Conclusosi ormai il giro di boa della Regular Season si avvicina sempre più l’All Star weekend di Houston (15-17 febbraio), mentre prosegue a Ovest la battaglia per aggiudicarsi un posto ai Playoffs, una rincorsa che si prospetta davvero molto interessante viste le ancora accorciabili distanze tra i team.
A guidare il gruppo Spurs e Thunder, senza dubbio le due squadre che stanno esprimendo la migliore pallacanestro della lega, sia per qualità di gioco, sia per talento dei singoli, ma soprattutto per solidità e chimica interna della rosa. Dietro le convincenti performances delle due squadre c’è come sempre il grande lavoro di due coach del livello di Popovich e Brooks, i numeri racimolati dal duo Durant-Westbrook e dal trio Duncan-Parker-Ginobili e il fondamentale contributo di nuovi protagonisti sul campo. Con la maglia nero-argento, infatti, Tiago Splitter, Gary Neal e Danny Green stanno disputando una stagione che li vede segnare ciascuno 10 punti a partita, oltre ad un apporto fisico e atletico che comincia inevitabilmente a calare nella vecchia guardia; per i Thunder, d’altro canto, Serge Ibaka e Kendrick Perkins rimangono a oggi due inamovibili torri, mentre Martin è riuscito ad ora a non far troppo rimpiangere Harden, per quanto l’assenza dell’attuale guardia dei Rockets si faccia ancora sentire nei finali tirati, laddove la gestione palla di Westbrook lascia davvero molto a desiderare (si veda il quarto periodo dell’ultima sfida a LA contro i Lakers). Da ultimo, San Antonio e Oklahoma possono vantare anche le due platee più calde, con un fattore campo che rende le rispettive arene fortezze al limite dell’inespugnabilità (22-2 e 23-3 i rispettivi record).
A inseguire, dietro ai soli Clippers, ancora alla caccia dell’uomo giusto che possa dare leadership in mancanza di Paul (Garnett?), i Denver Nuggets di un sempre più (lui sì) leader Danilo Gallinari, che non solo ci ha ormai abituato a prodezze cestistiche più volte degne della Top 10, ma che è attualmente il miglior realizzatore della squadra di coach Karl con 17.1 punti a partita, fermo restando che il Gallo è solo una delle tante opzioni offensive di cui il team del Colorado può disporre, certificando così come Denver sia il miglior terzo attacco dell’NBA pur senza disporre di un vero top-player come Durant o LeBron. L’ex Armani Jeans si sta confermando in grande forma, adatto per il gioco di questi Nuggets e chissà chiamato un giorno neanche troppo lontano per diventarne il leader, seppur più adatto probabilmente per giocare da secondo/terzo violino di lusso in una contender: ad ora certo il ragazzo #8 ha dimostrato di avere carattere e le carte giuste per essere un grande giocatore anche negli USA e vederlo 14esimo in una delle prime liste MVP è già un risultato di tutto rispetto. Dietro però, a poche W di distanza, incalzano Grizzlies e Warriors, due stili di basket ben diversi ma entrambi efficaci. Memphis ha da poco abbandonato Rudy Gay (finito a Toronto), uno dei cardini della franchigia da ormai sette anni, in cambio di Ed Davis, Tayshaun Prince e Austin Daye, una trade discussa che certo lascia aperti molti interrogativi su chi sia ora la stella della squadra, perchè Randolph, seppur in un’annata notevole, è pur sempre un grosso rischio in 1vs1 e senza un reparto esterni ben fornito potrebbe non bastare la sola difesa, uscita comunque rinforzata, per affrontare al meglio i PO, senza contare che forse anche un po’ dell’entusiasmo se ne è andato con Gay. Anche alla Oracle Arena di Oakland potrebbe tirare vento migliore, viste le tre sconfitte filate che hanno impedito il possibile sorpasso ai danni di Memphis, fautrice tra l’altro dell’ultima L di Golden State. I Warriors comunque hanno accumulato un buon bottino per potersi tenere a distanza dal gruppo di coda e il vantaggio campo per la postseason non è ancora perduto: Curry, Thompson e Lee (quasi 60 punti in tre a serata) stanno disputando la loro migliore stagione e insieme in campo hanno dimostrato quanto possano non più solo giocare un basket energico e divertente, ma raccogliere anche tante vittorie, ritornando protagonisti dopo anni di anonimato e pesanti batoste.
A chiudere il gruppo delle otto i Jazz, squadra solida che pur non esaltando particolarmente, (fanno più notizia i loro tifosi espulsi dopo aver insultato Wade) ha scommesso con successo sulle mani e sul fisico di Millsap e Jefferson, i Rockets, squadra più ondivaga seppur ben più giovane ed elettrizzante delle avversarie nonchè dotata di un settore di esterni tiratori davvero importante (23 triple martedì scorso, record NBA pareggiato) e i Blazers di un LaMarcus Aldridge sempre più All Star, ben coadiuvato da un Batum esplosivo come non mai e dalla sesta scelta dello scorso Draft Damian Lillard, che viaggiando con più di 18 punti a partita si sta senza dubbio delineando come rookie dell’anno. Unico, e non indifferente, difetto la mancanza di una second unit credibile, un punto che i Blazers potrebbero rimpiangere in caso di mancato accesso ai Playoffs.
Per finire i Los Angeles Lakers, certamente una delle grandi delusioni e deluse di questa stagione. La squadra di Mike D’Antoni dopo la W natalizia contro i Knicks ha iniziato una serie di sconfitte pesanti come macigni sul record che ha ripreso a migliorare solo da metà gennaio seppur mai i gialloviola hanno saputo costruire una lunga striscia positiva, altalenando tra W convincenti e sconfitte evitabilissime. Nel contempo Howard ha messo in luce i problemi alla spalla che lo hanno anche tenuto fuori un paio di gare, Gasol, al momento infortunato e assente per almeno un altro mese, più volte fatto partire dalla panchina è quasi sempre sceso in campo nella sua versione soft (per quanto i numeri sembrerebbero dire il contrario), mentre Kobe, dopo un inizio anno da 30 tiri a partita, ha rispolverato una versione di assist-man che tanto ha dato al gruppo in termini di energie e morale, tanto che ora LA, dopo la vittoria di stanotte a Charlotte, può sperare ancora nell’ottava piazza valida per la postseason. Il tour di sette gare lontane dallo Staples si chiude Domenica a Miami e come per tutte le gare sin qui disputate meglio lasciar perdere ogni genere di pronostico.
Michele Di Terlizzi