Era un po’ di tempo che guardando le partite NBA sentivo una certa acidità di stomaco, come se qualcosa proprio non la riuscissi a digerire. Forse era troppo tempo che non buttavo un occhio a quella perfetta quanto sgangherata macchina da guerra guidata dal meno sorridente dei condottieri.
Gli Spurs non sono adatti a chi cerca il gesto atletico, lo spettacolo fine a stesso, qui un “lob” non sanno nemmeno come sia fatto. 107 punti segnati e, se non ricordo male, una singola schiacciata a referto. E per giunta messa a segno da un brasiliano biondo, il che è tutto dire! Eppure, quando in giornata, e qui lo erano, eccome se lo erano, sono in grado di asfaltare chiunque gli si pari di fronte. I super quotati Thunder escono con le ossa rotte dall’AT&T Center, dopo essersi trovati di fronte un gruppo formato da una manciata di giocatori di livello assoluto, attorniati da dei veri e propri mister nessuno. O che al momento possiamo definire così.
Gli Spurs fanno sempre la gara, senza nemmeno l’ombra di un singolo dubbio. I primi due quarti i Thunder rimangono in corsa grazie a quel mostro con il 35 stampato addosso che fa semplicemente tutto quello che gli pare, e soprattutto quando gli pare. Poco gioco di squadra, pochi schemi, tanto gesto tecnico/atletico da parte dei singoli: i tuoni si infrangono contro il muro alzato da coach Popovich, fatto, in difesa, di sacrificio e sudore, e in attacco, di extrapass e voglia di fare la cosa giusta per la squadra prima che per se stessi.
Nella seconda metà proprio non ce n’è, si arriva anche sul +24 per i padroni di casa, e solo una breve imbarcata ad inizio di ultima frazione fa si che il divario finale abbia tutt’altre dimensioni.
Ovvio, stiamo parlando di una partita in cui gli Spurs tirato con un imbarazzante 52% da oltre l’arco, ma i tiri nascono sempre da azioni corali, rubando il modo di dire dal mondo della palla a scacchi. Non sono invenzioni di singoli, ma precise esecuzioni di schemi stabiliti a tavolino ed eseguiti alla perfezione. Certo, non potrà sempre entrare così, ma sicuro le possibilità sono molto più alte rispetto a chi la palla la scaglia contro il ferro così come viene.
I Thunder dimostrano i propri limiti quando vengono messe le briglia al loro amato e micidiale gioco in campo aperto. Pochissime transizioni veloci, azioni lunghe e macchinose: a questo ritmo tornato ad essere una squadra normale. Il pacchetto lunghi praticamente inoffensivo in attacco, una panchina che, a parte il sempre più in crescita Harden, offre davvero ben poco di cui parlare. I peccati sono conosciuti da tutti. Ovvio, non si gioca sempre contro “questi” Spurs e in quella bolgia dell’AT&T Center, ma forse, fra qualche mese, potrebbe capitare di reincontrare questi Uomini Neri(argento) spesso e in maniera ravvicinata, e allora ci sarà da divertirsi.
In casa Spurs tutto funziona come nel meccanismo di un orologio svizzero. Ognuno sa il suo ruolo, sa quali sono i suoi spazi. Tutti danno il 150%, dalle stelle agli ultimi panchinari. Ecco, appunto, le stelle. Con El Contusion in borghese e un Duncan da 5/16, serve una prova monster da parte di Parker, perchè se no la coperta è ben corta. Talento veramente pochino, panchina i cui nomi sono difficili da pronunciare anche per uno scout NBA. Insomma, oggi è andata bene, ma domani potrebbe andare molto peggio, e il record in stagione è l’esemplificazione di questo problema.
Ho lasciato per ultimo l’argomento più succulento e pieno di polpa. Westbrook, l’asfaltata ricevuta “in da face” da quel mingherlino con la puzza sotto il naso, difficilmente se la scorderà in breve tempo. L’uomo bionico con il numero 9 è semplicemente rimasto soverchiato dalla immensa superiorità cestistica di Parker, che ha stravinto lo scontro tra chi probabilmente guiderà all’All Star Game il quintetto della West Division nel ruolo di pointguard e chi, immeritatamente a questo punto, dovrà “gustarsi lo spettacolo” davanti ad un televisore. C’era dell’astio e della rivalità tra i due, si vedeva che entrambi avevano qualcosa da dimostrare al dirimpettaio. Ecco, magari per il buon Russell ci saranno altre occasioni per dimostrare il proprio “talento”…Sempre che ne sia in grado.
Enrico Serra