Se ne va agli archivi l’ultima stagione dell’era Benetton, iniziata nel 1981. A 20 anni esatti dal primo, indimenticabile scudetto, la squadra non ha saputo centrare i playoff, cosa che, dal quel primo tricolore, è accaduta solamente in due occasioni: nel 2007 (a causa del famigerato “caso Lorbek”), e nell’infausto 2008. Ma quest’anno nessuno ne ha fatto un dramma. Drammatica è piuttosto l’incertezza sul futuro della squadra che ha accompagnato (e accompagna ovviamente anche in questi giorni), i tifosi.
È fin troppo ovvio affermare che questa è stata una stagione particolare, scandita in ogni momento dal pensiero dell’imminente fine di una bella avventura: al di là della speranza che ora andrà ad aprirsi un nuovo corso, l’addio della famiglia Benetton non può che lasciare un velo di tristezza e, non a caso, nell’ultima partita casalinga il congedo dei giocatori, per l’ultima volta simbolo della storica proprietà, è stato davvero toccante.
Quella appena conclusasi non sarà ricordata come una meravigliosa annata, certo. Ma, vuoi per tutto quello che questa stagione significava, vuoi per l’inevitabile ridimensionarsi delle aspettative, vuoi per le vicissitudini (alcune inattese) occorse durante l’anno, c’è più di qualcosa da salvare.
La squadra costruita in estate è un accattivante mix di inesperienza, talento ed atletismo e, sia pur tra inevitabili alti e bassi, il gruppo mostra subito buone cose (vedi la partita con Cantù), facendo intuire notevoli margini di miglioramento. Si pensa che quando Adrien e Moore (ma anche Scalabrine), inizieranno a capire il basket europeo, soprattutto a livello difensivo, ci potrebbe essere un bel salto di qualità. Ma la fine del lock-out in NBA riporta tutti sulla terra: ben prima dell’annuncio ufficiale della partenza della stagione NBA i 3 americani sono già palesemente con la testa altrove. Nelle ultime apparizioni perfino l’ex guerriero Scalabrine è indisponente.
Alle partenze di Scalabrine, Adrien e Moore segue la cessione di Alessandro Gentile. Considerando che in questo momento Mekel è già out a causa della fascite plantare, la Benetton a dicembre non ha più in campo nessun elemento del quintetto base scelto in estate.
In merito alle scelte della società, sulle quali non ci sono mai state (perché?) dichiarazioni assolutamente chiarificatrici, c’è ovviamente da riflettere. Perché puntare su giocatori come Moore e Adrien (per Scalabrine, arrivato in prova, il discorso è diverso), che avevano l’NBA in testa? Qualcuno ha mai veramente pensato che il campionato professionistico d’oltre oceano non sarebbe in un modo o nell’altro partito? E perché, considerando che la proprietà aveva garantito “il foraggio” per quest’ultima stagione, si è dovuto (tutti hanno parlato di necessità!) cedere Gentile?
Ai fragorosi terremoti a livello di organico, si contrappone un silenzio assoluto sul fronte societario: alle più o meno confortanti dichiarazioni di Lefebre ad inizio settembre non segue alcunché. Tutto tace ormai da mesi.
Tra dicembre e metà gennaio il roster viene profondamente rinnovato, con gli innesti di Thomas, Ortner, Viggiano e Goree. La squadra, meno talentuosa, meno atletica (Viggiano a parte), ma più esperta, prosegue, inevitabilmente, tra alti e bassi, senza però mai vivere periodi veramente neri: segno evidente che il gruppo ha una solida base ed una guida affidabile nel suo coach. A fronte di qualche inopinata sconfitta (pesano quelle casalinghe con Caserta ed Avellino), i Casuals ottengono vittorie importanti ed insperate in Eurocup ed anche in campionato (come quella a Milano). La Benetton gioca più di un mese senza Mekel e Bulleri (infortunatosi nella partita con Milano), ma in questa situazione difficilissima, con appena 4 esterni da ruotare, non sbanda affatto. Quando arriva finalmente l’agognata sosta di metà febbraio (turno di riposo in campionato e final eight di Coppa Italia) la squadra è in piena corsa per i playoff, sia di campionato che di Eurocup.
E questo, anche per ammissione del coach, è forse il momento chiave della stagione. A causa di infortuni e malanni di stagione, durante la sosta la squadra non riesce né a tirare un po’ il fiato, né ad affinare negli allenamenti quegli automatismi mai veramente collaudati, per ovvi motivi. Con il roster finalmente al completo, paradossalmente la squadra non riesce a fare lo sperato salto di qualità. Se, da un lato, il rendimento di Goree e Viggiano, dopo un non esaltante periodo di rodaggio, migliora notevolmente, dall’altro cala vistosamente quello di Thomas (ha probabilmente forzato il recupero dall’infortunio, pagandolo con una seconda parte di stagione veramente opaca), mentre le sorprese De Nicolao e Cuccarolo non sanno dare il contributo sperato, con un minutaggio molto ridotto. Bulleri e Mekel invece necessitano chiaramente di tempo per ritrovare una condizione accettabile. Gli sforzi di dicembre e gennaio sono alla fine pagati anche da Becirovic (in alcune occasioni un vero piacere per gli occhi), alle prese con un problema al ginocchio che lo limiterà parecchio, fino a costringerlo a fare da spettatore nelle ultime giornate e a farsi operare pochi giorni fa.
Dopo la sosta, perciò, i risultati non peggiorano, ma, questo è il punto, nemmeno migliorano. Tra fine febbraio ed inizio marzo la squadra subisce una sequela di pesanti mazzate. Prima l’eliminazione dall’Eurocup, quando il più per la qualificazione sembrava ormai fatto. Poi la tragica scomparsa di Enzo Lefebre, fin qui il più attivo (ma anche sfortunato) protagonista nell’operazione di salvataggio della società. Infine la sconfitta con la Scavolini, in una delle più incolori prestazioni casalinghe dell’anno. Per la prima volta c’è la sensazione che i giocatori abbiano tirato i remi in barca e l’insofferenza del pubblico per la mancanza di notizie confortanti sul futuro del basket a Treviso è palpabile.
Forse più che altro per dare una scossa all’ambiente, arriva così l’annuncio che Bruno Zago sarà alla guida della cordata che rileverà la proprietà. Pochi giorni dopo Riccardo Pittis battezza la nascita di UniVerso Treviso, il consorzio che punta a costituire un folto gruppo di imprese con l’obiettivo di salvare l’A.P. Treviso.
Il campionato prosegue e La Benetton, in una situazione che a livello di salvezza non è mai veramente preoccupante, mantiene viva fino alle ultime giornate la speranza di conquistare un posto nei playoff, pur non riuscendo mai a trovare un significativo filotto di vittorie. La pessima prestazione casalinga con Varese, culminata con una netta sconfitta, condanna matematicamente i Casuals alle vacanze anticipate. Tre giorni dopo i tifosi possono almeno festeggiare una splendida vittoria nel derby con la Reyer.
Le cose da salvare, si diceva… In un campionato di vacche magre, anche per l’indubbio coraggio di Djordjevic, i giovani, che sulla carta avrebbero dovuto avere un ruolo ai margini delle rotazioni, sono venuti fuori. De Nicolao, Cuccarolo ed anche Sandri (per il quale il coach ha più volte speso elogi: peccato per il precoce infortunio) hanno dimostrato di poter giocare in Serie A.
Lo spirito del gruppo, a parte in qualche occasione (vedi le partite casalinghe con Pesaro e Varese), nel complesso è sempre stato positivo. La voglia di lottare non è mancata nemmeno nelle giornate poco ispirate. Questo è stato l’aspetto che ha contraddistinto fin dall’inizio la Benetton 2011-12 e che la rivoluzione del roster in corsa non ha modificato. Ed il pubblico ha apprezzato.
La risposta dei tifosi è un altro aspetto che merita di essere menzionato. L’annuncio dell’imminente abbandono della famiglia Benetton ha quanto meno avuto l’effetto di sensibilizzare un pubblico che negli ultimi anni appariva disinteressato, nonché poco numeroso: i dati del 2011 collocavano la Benetton a penultimo posto in Serie A per presenze. Quest’anno gli spettatori sono aumentati di oltre in 20%.
Coach Djordjevic si è dimostrato un degno condottiero in questo difficile anno. Evitiamo di parlare delle qualità tecniche dell’allenatore (per altro, nelle giornate ispirate questa squadra ha divertito) e del suo indubbio carisma. Quello che è piaciuto di più è il fatto che Sasha si sia veramente preso a cuore le sorti di questa società. Ed allora gli si può perdonare il suo eccessivo lamentarsi per gli arbitraggi, fuori ed anche dentro il campo (a Roma, come tutti sanno, l’ha combinata davvero grossa). Se Treviso dovesse sopravvivere sarebbe bello che Djordjevic fosse confermato.
Vada come vada, ma il video “Treviso, io ci sono!” può lasciare indifferenti solo i non trevigiani. Per un tifoso della Benetton poter rivedere condensati in 3’ i protagonisti di una bellissima storia di sport, riuniti per il lancio di un sos per la “loro squadra”, è un’emozione unica.
Ed ora non resta che sperare nel lavoro di Pittis e degli altri grandi ex. UniVerso Treviso ha finora raccolto una cinquantina di adesioni da parte di imprenditori locali. Il tempo stringe, ma il consorzio sta crescendo. L’eventuale ingresso di un altro pezzo da novanta, economicamente parlando, che si affiancherebbe al Gruppo Pro-Gest di Bruno Zago, risolverebbe ogni problema. Ma non è facile e perciò si sta facendo di tutto per provare ad arrangiarsi anche senza. C’è ottimismo ed è giusto che sia così. Alcuni giornali nei giorni scorsi hanno addirittura (è un esorcismo?) ragionato su possibili conferme e rinnovi contrattuali. La verità è che la strada da fare è ancora parecchia. Si sperava di vedere la bandiera con la scritta “siamo salvi!” già a metà maggio, ma bisognerà attendere fino a giugno inoltrato. Bene, aspettiamo con fiducia!
Paolo Brugnara