Ok, facciamo finta che vi siate addormentati un attimo ad inizio stagione, e che per qualche motivo il vostro sonno sia stato particolarmente pesante. E che, da buoni italiani, appena svegliati, ieri, siate andati a controllare come stanno andando i nostri connazionali in NBA. Vi aspettereste un Bargnani che al terzo anno nella lega abbia finalmente trovato una concretezza e una stabilità di rendimento, attestandosi, diciamo, sui 15 punti e 6 rimbalzi di media stabili (giusto per non osare chiedere troppo al fato). Un Belinelli al secondo anno che dopo esser stato un oggetto misterioso durante la stagione di rookie abbia quantomeno provato a mettere il naso fuori dal pino, diciamo con un 5 minuti di media a gara, alternata magari a momenti di Garbage e DNPCD, giusto perchè conosciamo Don Nelson e la sua sperticata ammirazione per i rookie e i sophomore scelti dal suo GM. E un Gallinari che nel gulag di una New York in piena ricostruzione stia cercando di imporsi alla sua città adottiva, con il supporto di un coach amico di famiglia.
Invece….
Invece la situazione è completamente diversa. Proviamo a vederla.
[b]Danilo Gallinari[/b]
Come da previsioni New York è un gulag, ma per fortuna dei numerosissimi tifosi della grande mela, un gulag che inizia ad intravedere la luce al fondo del tunnel.
Sono bastate una decina di partite convicenti da parte del team di D’Antoni e le statistiche gonfiate di alcuni player per permettere a Walsh di scambiare un paio di elementi e di gettare così le basi per la ricostruzione. Obiettivo ovviamente il 2010, quando James, o comunque altri free agent allettanti potranno andare a cercare di far rinascere il basket nella città che non dorme mai.
Peccato che in questo momento, in cui effettivamente la rotazione della squadra è ridotta a sette elementi e di spazio per un rookie interessante come Danilo ce ne sarebbe a sufficienza, il nostro connazionale sia ai box per un infortunio alla schiena che lo ha fermato già dalla preseason.
Per la verità le notizie di questi giorni paiono moderatamente ottimistiche, con Gallinari che ha dichiarato di sentire meno dolore e con i team report che parlano di un’intensificazione degli allenamenti, con corse e sessioni di tiro.
Difficile comunque che con l’andazzo attuale della stagione si rischi una ricaduta alla schiena del Gallo, e se proprio i miglioramenti dovessero essere effettivi, è più probabile un suo graduale rientro dopo la pausa dell’All Star Game, sempre che non lo si voglia tenere a riposo per tutta la stagione.
[b]Andrea Bargnani[/b]
Non più tardi di qualche settimana fa, il popolo italiano della rete inveiva contro Sam Mitchell, coach di Toronto, reo di non far giocare abbastanza, e nel modo migliore, Andrea Bargnani. Poi, come regalo di Natale anticipato, la dirigenza dai Raptors ha deciso di appiedarlo per dare la guida della squadra a Jay Triano, traghettatore verso una soluzione finale che possa permettere ai Raptors di migliorare la propria situazione.
Quindi con un allenatore diverso, come diceva Elio in una canzone, free Bargnani e tutti gli altri.. ma anche no. Da quando è cambiata la guida al timone della squadra canadese, se possibile il gioco si è ancora più involuto, e a farne le spese è stato proprio il Mago, che pare aver completamente perso la bussola e la vocazione offensiva che comunque a sprazzi aveva mostrato sotto la guida Mitchell.
Quindi, c’è da dedurre che si stesse meglio quando si andava peggio? Probabilmente no ed il cambio di allenatore era un passo obbligatorio per cercare un miglioramento di tutta la squadra. Andrea però non è il giocatore adatto a giocare in un sistema instabile come può essere la guida di una squadra presa a metà stagione, con un sistema che tende ad affidarsi, più ancora di prima, alla stella della squadra.
Il vero valore di Andrea sarà dunque da vedersi la prossima stagione, anche se il Canada inizia a diventare un po’ stretto a chi si vede chiuso nel proprio ruolo da due All star del calibro di O’Neal e Bosh. La realtà del momento però, a meno di clamorosi scambi, vede il Mago in netta difficoltà, con percentuali al tiro scabrose e una difficoltà a ritagliarsi il proprio spazio a dir poco preoccupante, soprattutto per mancanza di cattiveria agonistica, che in NBA è fondamentale per emergere.
[b]Marco Belinelli[/b]
Ci eravamo lasciati tempo fa con Marco relegato al fondo della cuccia di Nelson, con pochi minuti di garbage a disposizione quando proprio era fortunato. Poi, uno sfogo sul giornale del Beli che diceva che si sentiva tradito e deluso dal coach che invece che dargli fiducia come paventato inizialmente, lo ha relegato a comparsa per tutto l’inizio di stagione, e una partita, contro Oklahoma City in cui avendo un po’ di fiducia, Marco ha fatto vedere di poter stare in campo nella lega dei grandi, e la situazione si è fatta più rosea. Per Belinelli a dir la verità, più che per i Warriors che hanno comunque continuato a perdere partite su partite. Però, provando a vedere il bicchiere mezzo pieno, il numero 18 di Golden State è riuscito a dimostrare al’ambiente che il talento ce l’ha eccome, e progressivamente è andato a prendersi, minuti, fiducia dei compagni e possessi, fino ad arrivare al career high di 27 punti e 6 assist in una gara contro Atlanta in cui è partito in quintetto ed è stato in campo più di 42 minuti. Certo, non ci dobbiamo aspettare che vada avanti così per tutto il resto della stagione, le sue cifre saranno destinate a diminuire così come le sue percentuali al tiro, decisamente sopra la media per una guardia che gioca in un run & gun esasperato come quello di Golden State.
Ma Marco la sua occasione l’ha sfruttata, e il messaggio l’ha lanciato forte e chiaro. E’ materiale da NBA, e se tutta questa vetrina gli è stata data per poterlo scambiare, come potrebbe essere un’ipotesi, allora lui sar pronto a cambiare e a dare il suo contributo in qualunques squadra, perchè il talento è lì da vedere, e l’abnegazione e la pazienza in questo anno e mezzo, non gli ha fatto sicuramente difetto.