Per Mike D’Antoni la prima stagione sulla panchina dei New York Knicks è stata come per un capo-cantiere la parte iniziale del proprio lavoro: scavi e fondamenta. Perchè i Knicks sono e restano un cantiere aperto. La squadra della Grande Mela, troppo spesso inghiottita dalla sua stessa popolarità, dall’attesa di fans e stampa (accoppiata tra le più terribili del mondo!) è in costante mutamento, come front-office, roster e coaching staff. Almeno sull’allenatore dovremmo esserci, sul Presidente Donnie Walsh pure. Partiamo da qui. Che squadra vuole costruire l’ex-Arsenio Lupin di milanese memoria? Non lo abbiamo ancora capito. La squadra di certo dovrà correre, ma nella stagione 2008-2009 più che altro è corsa dietro agli avversari. Costruire una “nuova Phoenix”, squadra divertente, bellissima da vedere e al tempo stesso…perdente? Forse il buon Mike avrà imparato dalle lezioni del passato, per permettere ai blu-arancio di non dover vivacchiare per un’altra stagione ben al di sotto del 50% e lontani anni luce da un posto di rilievo nella griglia playoffs. Tutto e subito – chiaro – non si può, anche se lo vorrebbero, qui e altrove, ma in particolare dalle parti del MSG. Però quella che i Knicks stanno preparando dovrà gioco-forza essere la stagione di un riscatto tanto atteso e sospirato. Magari partendo dal “nostro” Danilo Gallinari.
[b]Sorpresa:[/b] proprio Danilo poteva esserlo e in piccolissima parte lo è stato, se è vero che nelle poche apparizioni in campo (28) il Gallo ha fornito 6.1 punti in 14 minuti, col 44% abbondante dal campo. Allora più che di sorpresa in questo caso vogliamo parlare di speranza. La speranza di tutti noi italiani unita a quella dei fans dei Knicks, ma in primis del ragazzo stesso: aver finalmente risolto, dopo l’operazione, i problemi cronici alla schiena, con comunque l’esperienza di una stagione all’interno del mondo NBA e assaggiando, come detto, il parquet. Gallinari può tornare ed essere ora la vera luce del gioco di D’Antoni, se Mike avrà il coraggio di dargli minuti e importanza all’interno del game-plan, costruendogli una squadra attorno e non semplicemente inserendolo nel vortice di facce e valigie sempre pronte nella hall dell’hotel Knickerbockers.
[b]Delusione:[/b] tiriamo a sorte? Tante, troppe, frugando nel roster dei Knicks della stagione appena conclusa. Ok faccio un nome, andando ovviamente controcorrente e riprendendo la parte introduttiva dell’articolo: Mike D’Antoni. Sissignori, proprio lui. Chiaro, qui si cerca il pelo nell’uovo, neppure Mandrake avrebbe potuto far meglio con questi qua a referto, però…il però si lega un po’ a tutta la carriera NBA dell’uomo da Mullins, rivoluzionario di suo, già dai tempi delle panchine milanesi e soprattutto trevigiane. Nella Marca fece impazzire d’amore i tifosi biancoverdi, con titoli a ripetizione, un gioco a 100 all’ora, divertente e vincente. Il prodotto ben confezionato è stato poi esportato, in una terra insidiosa come quella del basket professionistico americano, dove conta il nome sulle spalle più che quello sul petto, come amava sostenere Coach Bobby Knight. Il giochino del baffo prevede il coinvolgimento dell’intero roster, per mantenerne alti i ritmi, poi vai a vedere che uno Steve Nash qualsiasi viene spremuto oltre i limiti in regular season, perchè le regole salariali ti permettono di averne 4-5, forse 6 a quel livello, poi ti devi arrangiare, e arrivati ai playoffs la lingua penzolante comincia a comparire, e non in stile MJ, ma per la fatica! A New York, dove per citare l’azzeccatissima frase del Buffa, anche la Statua della Libertà è pronta a ricevere in post-basso, non sanno nemmeno cosa significhi Luxury Tax, per cui il roster è profondino, ma anche carico di stelle o presunte tali, capricciose il giusto. Mike deve obbligatoriamente fare piazza pulita, e già lo sta facendo, sfruttando contemporaneamente la generosità dei suoi owners. Arrivare a 10 giocatori intercambiabili potrebbe essere l’unica soluzione per dare finalmente ragione e giustizia ai sostenitori di D’Antoni, atteso più che mai alla prova del 9 nella prossima stagione.
[b]Futuro:[/b] se abbiamo già speso (volentieri) il nome di Gallinari, possiamo affiancargli quello del nuovo arrivato Darko Milicic, che porterà solidità sotto canestro senza far mancare la rapidità e la corsa richieste dal coach. Da Arizona, attraverso il draft, arriva la prima scelta (8^ assoluta) Jordan Hill, ala atletica e capace nel suo anno da junior di ottenere medie in punti e rimbalzi rispettivamente di 18.3 e 11, col record assoluto per l’ateneo di carambole in singola stagione (375). Oltre a Hill arriva anche Toney Douglas a rinforzare il roster, una guardia scelta dai Lakers alla posizione n° 29 del primo giro. Difensore dell’anno nella ACC e primo quintetto della stessa conference, il prodotto di Florida State può portare fin da subito velocità e punti (21.5 nell’anno da senior). Basteranno questi innesti a New York? Certamente no, e la caccia sul mercato è appena iniziata: obiettivo numero uno quel Ricky Rubio scelto da Minnesota ma in procinto di vestire la maglia blu-arancio.