Quante volte abbiamo sentito questa frase in Italia? Tante volte, legata alla nostra storia politica. Questa volta però, ce lo domandiamo [b]analizzando la situazione nel ruolo tra le trenta squadre NBA[/b].
Il dubbio è nato spontaneo rivedendo una partita delle Finali NBA del 1996, quelle storiche tra i Chicago Bulls e gli Utah Jazz. Il centro della squadra di Michael Jordan, laustraliano [b]Luc Longley[/b], pur essendo un comprimario di quella formazione, ha una tecnica e una varietà di movimenti spalle e fronte al canestro che una superstar (o presunta tale) del gioco di questi anni come [b]Dwight Howard[/b] riesce solo ad immaginare. Qualcosa è davvero cambiato.
Ricordate i [b]favolosi anni novanta? Olajuwon, Ewing, Robinson, Sabonis[/b], i primi quattro nomi che mi vengono in mente (e ce ne sono altri, eccome). Tante squadre di successo che hanno modellato il loro gioco sulla presenza spalle a canestro di un grande giocatore, attorniato poi da altre stelle, tanti ottimi giocatori e utili comprimari. Poi è chiaro, a dominare gli anni novanta è stato fondamentalmente Michael Jordan, ma possiamo parlare tranquillamente di età delloro del ruolo di centro, degni eredi della tradizione in post basso NBA cominciata con [b]George Mikan[/b], poi con le grandi sfide [b]Chamberlain Russell[/b] e proseguita con i grandi [b]Abdul-Jabbar, Walton, Moses Malone[/b].
Passando poi agli [b]anni duemila[/b], nel decennio appena concluso abbiamo vissuto le dinastie dei [b]Los Angeles Lakers[/b] di uno [b]Shaquille ONeal[/b] devastante, e quella ad anni alterni dei [b]San Antonio Spurs[/b] di un immenso [b]Tim Duncan[/b]. Nelle restanti stagioni, la squadra campione ha avuto in roster sì buoni lunghi (vedi lo stesso ONeal a Miami, o i Wallace a Detroit) ma a far la differenza sono stati gli esterni.
[b]Oggi, non è necessario avere un centro dominante per fare strada nei Playoff[/b]. Limportante è avere una solida batteria di giocatori interni, che difendano forte e non lascino rimbalzi agli avversari, segnando alloccasione qualche punto sfruttando gli spazi disponibili. Ma le partite le decidono le guardie e le ali, non più i centri. Per quali motivi?
Innanzitutto siamo di fronte ad un [b]impoverimento tecnico[/b], una netta involuzione rispetto al decennio scorso. Difficilissimo ormai vedere giocatori dotati di efficaci movimenti spalle a canestro, in grado di utilizzare a loro vantaggio il piede perno per eludere il difensore, oppure dotati della visione di gioco necessaria per decidere se proseguire nellazione personale, ridare palla sul perimetro o servire un tagliante nel cuore dellarea.
Al giorno doggi è di sicuro [b]più importante per un lungo avere un fisico adatto a sopportare i colpi e buona elevazione[/b]. Il gancio è stato ormai sopperito dalla schiacciata.
Che bisogno cè di avere un tante soluzioni quando con due sportellate e un salto sopra il difensore i due punti si ottengono comunque? Questo estremizzandolo – è il pensiero che guida le scelte di un giocatore NBA in sede di costruzione del proprio gioco. Di conseguenza son più le ore passate in palestra che quelle sul parquet.
[b]Gli allenatori lavorano così sulla massimizzazione delle risorse a loro disposizione[/b]. Non importa più insegnare ai propri giocatori la tecnica, ma è più redditizio sfruttare le caratteristiche già in possesso. Per cui aumenta limportanza del [b]tiro da tre punti[/b], che in certi casi esalta e in altri deprime il lungo in attacco: diminuiscono i palloni giocabili forniti sottocanestro, e il compito si limita a raccogliere le briciole che cadono giù dal ferro.
Altro fondamentale del quale ormai si abusa è quello del [b]Pick and Roll[/b]: il centro porta un blocco al portatore di palla, al quale si aprono poi molteplici possibilità: il passaggio, la penetrazione o il tiro. Per il bloccante le opzioni sono di saltare il più in alto possibile, raccogliere il pallone e schiacciarlo il più imperiosamente possibile dentro il canestro, oppure quella del tiro in allontanamento dal canestro, per chi può metterlo con regolarità.
[b]È anche a causa di queste modifiche del gioco negli ultimi anni che trovare un centro che giochi principalmente spalle a canestro e sia il faro della propria squadra è ormai difficile[/b]: di solito gli vengono riservati primi palloni dellincontro, con lo scopo di collassare le difese verso il centro dellarea ed aprire così spazi per il resto della squadra al tiro e in penetrazione. Nei minuti finali delle partite è sempre più raro per un lungo sentirsi chiamare uno schema dedicato.
[b]Partendo da questi presupposti, il ruolo si sta evolvendo verso forme diverse, anche diametralmente opposte tra di loro. Si fa con ciò che si ha, ovvero si lavora a seconda delle attitudini del giocatore, e lo si sfrutta per questo.[/b]
Abbiamo così i paladini della vecchia guardia, iniziati alla professione negli anni Novanta, e che continuano ancora a fare più o meno la differenza, come [b]Tim Duncan e Shaquille ONeal[/b], che hanno dominato incontrastati la scena almeno fino al 2007. A questi due si possono aggiungere (ma non paragoniamoli) [b]Marcus Camby ed Erik Dampier[/b].
La tendenza dei tempi è però quella di disporre di un centro più orientato al gioco faccia a canestro, ancor meglio se pericoloso fin oltre larco dei tre punti. Non a caso il nostro [b]Andrea Bargnani[/b] è stato scelto quattro anni fa come prima scelta assoluta dai Toronto Raptors, mentre il turco [b]Mehmet Okur[/b] è uno dei giocatori più pagati degli Utah Jazz. Molto spesso, è il caso anche di [b]Nenad Krstic[/b] dei Thunder, i lunghi in questione sono di scuola europea: il tiro da tre punti ravvicinato e labbondanza di Pick and Roll giocati dalle nostre parti sviluppa giocatori in grado di muoversi a tutta metà campo (offensiva).
E la difesa? Poco importa. È un compito che spetta ad altri, a coloro non dotati di tecnica, ma di muscoli, la loro missione sono i rimbalzi, le stoppate, lintimidazione, qualche schiacciata. [b]Al Horford, Kendrick Perkins, Samuel Dalembert, Tyson Chandler, Ben Wallace[/b] sono solo alcuni di questi, i principali. Ma ogni panchina NBA ne ha in serbo un paio.
Altra migrazione anomala rispetto agli anni che furono è quella delle ali forti adattate a centro. Per motivi vari: la vocazione velocista dalla squadra, come [b]Andris Biedrins e David Lee[/b] rispettivamente di Warriors e Knicks; oppure che non cè altro in rosa e devono riempire il buco: è il caso di [b]Jermaine ONeal, Al Jefferson, Joakim Noah¸Nenè Hilario, Chuck Hayes[/b]. [b]Emeka Okafor[/b] invece vive una strana condizione: altezza non da centro, movimenti invece sì. Fa della solidità difensiva il suo punto di forza.
Tratterei a parte due torri NBA: [b]Yao Ming e Zidrunas Ilgauskas[/b]. Tecnica sopraffina e catapultati nel ruolo di centro a causa dellaltezza vertiginosa (entrambi sui 2 metri e 20 centimetri). In un mondo perfetto, la loro posizione in campo sarebbe quella di 4.
A dir la verità, ci sono anche squadre che puntano forte sulla posizione. Non più investendolo delle responsabilità del risultato di squadra, ma coinvolgendolo spesso in attacco e in difesa. [b]Andrew Bogut e Chris Kaman[/b] contribuiscono attivamente alle sorti di Bucks e Clippers, con cifre buone sia per punti segnati che a rimbalzo. Altri giocatori dalla caratteristiche simili ed in crescita sono i due fratelli [b]Lopez[/b], Brook (Nets) e Robin (Suns), [b]Spencer Hawes[/b] (Kings), [b]Roy Hibbert[/b] (Pacers) e [b]Marc Gasol[/b] (Grizzlies).
Discorso a parte per i due massimi esponenti mediaticamente parlando del settore. [b]Greg Oden[/b] di Portland avrebbe tutte le carte in regola per poter diventare uno dei grandi del ruolo. Peccato per la sua fragilità fisica che lo ha già fermato in pratica per due stagioni sulle tre dalle quali è professionista. Speriamo in un pieno recupero per lui.
Per [b]Dwight Howard[/b] stella degli Orlando Magic il discorso è completamente diverso: dotato di un fisico soprannaturale per laltezza di 2 metri e 15, è tecnicamente poca cosa. Nonostante quello che la NBA ci vuole far credere (a volte la lega di Stern sembra orientata più allo spettacolo che al basket) siamo di fronte ad un dominatore di aree vuote, o quasi. Quando il pariruolo ha fisico sufficiente (sono pochi) per fermarlo sulle prime battute delle azioni, nascono le difficoltà. Ottimo rimbalzista e stoppatore sì, ma non di tecnica, per superiorità muscolare e di salto.
[b]Siamo di fronte quindi allestinzione del centro come lo consideravamo una decina di anni fa?[/b]
Sembra che la tendenza del basket del futuro sia quella di avere 5 super uomini intercambiabili tra loro in grado di giocare tutti i ruoli, che di conseguenza si fonderanno in uno solo. Personalmente la ritengo la morte della pallacanestro, le emozioni che ci sanno regalare un movimento spalle a canestro, un gancio stilisticamente perfetto e tutta la serie di situazioni che si possono venire a creare in mezzo allarea non hanno nulla da invidiare alle gesta epiche di Michael Jordan o di Magic Johnson.
[i]Stefano Fortini[/i]