Erano i tempi di Cassel, di Horry, di Olajuwon, quelli, per intenderci, del two-peat Rockets.
Erano quelli i tempi d’oro della squadra texana, che con quei due titoli aveva interrotto l’egemonia targata Bulls. Poi il buio: [b]un decennio ed oltre di fallimenti, con il passaggio al secondo turno mai avvenuto da allora e le colpe che con gli anni venivano sempre più scaricate su Tracy McGrady[/b](ufficilamente ancora nel roster ma fuori da lungo tempo per infortunio) colpevolizzando la sua presenza con la quale i Razzi non erano mai riusciti a superare il 1st round, accumulando delusione ed amarezza.
La vigilia di gara-6 veniva così vissuta da una parte come la più ghiotta occasione di sfatare questo mito, davanti ad un pubblico che un’ennesima sconfitta non avrebbe potuto più reggere e dall’altra con i Blazers che si prospettavano di rimandare i conti in un’ipotetico game-7, che, giocato tra le più calde mura amiche, avrebbe potuto consegnare una qualificazione, coronatrice di un’ottima stagione.
Il match iniziava subito tra l’equilibrio generale, con i canestri di LaMarcus Aldridge e quelli, tra i padroni di casa, di Ron Artest, grande assente nelle gare precedenti e finalmente decisivo nel momento clou, entrambi autori di 12 punti nel solo 1°quarto, chiuso sul punteggio di 19-21. In sostanza la vera partita si chiudeva nella frazione successiva che ha come segno più ecclatante i 4 punti segnati dagli ospiti nei primi 6 minuti, mentre i Rockets, guidati in cabina di regia da un esplosivo Kyle Lowry prendevano il largo, raggiungendo nel finale un vantaggio di ben 17 lunghezze, che il solo Roy non era in grado di ridurre con canestri da vero campione. Portland affondava sempre più e i due periodi finali portavano Houston anche a quota +20, senza dare la minima speranza ai Blazers, allo sbando e capaci soltanto di mandare a referto i soliti Roy e Aldridge, che chiudevano la gara con 48 punti sui 76 complessivi di squadra, segno che l’inesperienza nella postseason di diversi elementi del roster ha pagato cara, in particolar modo contro la squadra di Adelman, all’ultima spiaggia e con l’incubo della rifondazione estiva all’orizzonte.
[b]Finiva 92-76 e finalmente il Toyota Center poteva esplodere la propria gioia dopo tanto, troppo tempo[/b]: ora Yao&co. dovranno vedersela contro i Lakers, in una sfida che potrebbe risultare combattutissima come non mai, regalando, chissà, qualche nuova soddisfazione ai fans texani che chiedono gli interessi degli anni precedenti; ai Blazers, apparsi pittosto rinunciativi, rimane la convinzione di poter maturare ancora molto e tornare già il prossimo anno a livelli ancora più alti.
[b]MVP[/b]: senza dubbio [b]Ron Artest, che con i suoi 27 punti rende la gara in discesa ai Rockets[/b]. Si potrebbe discutere sul perchè l’ex-Kings si uscito allo scoperto solo in gara-6, dopo una serie di match piuttosto deludenti, ma vista la qualificazione alle Semifinals ogni commento ulteriore risulta solo un surplus e la prestazione della guardia prodotto di St.John’s si tramuta così in un forte segnale a Bryant, che non avrà vita facile in nessuna delle due maetacampo al secondo turno.
[u][b]Brandon Roy[/b][/u]: [i]”E’ stata una grande esperienza, tutti siamo stati soddisfatti dell’ottima stagione, ma ora rimane l’amaro in bocca per questa serie che avremmo dovuto giocare molto meglio”[/i]
[u][b]Shane Battier[/b][/u]: [i]”C’è voluto un sacco di tempo, sono qui da tre anni ma si sentiva già la frustrazione dei fans. Sono dei vincenti, gli piace vincere e noi siamo i gladiatori che dobbiamo soddisfarli nelle loro richieste”[/i]
[u][b]Yao Ming[/b][/u]: [i]”Ogni volta che il cronometro scorreva, non potevo credere che questo era tutto vero. Ora che sappiamo che gioia si provi a passare un turno dobbiamo andare avanti e vincere ancora.[/i]