Il nome di Jerry Sloan e degli Utah Jazz ormai viaggia di pari passo da 20 anni. Sin dai tempi di Stockton e Malone, si ricordano stagioni da protagonsti e, nelle volte in cui le difficoltà hanno avuto la meglio sui risultati, la costanza e la serietà della società mormona hanno fatto si che si vincesse o perdesse sempre con la massima dignità.
Il rischio ora è di cadere nellassuefazione da buoni risultati, infatti la squadra con Deron Williams in regia, Boozer ed Okur a punire e Kirilenko a fare da jolly, ha fornito nelle ultime due stagioni, records di tutto rispetto e playoffs più che discreti, fermandosi sempre però ad un passo dal sogno. Manca il classico trenta che fa trentuno, ma questa unità mancante non è stata cercata nel mercato, infatti la squadra che si presenta ai blocchi di partenza della nuova stagione è praticamente identica a quella dellanno passato, che ha patito leliminazione in semifinale di conference dai Los Angeles Lakers.
Quello che pare mancare cronicamente a questa squadra è il giocatore con gli attributi del campione, che possa sgravare parzialmente lunico effettivo in grado di mostrare il famigerato heart of a champion ovvero Deron Williams. Boozer ed Okur sono due giocatori che hanno la sinistra tendenza a sparire nei momenti caldi e nascondendosi dalle responsabilità.
Chi potrebbe essere il degno sparring partner per il playmaker ex Fighting Illini è sicuramente Kirilenko che però, per via del suo gioco totale, sta avendo un down di considerazione sempre più rapido. Spesso viene offensivamente confinato a tiratore sugli scarichi perché la prima opzione è il pick and roll Williams-Boozer e questo ruolo non può che inficiarne le prestazioni rendendolo un giocatore normale.
La vera chiave di volta per i successi nelle partite che contano davvero sarebbe quella di puntare più sul russo che sui due sopracitati, ma ovviamente la loro efficacia durante la regular season e gran parte delle partite, permette ai Jazz di avere lattacco più fluido e spietato della lega, quindi cambiare tattica solo nei must win game, snaturerebbe tutta la linea perseguita fino a quel momento.
[b]Il quintetto:[/b]
[u]Deron Williams:[/u] semplicemente uno dei migliori (il migliore?) playmaker della lega. Possiamo tediarci ancora su chi sia più forte tra lui e Chris Paul, ma a noi interessa relativamente, diciamo che sicuramente il ragazzo ha le stigmate del campione e lo ha dimostrato.
[u]Ronnie Brewer:[/u] un giovane di grande interesse che si incastra molto bene negli oliati meccanismi di Sloan. Questo gli ha permesso di guadagnarsi un ottimo minutaggio lo scorso anno, che dovrà esser fatto fruttare nella prossima stagione con un maggior bagaglio di esperienza.
[u]Andrei Kirilenko:[/u] è lesemplificazione dello swingman odierno. E’ in grado di fare tutto sul campo ed aveva la sua migliore sistemazione in una squadra operaia e meno talentuosa, come erano i Jazz qualche anno fa. La sua capacità di riadattarsi e riciclarsi come terzo/quarto violino di squadra e grande defensive stopper, ci dirà molto sulle reali possibilità dei Jazz. Giova dire che è anacronistico pensare che un ragazzo in grado di fare tutto sul campo debba riadattarsi a specialista.
[u]Carlos Boozer:[/u] una delle migliori ali forti della lega, fino a quando il pallone non scotta. Tanta abnegazione, tanto impegno ed altrettanta sostanza nella sua pallacanestro. Lesecuzione del pick and roll con Williams è esiziale ed aperta a milioni di soluzioni, ma manca ancora la capacità di essere decisivo quando serve.
[u]Mehmet Okur:[/u] l’altra chiave di lettura dello splendido attacco a metà campo dei Jazz. Con lui il campo è aperto e larghissimo, il suo tiro da fuori è di affidabilità pressoché certa. Per caratteristiche manca di verticalità ed intimidazione, ma non è questo che vuole Sloan da lui e finchè garantirà la sua qualità in attacco potrà gestirsi ed essere più protetto in difesa.
[b]La panchina:[/b]
Se parliamo di aprire il campo nessuno è meglio di Kyle Korver ed infatti da quando è arrivato a Salt Lake City le sue azioni sono salite vertiginosamente, perché se viene messo in ritmo con un minimo di spazio la sua esecuzione è una sentenza inappellabile.
Aggiungiamo la fisicità, lesperienza e la durezza del gioco di Harpring, e la “pera di Ginseng” di nome Paul Millsap ed abbiamo una panchina che può anche permettersi di ribaltare le partite se opportunamente mescolata a qualche titolare.
[b]Il giocatore chiave:[/b]
Sarà scontato, ma il vero salto di qualità a questa squadra deriva dallincastro più proficuo possibile di Kirilenko allinterno del sistema. Se il russo può esprimersi introno ai 15 punti di media, fornendo come sempre la sua dose di atletismo difesa e rimbalzi si arriverebbe poi alla possibilità di vederlo gestire offensivamente (e non solo difensivamente) i possessi chiave dei match.
In questo caso la geografia della western conference potrebbe subire un bello choc.
[b]Il coach:[/b]
Sitamo parlando di una sicurezza. E un grandissimo allenatore sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista motivazionale/gestionale. Negli award di fine stagione è stato troppo spesso snobbato, ma tutto ciò non inficia minimamente la qualità della pallacanestro espressa dalle sue squadre, sapientemente mixata con la giusta dose di cinismo e concretezza. Ai blocchi di partenza, finchè lui sarà sulla panchina, avremo un candidato per il Coach of the year.
[b]Prospettive per la stagione:[/b]
Quando una squadra è la barzelletta della lega, punta a diventare competitiva. Quando lo diventa ha come mira quella di diventare una contender e quando raggiunge questo punto, prova lultimo step verso la gloria del titolo.
Ai Jazz manca proprio questo ultimo passo che potrebbe portarla nellolimpo del basket, ma se i primi passi verso una rifondazione sono abbastanza agevoli (vero New Orleans?), arrivare allelitè è molto difficile e basta anche solo un granello di sabbia per inceppare lingranaggio.
Ai Jazz manca proprio questo granello di sabbia, che non deve finire negli ingranaggi, ma bensì nel filtro della sporcizia.