Seconda parte del campionato a giro di boa, quello dei rimandati a Maggio o, peggio dei bocciati.
C’è ancora tutto un girone di ritorno per porre rimedio agli errori, alle mancanze od anche per recuperare quel briciolo di buona sorte che non ha girato in proprio favore.
Le domande che abbiamo posto sono le stesse della prima parte pubblicata ieri:
- Un commento globale sul percorso della squadra in oggetto
- Cosa ha funzionato
- Cosa invece non è andato per il meglio
- Cosa devesi migliorare
- Prospettiva in chiave Play-Offs od altro.
Pertanto, alla luce della classifica ecco le altre 8 squadre analizzate dai nostri corrispondenti.
PEPSI CASERTA
La Pepsi JuveCaserta può ascriversi benissimo al novero delle deluse in questa prima fase di campionato. Cinque sconfitte che hanno aperto il campionato, di cui 4 meritate (3 in casa), e una con tanto rammarico a Siena, dove forse si è vista la miglior partita bianconera della stagione. Da lì in poi sono arrivate 7 vittorie su 10 gare, ma la sensazione è che il giocattolo perfetto ben montato da Sacripanti lo scorso anno possa essere arrivato alla fine dei suoi giorni. Divenuta da squadra “bombarola” per dirla alla De Andrè, in una sorta di circo itinerante del “tiro al piccione” e della run and gun stile Don Nelson, la Pepsi ha davvero deluso in questo scorcio di campionato con il suo atteggiamento, a tratti pigro e svogliato su ambo i lati del campo.
La squadra ha saputo come riprendersi e come trovare le cose positive grazie alla coppa, dove qualcosa si è mosso. Dopo aver sprecato un visto per Olumide Oyedeji, che al campionato non ci è arrivato nemmeno, con Williams le cose sono cambiate, Certo, ci ha messo anche troppo ad inserirsi, ma ha fatto vedere che può migliorare e che in vernice può essere un fattore devastante. Lui e Colussi, così come anche Luca Garri, hanno regalato i pochi sorrisi della nuova gestione manageriale targata Antonello Riva. Fattore italiano appunto. Capitan Di Bella è la bandiera di questa squadra, un casertano doc ribattezzato, al cui fianco giostra Garri, che ha preso il posto nell’arena di Michelori e Colussi, che a fari spenti si è conquistato minuti e stima da parte del pubblico. Sono loro i punti di forza che fanno ben sperare, assieme a Doornekamp, che in coppa quando può giocare è devastante in difesa.
I punti dolenti vengono dalla truppa americana che con le ultime 3 uscite non può far dimenticare un campionato giocato fin qui in maniera pessima. Checchè le cifre non confermino queste parole, Jumaine Jones appariva fino a qualche settimana fa un giocator ormai agli sgoccioli, minato da qualche problema muscolare che non trovava proprio più la via del canestro. Bowers invece ha iniziato una lotta contro se stesso, caricandosi di timori che lo vedevano sempre giostrare sul penetra e scarica e mai una volta provare una conclusione. Ere, che sembrava quello con meno problemi, alla fine è diventato uno dei colpevoli, perché troppo spesso, mentre gli altri sparavano piccioni, lui li imitava invece di cercare altre vie. Nelle ultime tre gare hanno davvero cambiato faccia, ma se dovessero tornare così, sarebbe dura per caserta riuscire a recuperarli ancora.
Dove migliorare adesso? Nella continuità. In fin Dei conti, con queste 7 vittorie nella seconda fase di stagione, Caserta è risalita in breve tempo fino al 9° posto, battendo Cantù e Varese, nonché mettendosi dietro e con scarto le possibili contendenti nella sfida salvezza, pericolo che dato l’inizio disastroso era balenato nelle menti di molti all’ombra della reggia. Migliorare contro i top team e cercare di equilibrare attacco e difesa. In più la Juve deve imparare a rimanere concentrata per tutti i 40 minuti e non staccare le mani dal manubrio troppo presto, per evitare assurde rimonte o partite riaperte che possono essere nocive.
L’obiettivo, al momento, non è definito e/o definibile. Si punta ai playoff ok, anche se con due sconfitte consecutive sembri essere con l’acqua gola. Quello che però deve essere l’obiettivo di caserta, dopo aver ottenuto la salvezza sul campo, è cercare di assicurarsi un futuro societario che, dopo l’uscita dalla carica dirigenziale di Caputo (che resta marginalmente come sponsor), vede un vuoto davvero pericoloso. Si è cercata la via del Consorzio, ma ancora dense nubi si annidano intorno alla Juve e nuovi (vecchi) baratri si prospettano. Ed intanto ci sono anche troppe grane legate al vecchio Palamaggiò. Risanare tutto e avere una squadra seppur per la salvezza, ancora in A1. Ecco il reale obiettivo.
Domenico Landolfo
CIMBERIO VARESE
Giunti al giro di boa di metà stagione, facciamo i conti in tasca alla Cimberio Varese 2010/2011, quella sorretta dall’intrigante consorzio “Varese nel Cuore”.
Il nuovo corso societario varesino è forse la più grande novità del basket nostrano, come dimostrato dall’interesse di svariate formazioni nei riguardi di questa nuova formula di azionariato, fatta da tanti piccoli contribuenti e da regole precise, atte a garantire la permanenza della squadra ad alto livello senza dipendere dalle disponibilità (ed a volte dalle mattane), di un solo proprietario o di un unico main sponsor.
Già questo, da solo, vale un gigantesco segno positivo sulla stagione biancorossa, perché il consorzio presieduto da Michele Lo Nero sta viaggiando a pieno regime e l’obiettivo dei 70 soci entro la prima stagione non è una chimera.
Le prime mosse di questo nuovo corso sono state l’ingaggio di Carlo Recalcati e la nomina a presidente di Cecco Vescovi, coadiuvati rispettivamente da Guido Saibene e Max Ferraiuolo.
La partenza varesina è stata ottima, decisamente oltre ogni più rosea aspettativa viste le 6 vittorie nelle prime 8 gare, tra le quali spiccano quelle prestigiose contro Siena (impresa che finora nessun altro ha emulato), e le scorribande sui campi di Treviso e Roma…e fino a qui la squadra si meritava un 9 pieno in pagella, frutto di un bel gioco corale che di volta in volta eleggeva un diverso match-winner.
Poi, ahinoi, sono arrivate le famigerate 6 sconfitte consecutive ad abbassare il voto ed a far perdere il biglietto per le Final Eight di Torino.
6 sconfitte diverse una dall’altra e non riferibili ad un solo motivo ricorrente: quella di Caserta ci stava tutta, essendo la Pepsi una squadra di gran caratura nonostante la brutta partenza; poi è arrivata la prima stecca casalinga al PalaWhirlpool contro Teramo, con una Varese un po’ troppo supponente e accecata dal divario in classifica.
Con Milano si è lottato fino ai supplementari, perdendo la gara per alcuni episodi sfavorevoli, ma dimostrando di meritare quei punti ed il quarto posto in classifica…da lì in poi il crollo verticale, complici una serie di fattori concomitanti come la difficoltà di recuperare nelle gare ravvicinate (l’età media è altina), una sfilza di infortuni che meriterebbero un viaggio a Lourdes ed una mancanza di tranquillità nei confronti della classe arbitrale, stante gli episodi di Milano e del match contro Biella.
Proprio contro i piemontesi la squadra ha retto per 38 minuti, salvo poi crollare davanti al rientro degli uomini di Cancellieri ed alla fischiate “sospette”; con Sassari e Montegranaro si è invece toccato il fondo a livello fisico, complici le assenze di Rannikko e Thomas.
Meno male che il riscatto è arrivato con una prova di orgoglio ed intensità agonistica nel derby contro Cantù, ma per le Final Eight non è bastato; ora Thomas si fermerà per un mese ed al suo posto sarà Damien Ryan a giocare le prossime 3 gare.
Il bilancio è di 7 vinte ed 8 perse…va benissimo così, con uno dei budget più risicati dell’intera Serie A l’obiettivo dichiarato era ed è una tranquilla salvezza, tenendo sempre un occhio sui playoff, perché sognare non costa nulla.
Stefano Pozzi
VANOLI BRAGA CREMONA
Per quello che dicevano i massimi quotidiani sportivi ad inizio stagione, chiudere il girone d’andata a dodici punti per la Vanoli non dovrebbe nemmeno essere una gran brutta notizia.
La si dava già per spacciata, con tutti quei nomi slavi che buona parte dei cosiddetti esperti nemmeno conoscevano, e dunque dovevano essere necessariamente scarsi, più un americano – Foster – forse ancora più misterioso dei vari Perkovic, Sekulic e Drozdov. Ed un allenatore sloveno alla prima in Italia e fermo da due anni: la retrocessa era già stata trovata. Invece Mahoric ha dimostrato fin da subito di avere le idee ben chiare, sia in materia di costruzione della squadra – inseguendo ripetutamente Drozdov, per esempio – sia quando poi quella squadra andava messa sul campo.
Un inizio di stagione eccellente, cominciato con due sconfitte al fotofinish in due partite sulla carta proibitive – Siena in casa e Cantù fuori – dopodicchè, arrivata la prima importantissima vittoria sul campo di Brindisi, è cominciato il momento d’oro.
Battute Montegranaro, Varese, Roma e Caserta con in mezzo la sola sconfitta a Biella, dopo otto giornate i punti erano dieci e la posizione di classifica comodissima. Non solo, Cremona era la vera sorpresa della Serie A, grazie alla sua difesa ed al suo sistema ai limiti della perfezione. Dalla sconfitta in casa con Pesaro qualcosa si è rotto. Stanchezza, acciacchi, infortuni più o meno gravi hanno portato alla situazione attuale, ovvero sei sconfitte nelle ultime sette partite, con l’unico successo arrivato nella partita dominata contro Treviso. E l’assenza di Milic prima e Drozdov poi nelle due trasferte più importante di questa seconda parte di girone d’andata, ovvero Teramo e Sassari. Palesando quello che fin dall’inizio appariva come il vero tallone d’achille di questa squadra: la panchina corta. Perkovic, D’Ercole e Formenti sono gli unici, a roster completo, in grado di poter dare un contributo tangibile, con Zacchetti prima e Antonelli poi che non hanno conquistato la fiducia di Mahoric, con l’aggravante della completa assenza di un sostituto naturale di Drozdov.
Le condizioni precarie del giocatore ucraino hanno acceso un campanello d’allarme, ed ora la società si muoverà per puntellare una panchina risicata all’eccesso, cercando tra i passaporti italiani qualcuno in grado di poter dare una mano in ala piccola e possibilmente in ala forte. Perchè se qualche mese fa la classifica era più che buona, ora i punti da Teramo – che al momento ha il vantaggio degli scontri diretti – sono soltanto quattro ed il trend è tutt’altro che positivo.
L’obiettivo rimane sempre lo stesso, una salvezza la più tranquilla possibile con un occhio all’ottavo posto – distante solo due punti – mentre la considerazione della stagione fino a questo momento nonostante i recenti problemi non può che essere pienamente sufficiente, per una squadra che destava più di un dubbio alla prima palla a due e che, comunque la si veda, attualmente è salva.
Paolo Sinelli
LOTTOMATICA VIRTUS ROMA
Doveva essere la stagione del riscatto dopo la più brutta annata dell’Era Toti vissuta l’anno scorso, ad oggi nonostante l’arrivo di Boscia Tanjevic alla guida tecnica della squadra come Direttore di tutta l’area, giovanili comprese, è quasi identica in negativo in campionato e nella complessità, si salva solo per il raggiungimento delle Top 16 di Eurolega, competizione tra l’altro nella quale è difficile prevedere possa qualificarsi ai quarti.Via Matteo Boniciolli alla vigilia dell’ultima giornata del girone d’andata, compartecipe con Tanjevic all’assemblaggio generale del roster ai nastri di partenza e reo di non aver tenuto ben saldo nel proprio pugno l’umore dello spogliatoio (come da dichiarazione di Boscia Tanjevic il giorno dopo la rescissione consensuale del contratto), ora è tutto in mano alle capacità di Saso Filipovski che all’esordio contro la Montepaschi ha già fatto intuire un differente approccio alle partite.
Facile dire cosa non sia andato per il verso giusto in casa Virtus Roma.
Prima di tutto la scelta del roster. D’accordo, questa volta una cernita più razionale e con meno affollamento rispetto all’anno scorso nel ruolo di ala piccola ma affidando, ad esempio, il ruolo di leader offensivo ad un grande giocatore come Charles Smith ma oramai troppo avanti negli anni è stato un azzardo, a conti fatti una scelta non corretta, soprattutto quando tra le mani c’era a disposizione un “certo” Ken Winston. A parziale scusante di questa debacle c’è stata poi, sia per Il Ragno che per tutto il gruppo, una partenza condizionata negativamente dai tantissimi malanni e guai fisici pre-stagionali (Giachetti out ancora per almeno altri due mesi, di Gigli si son perse le tracce), che han ritardato l’amalgama immediato della squadra ma, giunti a metà dicembre, e dopo qualche buona prestazione globale precedute da partite di medio-basso profilo tecnico, si è ripiombati in prestazioni assolutamente da sconsigliare ai deboli di cuore per la bruttezza del contesto tecnico, come nella gara d’inizio anno a Caserta dove la Virtus ha mostrato uno dei lati più brutti di sempre della propria storia, giunta quest’anno al 50simo anniversario di vita.
E cosa dire della colonia italica sul quale l’anno scorso si volle edificare il progetto di rinascita del dopo-Biella? Tralasciando i due infortunati già menzionati, il resto è stato troppo inferiore alle attese, eccezione fatta per Gigi Datome. A cominciare da Luca Vitali, capace solo di tirare da 3 (ed al momento accreditato di un discreto 39,3%), e quasi mai di gestire il gioco come dovrebbe fare un playmaker che da anni si dice debba affermarsi in pianta stabile a livelli medio-alti; quasi nullo in difesa dove non lo si vede mai se non raramente piegare le gambe, Luca Vitali è stata la vera delusione del roster tricolore di Casa Virtus. Per finire Andrea Crosariol, che alterna prestazioni sufficienti a prove sconcertanti per la pochezza mentale che mette in campo. Oltre ai ben noti problemi tecnici che ha sempre avuto, ha evidenziato la solita indolenza che francamente, con i suoi mezzi fisici (molti), comparati alle sue limitazioni tecniche (parecchie), dovrebbe mettere da parte one time for all se desidera continuare a vivere come un giocatore di basket. Peccato, perchè potrebbe fare molto ma molto meglio ma se non ci son riusciti a scuoterlo Repesa, Gentile e Boniciolli nel fiore della sua condizione psico-fisico d’atleta, la situazione è decisamente grigia per lui, sperando in Filipovski come sua ultima, personale spiaggia.
Ed altrettanto facile, perchè appare evidente, pronunciarsi su cosa sia andato bene: alcuni giocatori e si chiamano Nihad Djedovic e Vladimir Dasic. Voluto fortemente da Boscia il primo con la formula del prestito biennale da Barcellona, contrattualizzato sul filo di lana d’inizio torneo il secondo, stanno regalando sprazzi di bel gioco e di sostanza difficilmente ipotizzabili alla vigilia. Djedovic è al momento addirittura il Top Scorer della squadra con un ottimo 13,9 p.ti/gara mentre il montenegrino si sta rivelando un ottimo collante tra difesa ed attacco, gran recuperatore di rimbalzi (5,7 a gara, con Crosariol che viaggia a 5,9 e Traore a 4), e di palloni in difesa, capace a volte di giocare da 4 ma con una mobilità fisica tale che gli consente di partire dalla linea dei 3 punti. Bene loro quindi come bene, non al stesso modo ma in scia per impegno, dedizione e carattere, Gigi Datome. Alcune prove scintillanti alternate ad alcune quasi silenti sono ancora il suo tallone d’achille ma Datome, che sembrerebbe aver trovato anche il filo del discorso legato al suo fisico (troppe volte fattore che in passato lo ha tradito), all’atto della ricerca della continuità di una sua resa in campo ci sta mettendo l’anima e lo si vede.
Migliorare quindi si deve, più che si può. Devono pertanto crescere molti fattori, a partire dalla concentrazione che deve aumentare in valore assoluto a finire però alla voglia di farlo. Le recenti dichiarazioni di Boscia Tanjevic in riferimento ad uno scollamento netto tra Boniciolli e la squadra deve far riflettere, e non serve dichiarare l’intenzione di lasciare il comando dirigenziale della squadra da parte del Presidente Toti se non ci si applica con decisione alla frattura di questi rapporti che, stranamente, all’Urbe capitano ormai con frequenza disarmante.
Alla luce quindi di tutte queste nuvole scure che albergano sul cielo della Lottomatica, i Play-Offs non sembrano affatto scontati. L’equilibrio del campionato; il rafforzamento di squadre come Milano e Bologna nel ranking del torneo e, soprattutto, l’arrivo del nuovo coach Filipovski con le sue idee di gioco potrebbero essere elementi non compatibili con il tempo a disposizione per risalire rapidamente la china. Eppoi le avversarie, per nulla arrendevoli come Pesaro, Cantù, Treviso, Varese e non citando le 3 che al momento sono una spanna meglio della Lottomatica (Siena, Milano e Bologna), non regaleranno certamente nulla.
Fabrizio Noto/FRED
BENETTON TREVISO
Valutare il campionato sin qui disputato dalla Benetton non è difficile. Il ruolino di marcia (9 sconfitte ed appena 6 vittorie), per una squadra che, al di là del non esaltante quinquennio, non può non essere ambiziosa, parla da solo. Ed anche quest’anno i Casuals vedranno in tv le finali di Coppa Italia. Il giudizio non può perciò che essere negativo.
Ben più complesso è invece giudicare la squadra. Bene, quasi quasi, io la promuovo. Visto il ruolino di marcia, può sembrare paradossale, ma rimango dell’idea che questa stagione avrà un felice epilogo; dove “felice”, certo, può voler dire tutto e niente.
Sono fiducioso in quanto, se la squadra della passata stagione passerà alla storia come un agglomerato mal assortito di giocatori comunque di un certo valore (si fatica, a Treviso, a pensare che l’Hackett di Pesaro sia lo stesso “ammirato” lo scorso anno), questa ha già dimostrato invece di essere una squadra di talento, costruita con logica e capace di ragionare in campo.
Non è un caso che il cammino in Coppa sia stato finora immacolato; l’Eurocup non è l’Eurolega, ma vincere a Madrid e Salonicco non è semplice per nessuno. Come non è un caso che Siena abbia faticato parecchio per espugnare il Palaverde. Repesa ha dato un’identità precisa alla squadra: difesa aggressiva (spesso si gioca con buoni risultati la carta della zone-press), e ricerca quasi sistematica di canestri in transizione. Tutti (abulia di Toolson a parte), sembrano ben calati nel proprio ruolo ed i giovani (Motiejunas, Gentile e Wojciechowski), stanno avendo un indiscusso impatto.
Come detto, non si può che essere soddisfatti del rendimento dei giovani. I quali però….Sono giovani, così come l’intero roster (il cervello della squadra, Markovic, ha solo 22 anni ed è alla prima esperienza fuori dal proprio Paese), nel suo complesso, difetta di esperienza. Questa, secondo alcuni, è la principale causa di un rendimento tutt’altro che esaltante in trasferta (per quanto, a ben vedere, siano le troppe sconfitte casalinghe a far piangere la classifica): lontano dal Palaverde la squadra ha espresso a tratti un buon basket, ma alle prime difficoltà ha quasi sempre (e vistosamente), deragliato.
Tuttavia, personalmente credo che la chiave dei risultati negativi sia principalmente una. Il reparto lunghi, sia pur costituito da giocatori atipici, ha talento e mezzi per mettere in difficoltà qualsiasi avversario (quanto meno in Italia). Ma è anche drammaticamente corto! La squadra ha subito 4 sconfitte consecutive proprio quando Brunner era fuori causa (e Nicevic doveva ritrovare la condizione, dopo un’estate passata a riabilitare il polso operato). Ora, con il centro Italo-Croato ancora infortunato, sono arrivate 4 sconfitte nelle ultime 6 partite. Non può essere una coincidenza. L’arrivo di Brian Skinner coprirà la falla, anche se costringerà il coach a scelte non facili: in campionato uno dei 3 statunitensi dovrà infatti rimanere in tribuna.
Per 3 mesi Treviso ha di fatto giocato senza la guardia titolare: il rendimento di Toolson (ora comunque in ripresa), deve assolutamente salire. Tanto quanto la personalità in trasferta della squadra. Da migliorare sono anche la concentrazione in campo (limitare le palle perse), e l’attacco a difesa schierata. È chiaro che, nel contingente, c’è anche da recuperare quella fiducia che un girone di andata tanto negativo ha inevitabilmente minato.
Con gli auspicabili passi in avanti ed un po’ di fortuna (gli infortuni finora hanno pesato parecchio) questa squadra dovrebbe puntare ad entrare tra le prime 4. Quanto affermato all’incipit del pezzo non dovrebbe legittimare infatti un’accontentarsi del semplice accesso ai playoff (per quanto, certo, la situazione di classifica non farebbe pensare a traguardi più ambiziosi).
Paolo Brugnara
DINAMO SASSARI
Giudicare il girone di andata della Dinamo Sassari risulta impresa ardua.
I 12 punti in classifica rispecchiano fedelmente le aspettative societarie dichiarate sin dal precampionato. Sacchetti ha ribadito questi concetti nell’immediato dopo partita di sabato, ma resta l’assoluto rammarico per le sconfitte casalinghe contro Bologna, Avellino e Treviso, arrivate al termine di partite giocate a sprazzi e caratterizzate dai crolli nel terzo quarto.
Per questo motivo a giudizio dello scrivente si poteva anche centrare l’obiettivo delle Final Eight con una migliore lettura di alcune situazioni tattiche presentatesi nei match succitati.
Sassari è una piazza assolutamente entusiasta. L’atmosfera che si respira al PalaSerradimigni è uno spot per il basket italiano. Per ciò che riguarda il capitolo squadra c’è da sottolineare la capacità della società sassarese nel trovare giocatori motivati e moralmente ineccepibili. Gli americani Hunter, White e Diener sono un esempio di attaccamento ai colori sociali. Meo Sacchetti è un padre di famiglia che riesce a tenere unito lo spogliatoio e motivarlo nei momenti di maggior difficoltà.
Ma qualche cosa che non è andata per il verso giusto c’è stata. Si poteva, ad esempio, gestire meglio il problema della sostituzione a gettone del play Travis Diener. Anche la sostituzione del ceco Hubalek è stata ritardata, ma a parziale scusante della dirigenza vi è la mancanza del main sponsor, che non permette passi più lunghi della gamba a livello finanziario.
Perciò, con queste buone potenzialità che da il campo, trovare continuità nelle prestazioni, anche all’interno delle singole partite è possibile. In troppi match sono stati fatali i singoli quarti perchè il ritorno in campo, dopo l’intervallo lungo, è stato il tallone d’Achille della squadra soprattutto nelle gare in trasferta.
E’ chiaro infine che la salvezza debba essere conquistata con il coltello tra i denti. Sarebbe già un risultato che accontenterebbe tutto l’ambiente biancoblù. E’ anche assodato che le ultime prestazioni hanno portato consapevolezza che con un Diener in più nel motore, anche l’obiettivo play off potrebbe essere raggiunto.
Marco Portas
ENEL BRINDISI
La neo promossa Enel Brindisi ha pagato oltre misura lo scotto dell’ impatto con la realtà della lega A, le incertezze del mercato Williams si – Williams no, l’arrivo di Lang a pochi giorni dell’inizio del campionato, l’infortunio di Monroe e il successivo allontanamento di Radulovic e Bavcic danno un pò il segno della confusione che è regnata in casa Brindisi, culminata dopo gli arrivi di Roberson e Pugi con la rescisione consensuale del contratto di Giovanni Perdichizzi e con l’arrivo di Luca Bechi, in pratica del quintetto ipotizzato ad inizio di stagione ci sono i soli Dixon e Diawara.
Girone d’andata disastroso quindi per una squadra che sulla carta partiva con bel altre ambizioni, sopratutto nelle trasferte dove quasi sempre la regola è stata di imbarcate paurose, tranne Sassari dove con un pizzico di fortuna in più l’Enel avrebbe potuto far sua la partita.
Un dato estremamente positivo in tutto questo è stato dato dall’ambiente in generale, stampa, tifosi, società sono sempre stati vicini alla squadra, mai hanno fatto mancare il calore e la fiducia e questo ha consentito a Bechi di cominciare a lavorare in un ambiente non dilaniato dalle polemiche ma teso, nella sua interezza, a raggiungere un obbiettivo storico per la città, la permanenza in serie A.
Tre vittorie nelle ultime quattro giornate hanno ridato fiato alle speranze brindisine e, la prima vittoria in trasferta, ha riportato grande entusiasmo nella tifoseria che già ad Avellino era ritornata ad essere presente in numero considervole.
Luca Bechi ha ridato fiducia e motivazioni a giocatori che sembravano avessero smarrito la convinzione nei propri mezzi, ma sopratutto un identità, ad un gioco che appariva lento e prevedibile sopratutto con giocatori che proprio nell’atletismo e nella velocità trovano gli spunti migliori, quindi grande difesa, supremazia a rimbalzo e contropiede primario proprio ad esaltare le caratteristiche di giocatori come Roberson, Dixon, Diawara e Maresca.
Tra le note positive sicuramente la conferma di Maresca a questi livelli, grandissima difesa, ottime soluzioni in attacco sia da tre punti che in penetrazione, tra i pochi italiani determinanti a questi livelli.
L’Enel Brindisi è in grande crescita, Bechi punta ad allungare il roster quindi non si prevedono partenze, si punta sicuramente ad italiani di qualità per allungare le rotazioni soprattutto nel settore lunghi. Dovesse quindi arrivare un lungo di qualità, vista la classifica cortissima, le prospettive di Brindisi protrebbero diventare di grande spessore, nonostante Bechi giustamente predichi umiltà e piedi per terra.
L’obiettivo primario per Brindisi rimane la riconferma della lega A anche se in una piazza così calda la pressione per obiettivi di spessore è sempre altissima. Bechi sta lavorando benissimo, adesso si tratta di migliorare la circolazione della palla e meglio disciplinare un Dixon che resta comunque croce e delizia di questa formazione. Un Roberson ai livelli di Avellino farebbe la fortuna di ogni allenatore, Bechi ha troppa esperienza di serie A per non saperlo e sotto sotto comincia a gongolare.
Brindisi ricomincia a sognare.
Raffaele Mauro
BANCA TERCAS TERAMO
Dopo molte peripezie si è chiuso il girone di andata per la BancaTercas Teramo.
Solitario ultimo posto in classifica ma con 8 punti che possono essere un buono stimolo per la seconda e determinante parte di campionato, campionato però che è figlio di scelte sbagliate nonché di gestione approssimativa dei giocatori. Capobianco, esonerato dopo sei partite, non ha saputo cementare il gruppo, così come fece appena sbarcato a Teramo e si è portato dietro gli stessi errori che hanno caratterizzato la stagione passata. Il caso Hall e il caso Thomas hanno parecchi punti in comune e hanno generato quella deficienza di punti che adesso avrebbero permesso di avere una posizione di classifica maggiormente tranquilla.
In corso d’opera sono arrivati Davis, De La Fuente e Ramagli, nonché il cavallo di ritorno Jessie Young sotto le plance. Innesti che pian piano stanno dando il loro onesto contributo alla ricerca di punti salvezza. Anche l’innesto di Ahearn non è stato dei migliori, anzi. Da lui ci si sarebbe aspettato un maggiore impatto offensivo, ma così non è stato, tanto da determinarne il taglio e far cadere la scelta della BancaTercas sul due extra più quattro comunitari.
Nota positiva, invece, l’impatto del giovane Polonara che di pagnotte dovrà anche mandarne giù ancora tante (anche per aumentare il volume dei muscoli), ma la caparbietà, la grinta, la propensione al rimbalzo e alla stoppata ne fanno di sicuro un talento su cui lavorare bene per costruire uno dei campioni di domani. Non dico che debba fare faville, ma sicuramente potrà ritagliarsi minuti importanti in questa serie A. E se imparasse ad attaccare anche dal suo lato debole (dove ormai lo portano tutti), potrebbe diventare anche devastante. L’importante è che il ragazzo voli basso, non si distragga e, soprattutto, non si monti la testa come spesso accaduto a suoi coetanei bruciatisi nel giro di pochi istanti.
Ma ora bisogna salvarsi, l’impresa appare ardua ma non più impossibile come all’inizio. Nessuno avrebbe mai pensato che Teramo avrebbe chiuso con 8 punti il girone di andata e il ritorno può essere un po’ più semplice, visto che le grandi squadre verranno affrontate tutte sul parquet avversario mentre le partite alla portata verranno disputate sul suolo amico del PalaScapriano.
Il caso più scottante in ogni caso è quello dell’head coach che, nonostante un parziale di 0V-10P a cavallo tra la scorsa stagione e questa, non ha voluto recitare il “mea culpa” difendendo fino in fondo alle sue idee, inclusa quella sbagliata di far giocare Diener da ala piccola. Ma ora la squadra è affidata a Coach Ramagli che può anche recriminare su un paio di episodi sfavorevoli (esemplificativo quello di Caserta), dove si poteva arrivare a conquistare una vittoria che di certo avrebbe dato maggior morale ai ragazzi che, in ogni caso, ancora non riescono ad uscire completamente fuori dallo stato d’animo in cui versano. Basta un piccolo errore per poi subirne le conseguenze per l’intera partita.
Ed anche il match contro la Candian Solar Bologna è esplicativo della situazione, se si pensa che nel terzo quarto Teramo ha segnato l’enormità di 4 punti nel solo terzo quarto. Questo non vuol dire che gli avversari sono stati più bravi, ma vuol significare che nell’ultima partita anziché reagire con grinta, voglia e carattere alle difficoltà, abbiamo permesso loro di soverchiarci.
Adesso la parola spetta al girone di ritorno, partendo da un presupposto: con coach Ramagli sono stati espugnati campi difficili come Avellino e Varese, sono state battute squadre come Cremona e Brindisi, sulla carta maggiormente accreditate, si è giocato alla pari con Caserta e Montegranaro. Perciò gli otto punti conquistati in 9 partite dal coach livornese sono non un punti di arrivo, ma un punto di partenza per arrivare al più presto alla conquista di quella quota salvezza che garantirebbe ancora un altro anno tra le grandi.
Mirko Pierpaolo Papirii