Lennesimo anno zero di Chicago ha avuto il via il 21 Maggio 2008, quando la sorte ha regalato alla franchigia, che fu di Micheal Jordan, la prima scelta assoluta, in barba a qualsiasi teoria matematica, visto che Chicago aveva solo l1.7% di possibilità di pescare la prima chiamata assoluta. Gli dei del basket, tante volte chiamati in causa quando si parla di draft, anche questa volta hanno preso una decisione a sorpresa, quindi, e sempre continuando di sorpresa in sorpresa, John Paxson, l Executive Vice President of Basketball Operations (sigla enorme che sostanzialmente vuol dire, [i]colui che decide immediatamente dopo il presidente[/i]) ha deciso di chiamare come [i]first round pick[/i] [b]Derrick Rose[/b]. Una sorpresa parziale, si potrebbe dire, visto che Rose partito in sordina alla vigilia del draft è salito molto nella considerazione degli addetti ai lavori nel finale di stagione pur essendo reduce dalla folle (buttati al vento 9 punti di vantaggio in 2 minuti) sconfitta della sua Memphis alle final four contro Kansas, è un play molto particolare: alto (siamo attorno ai 190 centimetri), robusto ed atleticamente molto forte (in preseason ha già mostrato di essere non solo in grado di essere il lanciatore degli alley hoop, ma anche il finalizzatore con un paio di voli ad altezza ferro) non è esattamente un ragionatore né un tiratore mortifero, ma la combinazione di stazza, atletismo, velocità e capacità di lettura ne hanno fatto un giocatore sotto i riflettori sin da quando si è dichiarato per il draft. Una sorpresa dicevamo perché lalternativa a Rose era Michael Beasley, ala non esattamente forte e non esattamente piccola che però avrebbe potuto coprire il ruolo di giocatore da alimentare in post, dopo il necessario apprendistato. Siccome Paxson ripete da almeno due anni che lunica cosa che non permette ai Bulls di essere una contender è la mancanza di un giocatore di post basso dominante, cè da credere che Beasley sia stato scartato, o che la scelta di Rose fosse troppo importante per fare distinzioni sui ruoli. Sta di fatto che ora i Bulls si trovano con due play nel back court: Hinrich e Rose, che dovranno giocare molto assieme, essendo Hinrich titolare di un contratto molto pesante, difficilmente scambiabile dopo lannus horribilis scorso e peraltro giocatore preferito da Jerry Reinsdorf.
Non bastasse lestate Bulls è stata scossa anche dai difficili rinnovi di Luol Deng e Ben Gordon, che appunto assieme ad Hinrich, andavano a formare, fino allo scorso anno, il cuore pulsante dei Bulls. Se per Deng lintesa è stata faticosamente raggiunta a quota 71 milioni per 6 anni, per Ben Gordon, che ricordiamolo è incidentalmente il go to guy della squadra, oltre che il miglior realizzatore dei Bulls da tre anni a questa parte, non cè stato verso. La polemica è vecchiotta: lex Connecticut University aveva posto come [i]condicio sine qua non[/i] per il rinnovo di avere un contratto almeno uguale a quello di Deng. La dirigenza Bulls dal canto suo, dopo aver visto rifiutata lo scorso anno lofferta di un quinquennale da 50 milioni di dollari complessivi e non intendendo ulteriormente salire, è riuscita solo a strappare una Qualifying Offer al giocatore inglese, che quindi a fine anno sarà [i]unrestricted free agent[/i] e potrà essere padrone del suo destino.
[b]Il quintetto[/b]:
[u] Derrick Rose [/u]: partirà subito in quintetto perché ha personalità debordante, ed abbastanza eclettismo per giocare anche da guardia. Si porta addosso un peso non indifferente: una prima assoluta spesa per un giocatore di perimetro viene sempre vista con sospetto, starà a lui dimostrarsi speciale e togliersi di dosso la [i]carogna[/i] del titolo NCAA perso nella sua ultima partita universitaria. Un po Billups, un po Kidd in preseason ha messo in mostra faccia tosta, capacità di arrivare al ferro sin da subito ma non moltissima attitudine a creare gioco per gli altri, vedremo in campionato come andrà.
[u] Kirk Hinrich [/u]: il grande dilemma dei Bulls. Titolare di un contratto in scadenza nel 2012 da 47.5 milioni di dollari complessivi è reduce dalla peggior stagione della sua breve carriera. Lo spostamento in guardia era stato preannunciato in estate, i Bulls, almeno in partenza quindi giocheranno con il doppio play. La presenza di Rose paradossalmente più che deprimerlo potrebbe aiutarlo, sollevandolo dal compito di dover gestire da solo la boccia e magari aiutandolo a ritrovare fiducia al tiro. Non è da escludere che durante lanno lo spot di due titolare passi a Gordon, che, beghe contrattuali a parte, è e resta il miglior attaccante dei Bulls. Una ulteriore alternativa potrebbe essere Larry Hughes, tassa pagata ai Cavs per disfarsi di Ben Wallace, che ormai era ai ferri corti con tutti, nonchè titolare anche lui di un contrattone (oltre 26 milioni per i prossimi due anni) che lo rende, almeno al momento, incedibile.
[u]Luol Deng [/u]: E chiamato non solo a confermare le eccellenti cifre di questi anni, ma anche a fare il passo in più che consenta ai Bulls di farne il vero e proprio focus dellattacco. I dubbi in merito permangono, visto anche lo sviluppo di Deng come giocatore, ma ormai il destino di Chicago è legato a doppio filo a quello di questala anglo-nigeriana ed al suo tiro dalla media, che deve tornare infallibile.
[u] Tyrus Thomas[/u]:la grande scommessa di Del Negro. Scott Skiles non lo vedeva, irritato dalla sua inconsistenza difensiva, dai balzi ma dalla poca tecnica e dalla sua indefinibilità anche come ruolo, visto che siamo allennesimo tweener tra le due posizioni di ala. Thomas, arrivato ai Bulls grazie allo scambio con cui i Knicks cedettero due prime scelte non protette in cambio di Curry, dovrà dare grande forza a rimbalzo, esplosività e punti in area. Se per tutto ciò che concerne la parte da svolgere di fisico non cè di che preoccuparsi, bisogna vedere come e quanto il lavoro estivo abbia aiutato Thomas a migliorare sotto il profilo tecnico.
[u] Drew Gooden [/u]: Come detto i Bulls hanno un pacchetto lunghi piuttosto carente. Prova ne è che come centro partirà Gooden, che del centro, anche moderno, non ha proprio nulla e che si troverà a battagliare tutte le sere con gente più alta e pesante di lui. Di contro potrebbe sfruttare il suo jump dai 6 metri, arma che ha affinato nel corso degli anni. La sensazione è che i Bulls, compreso di non aver speranze con un assetto classico, vogliano tenere larea quanto più sgrombra è possibile, avendo in Thomas e Rose, meno in Deng ed Hinrich, due giocatori che amano attaccare il ferro.
[b]La panchina[/b]
Meno peggio di quel che si pensi, vista la presenza di chi perderà il ballottaggio per il ruolo di shooting guard titolare, quindi due tra Hinrich, Gordon e Hughes. Ci sarà anche la “garra” di Nocioni, altro giocatore dal ruolo non chiarissimo, ma dal cuore enorme (ormai sono un classico i suoi battibecchi al limite della rissa con Sheed Wallace, non esattamente uno con cui una persona normale andrebbe a litigare) e dalla tecnica sottovalutata. Il primo cambio dei lunghi sarà Joakim Noah, altra [i]passione[/i] dello staff tecnico dei Bulls che lo seguiva da anni ( Paxson dichiarò che lo avrebbe scelto con la prima assoluta se lui si fosse dichiarato e se i Bulls avessero avuto la numero 1 nel draft che poi incoronò first round pick Andrea Bargnani), e che dovrà compiere forti miglioramenti rispetto allo scorso anno, per imporsi almeno come un giocatore che può aiutare la squadra in campo, visto che è reduce da un brutto anno desordio in campo e fuori. Accanto al [i]figlio del tennista[/i] potrebbe far bella figura Aaron Gray, centro bianco vecchio stampo ossia 213 centimetri al servizio di un gioco di post basso rispettabile, compresi gancioni e passi dincrocio che ormai sono merce rara tra i lunghi NBA. E’, sfortunatamente per lui, molto poco atletico e mobile, ma in una lega dove i lunghi tecnici si contano sulle dita di una mano potrebbe far strada, almeno come cambio. Ci sarà, infine, e sarà il primo cambio della guardia e dellala piccola, lex biellese Thabo Sefolosha, giocatore che potrebbe diventare, nel giro di qualche anno, un vero stopper difensivo per via dellagilità, dellapplicazione e soprattutto di due braccia chilometriche che gli permettono di rubar balla in situazioni impensabili. Già lo scorso anno diede saggio di cosa potrebbe diventare, dando del filo da torcere, in qualche occasione chiaramente, persino a Kobe Bryant. In attacco manca clamorosamente di un jump che lo renda non battezzabile sul perimetro, ma su quello, come su tutto il resto, ci si può lavorare.
[b]Il giocatore chiave[/b]
[b] Luol Deng[/b] è chiamato, in attesa di vedere cosa può diventare Rose, ad essere il leader tecnico di questa squadra. Il background lascia perplessi: ala forte riconvertito ad ala piccola, tecnicamente non eccezionale, specialmente dal palleggio, non esageratamente fisicato né atleta, mai emerso come leader. Però cè anche da considerare che in questi anni i miglioramenti tecnici sono stati evidenti, e che lo scorso anno, seppur nel tracollo Bulls, è stato tra i meno peggio. Questanno ed il prossimo ci diranno cosa aspettarci da lui e di riflesso dai Bulls. Una scommesa ad alto rischio di Paxson in ogni caso.
[b]Il coach[/b]
Lestate turbolenta di [b]Deng[/b] e [b]Gordon[/b], la scelta di [b]Rose[/b] e i problemi con la legge (fesserie, in ogni caso) di [b]Noah[/b] hanno fatto passare quasi in sordina larrivo di [b]Vincent Joseph[/b], ma conosciuto semplicemente come [i]”Vinny”[/i] Del Negro. Ex giocatore NBA di buon livello, stella del campionato italiano in maglia Benetton (sulla esperienza con la Fortitudo meglio soprassedere), la scelta di Del Negro è stata molto contestata anche dagli stessi tifosi dei Bulls. [i]Vinny[/i] infatti non solo è un esordiente assoluto come [i]head coach[/i] ma lo scorso anno non lavorava nemmeno come assistente allenatore, bensì come assistente general manager a Phoenix. La scelta di firmarlo peraltro è giunta dopo che la panchina dei Bulls era stata offerta (e rifiutata) prima da Mike DAntoni e poi da Doug Collins. Non esattamente il migliore dei biglietti da visita quindi, per un allenatore che partirà con gli occhi di tutti puntati addosso.
[b]Prospettive per la stagione[/b]
I Bulls vogliono i playoffs, è inutile girarci intorno. Non che la missione sia impossibile, visto che ad Est la qualità media delle avversarie non è enorme, ma serve in primis recuperare le certezze di due anni fa, quando i Bulls sembravano sul punto di esplodere come una vera e propria forza ad Est. Di certo ci sarà curiosità per la gestione di Gordon, perché se è vero che questo potrebbe essere il suo ultimo anno nella [i]Wind city[/i] è altrettanto vero che è impossibile che i Bulls rinuncino, almeno per il momento, ai suoi punti, alla sua leadership ed alla sua capacità di prendersi responsabilità nei momenti topici. Riuscirà Del Negro a gestire le rotazioni ed a dare un’impronta tecnica forte a questa squadra? Riuscirà Hinrich a ritrovare la mira? Gordon sarà coinvolto emotivamente nei destini della squadra? Deng salirà unulteriore gradino nella scala che conduce alla grandezza? Riusciranno Gooden, Noah, Thomas e Gray a dare ai Bulls una dimensione interna, sia offensiva che difensiva, credibile?
E da questi interrogativi che passa la stagione dei Bulls. Con un obbiettivo minimo: i playoffs.