Sul parquet di Newark è in programma una sfida interessante, ancor prima che dal punto di vista del basket giocato, per gli spunti che offre nel comprendere come le scelte di una dirigenza possano far decollare o affossare una franchigia, anche a pochi mesi di distanza da una stagione fallimentare: Nets – Timberwolves non può che essere presentata partendo dalla scorsa stagione, dalle 24 vittorie raccolte dai padroni di casa e dalle 17 raccimolate dagli ospiti.
Partendo da una situazione simile, le strade percorse dalle due franchigie hanno portato a risultati diametralmente opposti nel presente e, probabilmente, nel futuro: Minnesota ha sfruttato al meglio le carte in suo possesso (2nd pick del draft 2012) e lavorato in modo encomiabile per convincere Ricky Rubio ad accettare una destinazione a lui inizialmente non molto gradita; il risultato ottenuto è una squadra giovane (la seconda per età media nella NBA con 25 anni) che può crescere e tornare a lottare per raggiungere i playoff.
Dalle parti del New Jersey il clima è ben diverso: Deron Williams ha mandato molti segnali che lo vedrebbero scegliere la free agency con l’idea di accasarsi laddove vi sia una squadra in grado di garantirgli maggiori opportunità di vittoria, il secondo violino Brook Lopez è fuori per infortunio, il resto del roster è composto da materiale di seconda, terza scelta, e l’appeal verso il gotha della NBA, dai fasti registrati con i rumors su Melo prima, su Howard e Kirilenko poi, risulta al momento in netta decadenza, seppur la lista dei prossimi free agent offra la possibilità di cambiare radicalmentele le carte sul tavolo.
Il duello – Principale attrazione della serata è ovviamente la sfida tra due dei migliori playmaker della Lega, entrambi detentori, con 9 gare, del maggior numero di gare chiuse con almeno 10 punti e 10 assist. L’accoppiamento difensivo dei locali prevede che Deron prenda in consegna Rubio, mentre dall’altra parte il piano difensivo ospite designa Ridnour sulle piste di Williams con Ricky dirottato su Morrow.
Poche azione ed emergono subito due modi differenti di interpretare lo stesso ruolo: seppur dotati entrambi di una capacità di leggere il gioco di primissima fascia, le rispettive caratteristiche fisiche ne influenzano il modo di giocare. Deron sfrutta la strapotenza fisica per dominare il diretto avversario e per spaccare la difesa avversaria con le sue penetrazioni, non disdegnando l’attacco in post con cui poter sfruttare l’indubbio vantaggio fisico con quasi la totalità delle point guard della NBA; Ricky predilige invece gestire l’attacco liberandosi spesso della palla non appena giocato il pick ‘n roll con Love, servendo gli esterni piazzati sull’arco o trovando sotto canestro Love dopo penetrato verso il canestro e attirato su di se la difesa. In qualunque situazione Rubio subisce in modo visibile la fisicità dei contatti NBA ma riesce grazie al suo infinito trattamento di palla a non perdere quasi mai la maniglia. E’ in difesa che si vedono le maggiori differenze tra i due: DWill propone il minimo sindacale, rendendo evidente il fatto che non si stia dannando l’anima; Rubio è invece molto attivo in fase difensiva, mette una gran pressione sulla palla anche se spesso si trova in a causa del fisico; raramente salta sul tiro avversario per cercare la stoppata (preferendo alzare entrambe le braccia per disturbare il tiratore e allo stesso tempo evitare di commettere fallo) ed è una costante minaccia su tutte le linee di passaggio (6 rubate). Infine, se da una parte la leadership di Williams non fa notizia, ciò che lascia esterrefatti è il ruolo che ormai ha acquisito il giovane spagnolo all’interno dello spogliatoio dei T’wolves: vederlo dispensare istruzioni a Ridnour, Love e Barrea subito dopo un time-out e vedere questi ultimi ascoltarlo con particolare attenzione permette di tracciare un quadro più chiaro di cosa è Rubio nella NBA. Certo, ad osservare il fondamentale del tiro tra i due protagonisti si vede ancora una differenza enorme, Ricky ha una meccanica di tiro e ancora tutta da costruire, ma lo spagnolo pare aver trovato il paradiso nella Lega americana, dimenticandosi delle ultime stagioni europee non certo esaltanti e ha già compreso cosa serve per far parlare di se: fare spettacolo.
Career high – L’assenza di Lopez obbliga coach Johnson a mettere in campo una front line composta da Humpries e Williams, quest ultimo decisamente sottodimensionato per lo spot di 5 con i suoi 206 centimetri, pertanto le uniche possibilità per assistere ad una partita punto a punto prevedono alternativamente il Deron show oppure un compagno in grado di aiutare Williams nel produrre punti. Fortunatamente per lo spettacolo questa sera c’è il Morrow game, la tipica partita in cui la guardia dei Nets vede il canestro grade come una vasca da bagno… i 20 punti scritti nella prima metà non solo testimoniano lo stato di grazia del giocatore ma permettono di registrare il nuovo record di punti segnati all’intervallo da un giocatore dei Nets in questa stagione. Almeno questa sera il career high di Morrow (42 punti, con 8/11 dall’arco) maschera le enormi lacune offensive di un quintetto che, eccezion fatta per Williams e Morrow, vede come unica fonte per alimentare il tabellino l’energia a rimbalzo dei lunghi e qualche zingarata di Farmar; quando però la difesa avversaria si schiera cala il buio…
Pivot in salsa europea – Ruolo importante nella vittoria di Minnesota è stato quello Nikola Pekovic che ha fatto emergere tutti i limiti del pacchetto lunghi dei Nets, approfittando della mole fisica e dell’ottimo piazzamento sotto i tabelloni per catturare molti (7) rimbalzi offensivi, riempendo l’area coi suoi 131 kg di stazza, mettendo in mostra tutto il repertorio offensivo old school e scrivendo nel suo score una doppia doppia da 27 punti e 11 rimbalzi, miglior prestazione della sua carriera NBA.
(Foto tratta da espn.com)
Clemente Savy