Niente sorprese allo Staples Center: LA si aggiudica anche game-2 e vola in Arizona con la certezza di aver ormai guadagnato per il terzo anno consecutivo le Finals di inizio Giugno. Riguardando i due match a mente fresca è ancora più chiara la superiorità che la squadra di Phil Jackson ha dimostrato in lungo e in largo tra le mura amiche, quella stessa supremazia di gioco che neppure i Jazz al secondo turno erano riusciti a bloccare, nemmeno per una sera.
I 40 punti di Bryant in gara-1 sono solo una parte delle armi in mano ai gialloviola, perchè a sorpresa, dopo due mesi di rare comparse, anche Lamar Odom ha deciso di entrare in scena complicando ulteriormente le cose ai Suns e ridando nuove energie alla propria panchina che contro ogni aspettativa ha tenuto il campo in maniera impeccabile, bloccando ogni tentativo di rimonta ospite in entrambi i casi inutile e mal coadiuvata da un playmaking impreciso. LA dunque ha potuto gestire con tranquillità i finali di gara, lasciando alla second unit la formalità del distacco totale: una delle cause è facilmente ricercabile nelle percentuali dal campo, con un 58% totale che ha quasi sempre permesso alla compagine losangelina di rispondere colpo su colpo alle iniziative avversarie; i punti nel pitturato poi, con un Gasol rapido di gambe e cinico al rilascio, infermabile a rimbalzo dove Stoudemire ha subìto un serio ridimensionamento rispetto alla precedente serie contro gli Spurs di Duncan. Promossi anche Fisher, non ancora così vecchio per leggere le linee di passaggio e Artest, ritrovato tiratore vista l’assenza di un serio 4 da limitare nella prediletta fase difensiva.
Capitolo Bynum: il giovane centro desta ancora qualche preoccupazione per le sue condizioni non propriamente buone, ma la sicurezza arriva dall’utilità che il #17 avrà, anche malconcio, in un’ipotetica finale contro Boston che non paiono avere grandi armi per limitare le sue doti tecniche. Da un lato dunque la tranquillità che in questa serie, e soprattutto con il catalano così in palla, Drew possa benissimo non servire, dall’altro la speranza che i 15 minuti affidatigli ogni notte non rovinino ulteriormente il fragile ginocchio, una scommessa insomma che in California vorrebbero poter vincere presto. Chiudiamo infine con l’uomo dalle mille risorse, colui che tanto era stato preso di mira contro i Thunder, lo stesso che ora può solo ridacchiare, passato da delusione (o meglio: mille acciacchi fisici) a fascino infinito in poche settimane: Kobe ancora una volta ha fatto tutto in campo, mostrando alle telecamere quella stessa faccia di un anno fa, quella di chi, pienamente consapevole dei propri mezzi, sa di poter raggiungere ancora una volta la vetta, eliminando Suns e Celtics, due album pieni di vecchi incubi della storia recente.
Phoenix ci ha provato in tutti i modi questa volta, con grinta e convinzione. Gara-2 si apriva infatti subito all’insegna di nuovi accorgimenti comandati da Alvin Gentry: aiuti su Kobe, periodicamente raddoppiato e la prima vera dimostrazione, dopo la grande assenza due giorni prima, di una panchina lunga da cui poter trarre atletismo . La risposta del coaching staff avversario, però, non si è fatta attender molto con l’esplicita richiesta di coach Zen a Kobe di usare maggiormente i lunghi: abituati alla staticità dei texani, Lopez e Amare non hanno trovato alcuna soluzione a Lamervellous e Pau, chiarendo come l’unica chance di tornare a far paura a questi Lakers stia nell’usare la non poca superiorità fisica sotto i tabelloni. Il 90-90 raggiunto nella nottata verso la fine del 3°quarto è infatti stato uno dei più bugiardi momenti di questi Playoffs, perchè perfino sotto pressione dopo il repentino ritorno degli ospiti (con la partecipazione del solito grigio Crawford), i Lakers avevano in pugno la situazione, mentre per Phoenix probabilmente restava una timida dimostrazione di quello che in Arizona sarà da domenica prossima. Nash & co. hanno tutto sommato tirato bene, ma all’US Airways Center bisognerà inventarsi ben altro per provare a mettere alle corde i campioni in carica: forse un Frye sull’arco ad allontanare uno tra Gasol e Odom dall’area, ma ciò dipende esclusivamente dal giocatore stesso o Lopez, che nella sua mediocrità, forse dovrebbe avere un minutaggio un poco maggiore per dare fastidio nelle retrovie…
L’appuntamento è ora Domenica 23 alle 2.30 ore italiane: ai Suns l’occasione di mischiare le carte in tavola, ai Lakers prenotare il biglietto con buon anticipo in attesa dell’ultimo atto.
Michele Di Terlizzi