attenzioni difensive altrui.
La striscia positiva arriva sino a quota 22 (seconda migliore della storia dietro alle 33 dei Lakers 71-72), ma quando termina si ha la sensazione che la benzina per T-Mac e compagni, possa essere finita.
Il gioco dei playoffs è molto più a metà campo e, nonostante la difesa con Mutombo in mezzo ed esterni come Battier (nostro assoluto difensore dell’anno tra gli umani), Bobby Jackson e Chuck Hayes, l’attacco è veramente un’avventura incentrata nelle sapienti mani di McGrady.
Houston termina la regular season con un ottimo record di 55-27 che gli garantisce la quinta piazza della western conference e l’ennesimo scontro con gli [b]Utah Jazz[/b], dopo che solamente 12 mesi prima Williams e compagni erano andati a vincere gara 7 proprio in terra texana.
La serie inizia ed è subito choc per Houston che perde la prima partita tra le mura amiche, salvo poi bissare l’insuccesso in gara 2 ed esponendosi a fiumi di critiche.
Utah tornando in terra mormona spera di chiudere la serie con un cappotto, ma la truppa di Adelman ha un sussulto d’orgoglio e accorcia le distanze, prima che Utah si porti agevolmente sul 3-1 in gara 4.
Si torna in Texas ed è una beneficiata per i Rockets che vincono con ampio margine (95-69), ma si congedano dal pubblico amico, perchè gara 6 risulterà fatale con Utah che estromette, per l’ennesima volta, i razzi dai playoffs.
Si poteva fare sicuramente di più, ma la serie è stata pesantemente condizionata dall'[b]assenza di Ming[/b] che avrebbe sì potuto soffrire la perimetralità di Boozer e Okur, ma avrebbe indubbiamente dominato in post e sotto entrambi i tabelloni.
A questo punto tornano alla mente gli echi delle critiche a [b]Mc Grady sulla incapacità di elevare il suo livello di gioco[/b] e quello dei compagni, proporzionalmente alla posta in palio. Il numero #1 è, per certi aspetti, il più forte e completo giocatore della lega, ma purtroppo i suoi continui insuccessi primaverili hanno fatto di lui il più classico dei giocatori: “potenzialmente il più forte ma…”.
Questa etichetta ormai accompagna T-Mac da sempre e bisogna valutare per i Rockets se i sogni di gloria della squadra debbano passare per forza attraverso le lune di “the big sleep”.
L’anno prossimo Houston si presenterà ancora come una delle contender ad ovest e non siamo scettici sulla possibilità di fare strada anche nei playoffs, a patto che le due stelle stiano bene e possano giocare proficuamente insieme. Il roster è di tutto rispetto ed ha il giusto mix di esperienza, classe ed attributi per poter far bene. Sarà compito di Adelman ripulire dalla testa l’ennesima stagione parzialmente positiva della sua squadra.
A migliorare la rotazione sono arrivate dal draft due innesti di discreto interesse come Joey Dorsey finalista NCAA con i Tigers di Memphis che è un’ala decisamente atletica con discreti margini di miglioramento e Donte Greene un’ala freshman uscita da Syracuse di sicuro interesse e di altrettanto talento potenzialmente pronto ad esplodere.
Nelle ultime ore è stato firmato con un biennale anche Brent Barry in uscita dagli Spurs per dare un pò di esperienza e perimetralità all’attacco.
Immaginiamoci un quintetto con Ming, Scola, Battier, McGrady e Alston con Jackson, Head, Barry, Landry, Hayes e Mutombo a fare da backup e il duo di nuovi giovani ad imparare, il tutto diretto e miscelato da un più che buon allenatore come Adelman. Scopriremo il prossimo aprile se effettivamente siamo davanti alle solite speranze e sogni estivi, oppure ad un vero e proprio upgrade globale che potrebbe anche voler dire anello.