Alle volte si tende a dare per scontato ciò che appare evidente. E’ il caso di Kevin Garnett e dei Boston Celtics. Nessuno oserebbe negare l’apporto, fondamentale, che il bigliettone ha portato alla causa dei biancoverdi, sopratutto per quanto concerne la trasformazione della difesa in un fortino inespugnabile, aldilà di cifre non certo scintillanti 16,6 punti ed 8,8 rimbalzi a partita, entrambi minimi assoluti in carriera se si esclude l’annata da rookie durante la quale passò mezza stagione a fare apprendistato in panchina. Capita così che ci si sorprenda quando, a causa dell’infortunio che a fine febbraio ha fermato KG, i Celtics siano passati dal subire da poco più di 90 punti a partita circa 97 punti ad incontro, passando attraverso faticose vittorie contro Suns (e qui c’entra anche il ritorno dei Suns ai 4 piccoli ed al sistema SSOL) e contro i Nets (e qua le giustificazioni sono minori).
Fortunatamente per Rivers e soci l’infortunio al ginocchio di KG, maturato nella gara al Delta Center di Salt Lake City è meno grave di quanto si pensasse all’inizio e terrà l’ex T-wolves fuori ancora per un paio di settimane. L’infortunio di KG ha responsabilizzato lintero pacchetto lunghi nellimportantissima vittoria notturna contro i Cavs al TD Banknorth Garden: 20+11 uscendo dalla panca per Powe, 17+13 per Perkins ieri contro i Nets e 18+6 nella sconfitta contro i Pistons di due giorni fa per Davis, con proprio Big Baby promosso in quintetto nonostante l’arrivo dal mercato dei free agent di Mikki Moore. L’altro effetto diretto dell’infortunio a KG è stato un aumento dei tiri per Paul Pierce, Ray Allen e Rajon Rondo, come dimostrano le recenti sfuriate realizzative di PP, 29 e 9 assist contro i Cavs, e dello stesso Allen, 31 contro i Suns, partita nella quale Rondo ha tirato fuori una prestazione da 32 punti e 10 assist.
Nonostante tutto è opinione comune che i Celtics stiano giocando la RS a marce ridotte, puntando a contenere gli sprechi di energie in vista delle battaglie dei playoffs (i minutaggi di Pierce ed Allen comunque non lo lascerebbero intendere) ma con la vittoria contro i Nuggets di fine febbraio i biancoverdi hanno pareggiato il loro record del 2007/2008 dopo 58 gare, veleggiando verso un ottimo 46-2 (secondo record ad Est alle spalle dei Cavs, e terzo assoluto NBA con i Lakers al comando). Un record dovuto in parte (e sè visto quanto potrebbero segnare ora che Garnett è fermo ai box) ovviamente a Pierce ed Allen, avendo già detto di KG, ma anche alla crescita esponenziale di Rajon Rondo. Esplicative le parole dello stesso Garnett a riguardo: [i]Tutto inizia e finisce con Rondo![/i], uninvestitura mica da ridere per la point guard da Kentucky, che al suo terzo anno tra i pro viaggia ai massimi in carriera in punti (quasi 12 di media), rimbalzi (5.4), assist (8.4), rubate(1.9) e percentuale dal campo(51.6), nonostante un tiro dalla lunga inesistente. Il commento a margine dello stesso Rondo lascia di sasso:[i] Sono solo un role player che focalizza tutta la propria concentrazione sul vincere un altro titolo[/i]. Eppure il giocatore visto questanno alla guida dei Celtics non sembrerebbe esattamente un [i]role player[/i], ma anzi un giocatore determinante quanto Allen nellingranaggio bianco verde.
Offensivamente i suoi punti Rondo se li guadagna in area (un po come Tony Parker) grazie ad un primo passo esplosivo ed alla capacità di concludere nel traffico. Rondo inoltre è lesterno NBA con la miglior percentuale dal campo, 51.6%, frutto anche dellirreale capacità di procacciarsi punti dalla spazzatura, è una delle migliori guardie a rimbalzo offensivo dellintera lega, oltre che dellindubbio vantaggio di giocare accanto ai campioni attualmente ai Celtics, situazione di gioco che indubbiamente fa in modo che le difese non si concentrino su di lui. La sua capacità irreale di arrivare al ferro gli consente di giocare molto penetra-e-scarica, che gli permette di liberare i tiratori dei Celtics per tiri ad alta percentuale e soprattutto lo aiuta a non doversi rifugiare in esecuzioni più ragionate che ne mostrano ancora i limiti (daltro canto sarebbe irreale se non ne avesse) nel passaggio, soprattutto al tiratore in uscita dai blocchi, o di lettura, perché tende ancora ad incartarsi se gli si nega la scelta di gioco effettuata ad inizio azione. Difensivamente Rondo si va imponendo come una delle migliori point guard della lega, grazie alla sua enorme aperture alare, 185 centimetri ossia pari alla sua altezza!, alle le mani veloci, utili per rubar palla ed infastidire il proprio avversario, e ad unapplicazione frutto anche del suo ruolo di partenza ai Celtics: un rincalzo, che avrebbe dovuto farsi strada attraverso difesa e lavoro oscuro.
Come si inseriscano in un meccanismo così preciso Mikki Moore e Stephon Marbury è un dato difficile da valutare dopo così poche partite.
Gli unici due arrivi durante il mercato invernale in casa Celtics vanno sicuramente a coprire due falle abbastanza evidenti nel roster bianco verde: quella del cambio di Rondo, che prima dellarrivo dellex stella del Madison Square Garden era un ruolo ricoperto a seconda delle esigenze da Eddie House, che però del play non ha il ballhandling come dimostrano i suoi imbarazzi contro qualsiasi tipo di pressing, da J.R. Giddens, rookie, e Gabe Pruitt, secondo anno, tutti giocatori senza la necessaria statura tecnica. Marbury, da un punto di vista esclusivamente tecnico, è unaddizione super: praticamente ambidestro, tratta la palla come uno yoyo, buonissimo tiro dalla lunga, [i]mixato[/i] con una grande capacità di lucrare punti in penetrazione, fisico tosto ma al contempo velocissimo, tecnica di base sopraffina. Difensivamente siamo qualcosina più indietro dellABC ma cè anche da dire che non ha mai giocato in un sistema difensivo credibile in vita sua. Il suo inserimento potrà, alla lunga, introdurre anche variazioni tattiche interessanti, con un quintetto che magari preveda la presenza in contemporanea sua e di Rondo, avendo Marbury già dimostrato di poter giocare sui blocchi, permettendo così anche ad Allen e Pierce di guadagnare preziosi minuti di riposo. Le perplessità che lo accompagnano e che saranno con ogni probabilità la spada di damocle più grossa sul capo dei tifosi Celtics sono di natura caratteriale. Non cè spogliatoio o squadra dove Marbury non abbia lasciato un pessimo ricordo di se: a Minnesota pretese la cessione dopo aver appreso che non sarebbe stato il giocatore più pagato in squadra, sgarbo intollerabile ai suoi occhi, mandando a monte un progetto tecnico che con Garnett e Gugliotta appariva tuttaltro che disprezzabile, ai Nets ruppe i ponti con tutti, ostracizzando Van Horn, litigando con allenatori e compagni. Ai Suns se ne sono disfatti appena possibile, mentre a New York, a casa sua, è stato il leader di una delle più tristi edizioni dei Knicks della storia, finendo ai margini della squadra prima con Thomas, che lo aveva portato a N.Y., e poi con DAntoni, che non lo poteva vedere sin dai tempi in cui assunse la guida dei Suns e pretese la sua cessione. Una mela marcia? Un giocatore instabile? Difficile dirlo, di sicuro un rischio, visto che i Celtics proprio sulla coesione, sulla durezza e sullessere un unico corpo hanno costruito le fondamenta del titolo dellanno scorso.
Larrivo di Mikki Moore, meno pubblizzato per ovvi motivi, potrebbe però rivelarsi parimenti utile: lungo lungo, 210cm, leggero ma abbastanza duro per difendere sui centri (ovviamente non su Shaq, ma quandi giocatori della taglia di [i]The big Aristotele[/i] ci sono rimasti in giro?) buon rimbalzista e stoppatore, corre bene in contropiede, ha un discreto jumper dalla media, nonostante una tecnica individuale che definire grezza è un complimento, ed è sostanzialmente un lottatore che in uscita dalla panchina andrà a mantenere alto il livello di testosterone sotto le plance. Il suo arrivo, alla lunga, eroderà minuti a Glen Davis, che in ottica playoffs, da ala forte di riserva fa fatica, ed andrà a dare unalternativa a Kendrik Perkins, quando questi incapperà negli ormai cronici problemi di falli.
Basterà tutto questo per aggiungere un altro, lennesimo, vessillo al TD Banknorth Garden? Difficile dirlo con certezza, ma nonostante la concorrenza sia aumentata sia ad Est (con i Cavs che al momento hanno anche un record migliore ed i Magic in crescita esponenziale) che ad Ovest (dove i Lakers sono più maturi, potrebbero avere il vantaggio del fattore campo in unipotetica finale e dove non si devono sottovalutare gli Spurs, visto che è pur sempre un anno dispari) i Celtics, almeno negli scontri diretti, sembrano essere una spanna superiori alla concorrenza.