ROMA – E’ un Claudio Toti sereno, fermo e deciso dinanzi all’assise giornalistica convocata in un Hotel del centro di Roma per l’occasione a snocciolare pensieri e parole in riferimento alla Virtus Roma, la sua Virtus Roma che per ben 12 lunghi anni ha guidato dallo scranno più alto, durata poco più di 75 minuti.
Ma è giunto il tempo di dire “stop” o, se amate la lingua lingua inglese, sarebbe meglio dire che è giunto per lui il tempo di dire “stop loss”, tradotto in italiano “stop alle perdite”, alle rimesse in denaro che questa avventura ha portato con se per il Gruppo Lamaro, l’azienda di famiglia.
Una scommessa cominciata nel 2000, iniziata con esiti lusinghieri anno dopo anno sino al biennio 2006-08 culminato in due finali, Coppa Italia nel 2006 e Scudetto nel 2008, amaramente perse rispettivamente contro Napoli e Siena. Certo, finali finali perse ed anche in rocambolesco specie quella contro Napoli all’overtime in quel di Forlì ma era un passo significativo per una piazza come Roma, cestisticamente lontana dal podio dai tempi del Bancoroma prima (Scudetto 1983, Coppa Campioni e Coppa Intercontinentale nel 1983), e del Il Messaggero dopo (due semifinali Scudetto e Coppa Korac nel 1991). E proprio da quella finale scudetto persa contro Siena, quella che doveva essere la pietra miliare per consolidare forza e prestigio nazionale ed internazionale, inizia un lento ma inesorabile declino di una squadra costruita per competere in Italia ed in Europa contro i Top Team e mai giunta ad eguali risultati. In Italia eliminazione nei quarti Playoffs nel 2009 per mano di Biella alla quinta gara in casa, identica eliminazione nel 2010 da Caserta nei quarti stavolta però con un umiliante 3-0 e, la classica goccia che fa traboccare un vaso già colmo, la mancata qualificazione ai Playoff l’anno scorso e quest’anno, in modo tecnicamente sempre più aberrante per modalità singole, un mortificante decimo o dodicesimo posto in graduatoria mentre in Europa qualche squillo di tromba (la vittoria in casa del Vitoria nel novembre 2008 e diverse vittorie contro Pana, Maccabi e Barcellona ma sempre fini a se stesse, a mò di macchia di leopardo), tre qualificazioni alle Top 16 ma senza mai una vera, concreta speranza di proseguire il cammino verso le Final Four.
Una scommessa persa quindi, senza troppi giri di parole, con in panchina allenatori del calibro di Pesic e Repesa sino ad arrivare a Boniciolli per risultati mai arrivati come lui stesso, per passione ed amore, avrebbe desiderato nei panni del tifoso puro e semplice.
Le parole si dice che se le porti via il vento, restano i fatti a testimoniare l’effettivo operato di ognuno di noi su questa terra e purtroppo i fatti sono contro di lui.
Ci sono delle attenuanti, per carità, alle quali Claudio Toti s’aggrappa e forse neanche senza torto alcuno.
La più clamorosa è certamente quella relativa alla mancata costruzione di una casa per la sua Virtus in questi lunghi 12 anni, più che una casa il fortino da almeno 10.000 spettatori tanto agognato e desiderato per edificare e cementificare non solo fisicamente ma soprattutto moralmente e fideisticamente tifosi, giocatori, tecnici, chiunque s’avvicinasse al vessillo Giallorossoblu. In questo Claudio Toti è stato disatteso dalla solita Italia sciatta e inefficiente della cosa pubblica, che trova nella Capitale il proprio bastione inespugnabile. A nulla è valsa la sua storica intesa con l’ex sindaco, Walter Veltroni, che ha cercato di aiutarlo a sostenerlo in questa avventura finchè ha potuto ma terminato il suo mandato ed eletto il più pragmatico Alemanno, i rapporti già stranamente vaghi con l’amministrazione capitolina si sono liquefatti come neve al sole, arrivando alla grottesca querelle dello scorso autunno circa l’agibilità del Pala Tiziano per l’inizio del campionato.
Ha ragione da vendere Claudio Toti quando afferma che la mancanza di una casa propria nel quale far crescere ideali e valori sportivi soprattutto per le giovani generazioni abbia contribuito alle sconfitte (o se preferite, alle mancate vittorie), non siamo assolutamente d’accordo quando fa gravare completamente il peso di questa attenuante su tutta la storia inerente alla Virtus perchè quasi tutte, se non tutte, le antagoniste sul territorio nazionale soffrono di questo problema, estendendo il tema della inefficienza e della incapacità nella gestione professionistica della pratica sportiva all’intera sfera agonistica di prima fascia in Italia.
Basterebbe pensare a Siena, venuta fuori dal nulla e che da tempo immemore aspetta una nuova casa che non sia il vetusto ex-Pala Sclavo oggi Pala Estra ma sarebbe troppo facile smontare così il tutto. Ha ragione Toti quando dice che questa mutilazione ha impedito di trasmettere valori ed ideali ai super professionisti del basket di vertice che, proprio a Roma, han spesso dato origine a casi eclatanti di spessore non agonistico fuori dal campo (vedasi alla voce Hawkins in passato e Dasic/Dedovic ai giorni nostri), ma non ci si trova completamente in linea con questo pensiero perchè il professionista deve sempre e comunque essere gestito da una società presente ed attenta. Per farlo occorre una società che capisca questo e che si muova in questa direzione, che annoveri inoltre nelle proprie fila professionisti oppure ex-giocatori, preferibilmente della stessa squadra se fosse possibile. Invece nello staff di questa Virtus targata Toti di ex-giocatori della Virtus nessuno o quasi in tutti questi anni, eccezion fatta per Bodiroga.
Ed allora cerchiamo d’incidere dove fa più male perchè se oggi il basket a Roma rischia di scomparire i motivi sono altri, assieme e non principalmente a quello del nuovo impianto preposto alla funzione ed a quello che avrebbe dovuto trasmettere e rappresentare.
La gestione Toti ha fallito a nostro avviso essenzialmente, ma non solo, per la mancanza di comunicazione con la complessa realtà romana di televisioni e radio private, che hanno ormai un peso rilevante se non preponderante, nella gestione delle notizie, nella creazione dell’evento, nella preparazione dell’attesa all’evento stesso.
Chiedere a chi si occupa di calcio, nella Capitale. Ore ed ore nell’etere di parole sul calcio e per il calcio, spesso parole vuote fatte di aria fritta, possibile che in queste trasmissioni non si sia mai riuscito a cucire uno spazio maggiore per stimolare ed incentivare la gente a parlare di basket a Roma per poi andarlo a vedere il basket ? Sino all’anno scorso ad esempio c’era nell’etere romano più spazio per commentare l’Eurolega della Virtus, sparita l’Eurolega lo spazio è drasticamente calato nei confronti degli storici giornalistici che da sempre narrano le gesta della Virtus e che invece, a nostro avviso, andava ancora e vieppiù rafforzato per cercare comunque sempre d’avere il Pala Tiziano colmo, come accaduto quest’anno contro Siena.
Roma è una città che consente a chiunque di poter fare qualsiasi cosa quando lo desidera e di poter coltivare ogni tipo di passione, come non capire che doveva generarsi maggiore grancassa mediatica ?
E’ stato desolante per chi vi scrive giungere in passato al Palalottomatica nei giovedì d’Eurolega e vedere ampli spazi vuoti, semi-deserti quando invece, a campi invertiti, il colpo d’occhio era decisamente un’altra cosa. Siamo sicuri che sia stato fatto tutto quello che si poteva fare per promuovere il basket continentale a Roma sui mezzi d’informazione ?
Eppoi non dimentichiamoci il volano denominato “risultati”, e quì ci addentriamo dell’altro secondo grande macigno che pesa sulle spalle di questa gestione. Risultati inseguiti con volontà e dedizione ma chi pratica da sempre sport e non solo, sa perfettamente che la volontà da sola non basta a conseguire le vittorie.
Nella Roma di Toti è sempre mancato quel qualcosa, quel dettaglio, quel particolare che completasse l’opera e che trascinasse quella stessa massa umana non solo di tifosi Virtus ma anche di appassionati del basket, come quell’innamorato del basket che va al Palalottomatica a vedere Roma-CSKA anche e solo per il puro piacere di godere dello spettacolo.
Infine, arriviamo al lato più amaro di questa vicenda.
Come potrete vedere e sentire nel link in basso, Claudio Toti garantirà l’iscrizione al campionato ma qualora nessuno voglia prendersi cura e carico della Virtus….Beh, calerà il sipario per la storia cinquantunnale della Virtus Roma perchè egli non sopporta di vedere la squadra navigare in acque basse e siccome nelle zone nobili del basket italiano ci si va solo con tanti soldi e lui non li vuole più togliere (ricordando il momento di grave crisi economica nella quale versa il paese), si ritira dall’avventura sperando in qualcuno che si faccia avanti.
Al momento non s’è fatto vivo nessuno, perciò è lecito attendersi il peggio perchè ha ribadito non esserci più spazio per lui nel mondo del basket italiano a queste condizioni.
Ma se queste erano le intenzioni di Claudio Toti, e le si conoscevano da tempo, perchè non provare allora replicando l’esperienza di altri club professionistici sportivi, generando cioè una sorta di consorzio imprenditoriale che miri a gestire magari questi anni di crisi economica non facendo sparire titolo e squadra dal basket di vertice (come accaduto in epoche diverse in piazze leggermente più importanti dal nome Varese e Cantù), ma la risposta di Toti è stata secca in modo negativo, non comprendendo che non si tratta di questua bensì di programmare un atterraggio morbido in un momento meno lieto della vita del club.
In questi mesi si è parlato di questo (Santi), o di quello (Zeppieri), ma lo stesso Toti ha ribadito che nessuno di questi personaggi già impegnati nel mondo del basket regionale e nazionale con lui ha mai aperto concretamente il discorso.
Mala tempora currunt, dicevano i latini, che sia giunto il momento di dire addio a Roma alla pallacanestro di vertice ?
Versione integrale dell’intervento
Fabrizio Noto/FRED