Posso dirvi una cosa?
Che bello questo gioco!
Mi prendo una pausa dai discorsi legati agli Heat e alla corsa all’anello (e per altro al momento le due cose non sembrano necessariamente così legate …), per parlare di un’altra cosa.
Nei commenti legati al mio ultimo post è partita una diatriba scherzosa (credo!) con il nostro caporedattore riguardo alla qualità delle partite di Regular Season.
Tralasciando tutto quanto già detto e scritto (è un altro gioco, con finalità più di intrattenimento che sportive, premia più la varietà che la qualità, etc …) volevo oggi solo dividere con voi il piacere provato nel vedere le ultime gare skyate in Italia, ovvero i Thunder contro Portland e Utah, e Boston –New Orleans.
Rondo, Williams, Durant e Paul ci hanno regalato uno spettacolo che sinceramente potete vedere solo qui.
Vedi Rondo che viaggia a 15 assist di media (secondo in questo parziale di stagione solo al solito –ih, ih, ih, pausa di godimento – John Stockton), e che pur non avendo messo su in 3 anni uno straccio di tiro almeno dalla media (cosa a mio parere incomprensibile), ti domina le partite, con queste mani e braccia enormi, ma soprattutto con una testa che è talmente fuori dagli schemi, che nessuno riesce a trovare contromisure.
Ti stai ancora stropicciando gli occhi, che si passa a Andrè Miller che si fa un auto passaggio a tabellone come il miglior TMC da all star game, peccato che il “ragazzo” sia sotto l’1 e 90 e sia restio a staccarsi da terra quanto un plinto di cemento. Ma sto divagando, questo è solo l’interludio tra le prodezze di Durant, già candidato a bissare il successo di capocannoniere dello scorso anno, al titolo di MVP, e in generale a qualsiasi cosa lui voglia. Il fisico (diciamo 2,09 per 16 kg?), ricorda l’insetto stecco di “a Bug’s Life”, eppure a 22 anni ti domina una partita NBA segnando in ogni modo conosciuto. Triple (quasi quadruple, vista la distanza da cui sono scoccate), tiri in sospensione (e dopo una partenza da guardia, vai tu a stopparlo a 2,09!), penetrazioni (ma non dovrebbe, così smilzo, subire i contatti?) con una verticalità da lungo puro.
Siccome però quel giorno la fatina dei denti con il piccolo Kevin ha voluto fare la sborona, gli ha dato anche il 91% ai liberi e l’indole del bravo ragazzo, che fa sempre la cosa giusta, è amato dai compagni, si allena più di tutti, non forza mai e non si monta la testa; non so se cammini sulle acque, ma se non volete sorprese evitate di portarlo in piscina. Escludo che quest’anno con i suoi compagni possa vincere l’anello, ma fra tre anni l’ipotesi è tutt’altro che campata in aria. Sul fatto poi che fra cinque tutto questo sarà suo, credo non ci sia nemmeno da discutere.
Lo vedi giocare e ti sembra la playstation, perché uno vero non può segnare con quella facilità (e quell’allarmante frequenza …).
Ma questa triste e noiosissima RS non si ferma, e ci porta alla corte (e mai termine fu più veritiero) di Chris Paul. Credo di averlo già scritto in passato, ma l’impressione che mi fa CP3 è sempre la stessa.
Vi è mai capitato di giocare a basket con dei bambini (non so, al campetto, all’oratorio, coi vostri figli)? Quando cioè giocate senza forzare, con l’atteggiamento mentale e fisico di chi è troppo più forte, e quindi prende i rimbalzi senza saltare, o si palleggia insistentemente intorno e fra le gambe, con i frugoli che inseguono la palla senza possibilità di prenderla? Ecco, Paul a me fa quest’impressione. Passeggia distrattamente per il campo, incurante dello sciame di giocatori avversari che lo braccano. A volte va lo stesso dove vuole lui, altre si fa chiudere “in trappola”, perché tanto sa che per lui quella non sarà una trappola. A volte lo vedi in mezzo all’area, con intorno gente enorme, già in salto e senza nessun angolo di passaggio verso un compagno. E’ finita, ti verrebbe da dire, poi il tempo si ferma, parte il rallenty, lui entra in modalità Matrix, e magicamente la palla finisce nelle mani di un compagno libero che segna. Non ha il tiro di Nash, la lettura del pick & roll di Williams, l’atletismo di Westbrook (o Rondo), la potenza fisica di Billups, la rapidità di Parker. Eppure nessuno di questi dà l’impressione di essere in totale controllo del gioco come Paul. I suoi compagni, ma anche gli avversari sono statuine che lui dispone nel suo presepe, e poi parte con la sacra rappresentazione. Gli basta un abbozzo di P&R centrale, i compagni in movimento, e il resto lo sistema lui. E’ troppo dominante.
Limiti? E’ troppo dominante. Il mio pensiero su CP3, per altro abbastanza confermato nei playoffs gli anni passati, è che venendogli troppo facile creare gioco per i compagni, non si abitua e non li abitua a giocare con schemi evoluti. Questo, che in una regular season in cui gli avversari lo incontrano la sera dopo Lebron e quella prima di Dwight Howard non è un gran problema. Quando però nei playoffs l’altra squadra ha il tempo di preparare qualcosa apposta contro di te, questa meravigliosa anarchia da improvvisazione rischia di non essere più sufficiente, ma gli Hornets (sempre ammesso che saranno ancora la sua squadra nei prossimi PO) non sono preparati per giocare in modo più strutturato.
Comunque Chris Paul resta meraviglioso da guardare, e il play più dominante della lega.
Certo. Finchè non vedi giocare due giorni dopo il simpatico (!?) Deron Williams. Nel primo quarto della partita contro OKC, il termine “onnipotenza” era decisamente riduttivo per descrivere la sua performance. Tiri da tre con l’uomo in faccia, tiri in sospensione dai 5 metri, entrate in palleggio, post basso spalle a canestro. E poi ci sarebbero i passaggi. E’ vero che, in maniera specularmente opposta rispetto agli Hornets, i Jazz sono una delle squadre più organizzate della lega in attacco, però poi quelle palle le devi sempre dare. Fesenko, Hayward (che per altro dimostra a stento 13 anni), fino alla star CJ Miles: va bene la forza del sistema, ma senza Derone questi qua non stanno nella lega (e in ogni caso non sembrano così forti…).
Insomma, una settimana di ordinaria follia nella regular season NBA.
Poteva andarci molto peggio.
Vae Victis