I tifosi dei Philadelphia 76ers si chiedono come mai questa serie assomigli sinistramente a quella dello scorso anno contro i Pistons: vittoria inaspettata in gara 1 fuori casa, pareggio, vittoria di grinta in gara 3 e quindi vantaggio nella serie, poi blackout totale e sconfitta inopinata senza lottare nelle ultime due partite.
Le gestioni Cheeks e Di Leo hanno avuto questo “leit motiv” ad accompagnare le due serie di primo turno, il problema è che questa squadra non è ancora riuscita a fare passi in avanti rispetto al potenziale tecnico ed atletico che ha a disposizione.
Lorganizzazione, ma soprattutto i coach, non sembrano aver mai davvero avuto in mano le redini della squadra, che per due anni ha viaggiato come sulle montagne russe, alternando roboanti vittorie a [b]clamorosi tonfi[/b].
Ultimo quello casalingo di gara 6 dove i Magic privi di Howard (squalifica) e Lee (infortunio), ovvero i due migliori giocatori della serie, si sono fatti asfaltare in una gara 6 che grida vendetta. La frustrazione si è ulteriormente aggravata quando nel summit di venerdì tra staff e giocatori si è appreso che Miller e Ratliff non si sono presentati, adducendo come motivazione la scarsa professionalità e gestione di questo finale di stagione da parte di Di Leo e dello staff.
Brutti segnali per una franchigia che ha in Iguodala e Young due potenziali pietre miliari e qualche altro buon giovane per sfondare. E’ chiaro che una squadra allenata così superficialmente e senza uno straccio di presenza in post, vive solo ed esclusivamente di invenzioni personali che, soprattutto nei playoffs o nelle gare combattute, paga pochissimi dividendi.
E’ probabile che Di Leo non sia più il coach per la prossima stagione, ma ci sono diversi tasselli da sistemare per questa squadra che non riesce a schiodarsi dalla [b]mediocrità[/b] della eastern conference.
Orlando vince una serie che, forse, avrebbe dovuto far sua con almeno una partita di anticipo e lo fa in un modo che dà decisamente morale per la semifinale con i Celtics. Maci sono diversi ma
Van Gundy ci ha messo ben tre partite ad [b]adattarsi alla serie[/b] e mettere in atto degli aggiustamenti tattici che limitassero lattacco avversario. Questo contro una squadra come i Celtics (pur priva di Garnett) non puoi permettertelo perché potresti ritrovarti già nel baratro. Turkoglu e Lewis sono andati troppo a fiammate, rimanendo spettatori non paganti per le prime tre partite e non trovando mai dei confortable spots per mettersi in ritmo.
Di buono cè che il cast di supporto ha risposto sempre presente, con una grande serie di Lee (sfortunatissimo a doverla lasciare in anticipo), un solido come mai Alston ed un più che discreto apporto da parte di Pietrus e Redick dalla panchina che hanno fornito un po di difesa (il primo) ed imprevedibilità offensiva (il secondo) per dare quella variabile giusta ad una serie comunque avvincente e tirata (tre delle prime quattro partite sono state decise dallultimo tiro).
Orlando arriva alla semifinale con Boston più riposata, ma si sa che nei playoffs giocare una partita in più o in meno fa poca differenza. Ciò che è importante è sapersi adattare alla serie e ad un sistema difensivo avversario che non sembra così perfetto come lo scorso anno, ma che può mettere ancora in difficoltà una squadra che vive e muore spesso del suo tiro da tre punti.